di Carlo Festa
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Il mercato degli Utp in Italia è in forte crescita. Con il nodo degli Stage 2, che sono crediti ancora in bonis ma che rischiano di finire negli incagli delle banche. «C'è una forte correlazione - spiega Riccardo Serrini, amministratore delegato di Prelios – tra andamento del Pil e stock dei crediti, oltre che una correlazione inversa tra andamento del Pil e default aziendali. Quest'ultimo ha avuto un picco con la crisi del 2007 e la crisi del debito sovrano: attualmente è sotto l'1%, ma ci sono aspettative per una crescita doppia, avvalorata da una montagna di crediti che sono in fase in stage 2: volumi per oltre 200 miliardi di euro nei bilanci delle banche. Queste ultime sono lavoro per deleveraging, ma ormai il 14% dei crediti performing sono entrati in stage 2, E' li che bisogna cercare di prevenire».
Tra chi ha un ruolo in questa partita aperta per il futuro delle aziende e quindi del tessuto economico del Paese c'è il gruppo Generalfinance, società attiva nei finanziamenti alle imprese sotto stress finanziario, prossima alla quotazione a Piazza Affari. «La nostra è una attività anticlica – spiega Massimo Gianolli, amministratore delegato di Generalfinance - con un trend in fortissima crescita: si parla di volumi fino a 30 miliardi euro. La lezione che abbiamo avuto dal passato è che le imprese sotto stress vanno trattate per tempo con strumenti adatti, la situazione va affrontata prima che peggiori. Il mercato sta diventando molto piu pro attivo, si sta aprendo un mercato che prima non c'era. L'aspetto della velocità è fondamentale, occorrono interventi rapidi senza perdere tempo”.
Bisogna affrontare gli Utp il prima possibile – continua Serrini - possibilmente già nella fase di stage 2, per fare un esempio è meglio entrare in pronto soccorso da codice verde e non rosso. Se si interviene sugli stage 2, le società hanno ancora accesso al credito. Quando il credito diventa utp, è invece molto più difficile per la banca concedere nuovo credito. Un dato ulteriore è interessante: nella tipologia nel mondo utp, il 72% è di origine corporate, in larga parte riferibile a piccole e medie aziende. Questa sfida si affronta con team specializzati e data management. Noi investiamo nel mondo della tecnologia e dell'innovazione, ma è il gestore colui che prende la decisione finale, supportato dai sistemi cioè It e data management”.
Per Marina Natale, ceo di AMCO: “I trend che osserviamo sul mercato ci dicono che le banche cedono sempre più portafogli granulari e che il settore NPE, che si è evoluto, è oggi in grado di gestire questi portafogli vivi di UTP che richiedono soluzioni collaborative per intervenire tempestivamente prima che la crisi d’impresa si manifesti. Noi di Amco vogliamo qualificarci su una gestione UTP sostenibile quindi: attenta alle esigenze dell’impresa ma al contempo competente. Il nostro obiettivo è garantire la continuità d’impresa con soluzioni finanziarie sostenibili”
E che tutto il settore sia sotto i riflettori lo dimostra anche l'imminente quotazione di GeneralFinance: “Lo sbarco – continua Gianolli - è atteso a giorni, il book è coperto ed è stato raggiunto l'obiettivo e superato. Il 29 giugno è la data fissata per l'Ipo, un percorso iniziato 7 anni fa quando a causa di crolli generalizzati di Borsa rinunciammo all'Ipo. Con il senno di poi le scelte sono state fatte con raziocinio. Per quanto riguarda il settore, questo mondo è totalmente cambiato, ci sono diversi attori, e questo favorevole, c'è spazio per la concorrenza e la specializzazione con particolare attenzione alla tecnologia. Siamo ormai un attore del fintech, su questo versante”. Un ultimo spunto è per la riforma della giustizia “fondamentale – secondo quanto spiega Serrini – per far sì che le procedure concorsuali abbiano successo e che le banche non chiudano frettolosamente i rubinetti dei finanziamenti. La riforma della giustizia è fondamentale a livello governativo come sono stati fondamentali per il settore le Gacs, che hanno fatto ripartire il mercato delle cartolarizzazioni pubbliche, con 100 miliardi di Gacs, ferme da 9 anni”.
Il focus è soprattutto sul mondo bancario, che deve affrontare una nuova crisi di sistema, dopo quella a causa del Covid, ora le conseguenze della guerra in Ucraina. “Io suggerirei di non cadere nello stesso errore fatto ad inizio pandemia - spiega Giuseppe Castagna, amministratore delegato di BancoBpm - A quel tempo si parlava di previsioni catastrofiche con una massa di Npl non più gestibili: 1400 miliardi in Europa, dei quali la maggioranza in Italia. Abbiamo visto che non è andata così. I rimedi e le misure messe in atto dal governo e dalle banche hanno evitato una moria di imprese. Ora c’è un nuovo cigno nero, con la guerra in Ucraina, ma anche qui sono stati effettuati degli interventi. La durata della guerra è fondamentale per capire come l’ondata dei prezzi e l’inflazione saranno sopportabili anche prospetticamente dalle imprese. Per ora soltanto una percentuale ridotta di clienti ritiene di avere impatti e non c’è nessun segnale per una nuova impennata di crediti deteriorati. Inoltre anche il tema degli Stage 2 va rivisto: non sono crediti deteriorati ma attenzionati”.
Per affrontare questa situazione, a detta di Mirko Briozzo, Ceo di Gardant, “bisogna intervenire velocemente per riportare i crediti a una situazione performing. La tendenza è quella di stringere partnership con banche per avere un partner con cui lavorare sempre nel tempo. Questo consente di massimizzare la velocità di reazione. Attualmente ci sono tutti gli strumenti per intervenire”.
Al contrario per Gregorio Consoli, managing partner di Chiomenti, “le banche devono ben riflettere su quale sia la migliore soluzione per loro. Cedere un portafoglio di Utp, per venire incontro al derisking, non sempre è un bene, in quanto gli istituti di credito possono perdere valore e il rapporto con un cliente. Mentre le sofferenze sono crediti non più attivi, gli Utp sono crediti relativi a imprese ancora vive. Nel recente passato la pressione del mercato e regolatoria ha portato a cessioni massicce di portafogli di crediti. Ma ora il mercato è cambiato e le banche devono ripensare le loro strategie con modalità e strumenti diversi”.
Infine per Fabio Panzeri, Direttore Generale Servicing and Operation Prelios, “come Prelios abbiamo sostenuto fin da subito un approccio agli Utp industrializzato, quando molti li consideravano gestibili solo come single name. Per avere successo abbiamo investito in tre ambiti: persone, processi e sistemi. Nel giro di 18 mesi abbiamo creato un team di 200 persone con elevate competenze nel supporto degli imprenditori in difficoltà, in particolare nelle negoziazioni con le banche. La misura delle nostre ottime performance risiede nei numeri dei rientri in bonis: 600 aziende negli ultimi 2 anni. Abbiamo investito anche in sistemi di workflow che non esistevano sul mercato e in advanced analytics. Per Intesa Sanpaolo, come noto, gestiamo sia dei portafogli ceduti che degli Utp ancora sul bilancio della banca. Gestione che ci ha offerto la possibilità di raccogliere 3 anni di dati sulle performance, poi correlati con una serie di informazioni su data enrichment prese da altre aree, e affinare così i nostri strumenti di predizione.
Lo sforzo che abbiamo profuso e profondiamo ogni giorno nell'analisi dei dati potrebbe favorire anche una collaborazione con le banche per un approccio preventivo sugli high risk, identificando in modo analitico i possibili problemi per anticiparli in modo efficace.
Un settore di particolare rilevanza per Prelios è quello del Real Estate: infatti grande parte degli Npl che gestiamo sono asset che rientrano in questo settore e, attraverso la capacità di asset management dei nostri specialisti, troviamo delle soluzioni industriali in linea con il nostro mandato”.
Carlo Festa
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