di Michele Romano
La crisi nelle Marche. Tavolo al Mise per evitare un piano alternativo dopo la decisione di Caterpillar di lasciare Jesi
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Lunedì 14 febbraio: per quel giorno Caterpillar attende la formalizzazione dell’interesse ad acquisire il sito di Jesi da parte di Duplomatic group. Nessun passo indietro sul tavolo del Mise, che da ieri ha spostato a livello nazionale la vertenza sul futuro dello stabilimento marchigiano della multinazionale americana dove si producono cilindri per macchine movimentazione terra, all’interno del quale sono impiegati 189 addetti ai quali si aggiungono circa 80 lavoratori interinali. Collegato in videoconferenza con il ministero, l’ad Jean Matthieu Chatain, non ha ritirato la procedura di mobilità, come chiedevano i sindacati, ma si è detto disponibile solo a un accordo condizionato: sì alla Cigs (per prospetta cessazione o per accordo di ricollocazione, ndr), ma se dopo 12 mesi non si dovesse trovare un acquirente o ci fossero lavoratori non riassorbiti si procederà con il licenziamento. Una proposta irricevibile per i sindacati, «anche perché disincentiva ogni forma di trattativa, visto che basterebbe attendere un anno e prendere il sito senza lavoratori», fa notare Tiziano Beldomenico, leader di Fiom Marche, che con altre sigle sindacali ha portato Caterpillar davanti al giudice del lavoro per comportamento antisindacale (prima udienza il 9 febbraio prossimo). Ancora più duro il commento del governatore regionale Francesco Acquaroli, che parla di «atteggiamento di totale indisponibilità dell’azienda, irrispettoso verso tutti gli interlocutori».
C’è un’altra data chiave nel calendario della vertenza: è il 23 febbraio, ultimo giorno utile per evitare i licenziamenti. Nel frattempo si continuerà a trattare: il Mise riconvocherà nei prossimi giorni le parti sperando di trovare un punto di equilibrio, anche perché la buona notizia per il futuro di Jesi c’è. Chatain, ponendo l’ultimatum a Duplomatic perché formalizzi l’interesse, ha parlato anche agli altri potenziali acquirenti senza svelarne l’identità; si tratterebbe di alcune aziende dirette concorrenti di Caterpillar e di un gruppo che produce ingranaggi, i cui vertici visiteranno Jesi nella prima settimana di febbraio.
L’ad di Caterpillar l’altro giorno è tornato in fabbrica per poche ore e solo per dare il benvenuto al ceo di Duplomatic Group, l’unico che ha confermato pubblicamente «il concreto interesse», sia pure condizionato, ad acquisire il sito. «Mi auguro che tutte le aziende interessate si presentino con un piano industriale e non speculativo», dice Maddalon, che guida un gruppo specializzato nella progettazione e produzione di componenti e prodotti per oleodinamica, idraulica, meccatronica ed elettromeccanica, oltre che sistemi avanzati per il controllo di movimento, 13 stabilimenti tra Italia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Cina, India e Australia, con oltre 650 addetti e 147 milioni di ricavi nel 2021. Nel gruppo vi sono già stabilimenti che producono cilindri, due dei quali a Modena, e dal quartier generale di Parabiago, nel milanese, la risposta all’ultimatum della multinazionale americana è molto chiara e segnerebbe l’inizio di una trattativa: «Vogliamo ampliare la nostra capacità produttiva, ma non è nostra intenzione chiudere nessuno dei nostri stabilimenti per spostare la produzione a Jesi», sottolinea il CEO. Insomma, l’acquisizione è possibile a condizione che «Caterpillar e le istituzioni consentano di traghettare il passaggio fino a quando lo stabilimento di Jesi potrà, integrandosi nel gruppo, stare in piedi da solo». Per la multinazionale americana significa prendere in considerazione Duplomatic come suo fornitore strategico. «Abbiamo interessi comuni – chiude Maddalon -: limitare i danni su Jesi». Di danni parlano anche i vescovi delle Marche: ieri, mentre era in corso il tavolo nazionale, i capi delle diocesi di Ancona, Jesi e Senigallia si sono ritrovati nella cattedrale di San Settimio insieme ai lavoratori di Caterpillar, alle loro famiglie e alla gente comune: «Il sisma e la pandemia hanno lacerato il tessuto sociale delle Marche: senza lavoro le persone sono ferite nella loro dignità», è l’appello lanciato da monsignor Angelo Spina, guida dell’arcidiocesi del capoluogo regionale.
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