di Giulia Crivelli
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Quando si hanno cento o più anni di storia si può dare per scontato che tutti la conoscano. Hermès non lo ha mai fatto. Anzi, negli ultimi tempi sembra aver intensificato progetti ed eventi che raccontano il lungo viaggio della maison (che di anni ne ha 185) e soprattutto il valore dell’artigianalità. Perché il racconto sia credibile e, forse ancora più importante, perché interessi o appassioni le generazioni più giovani, servono idee e investimenti.
Secondo gli analisti di Altagamma e Boston Consulting Group, alla generazione Z (persone che hanno meno di 25 anni) e ai Millennial (età compresa tra 25 e 40 anni) nel 2025 saranno riconducibili il 65% dei consumi di lusso, in forte crescita rispetto a circa il 33% del 2015. Autenticità, trasparenza, valorizzazione delle capacità (anche artigianali) di ciascun individuo sembrano valori decisivi per le nuove generazioni di consumatori (non solo nell’alto di gamma). Sicuramente sono importanti per i clienti storici di Hermès. Il prossimo evento della maison sarà a Torino dal 19 al 29 maggio: Guillaume De Seynes, vicepresidente esecutivo della Manufacturing division della maison, spiega la scelta e anticipa i dettagli dell’iniziativa.
Guillaume De Seynes, vicepresidente esecutivo della Manufacturing division di Hermès
Hermès in the making ha debuttato a Copenhagen alla fine del 2021, ora portate l’evento in Italia. Perché Torino?
«È una città importante per Hermès: la nostra boutique aprì nel 1997 e fu rinnovata e ingrandita nel 2015 e ha una clientela locale molto fedele. C’è poi un legame con la regione: abbiamo una conceria a Cuneo e sommando chi lavora per il negozio alle persone occupate nell’azienda, il nostro staff piemontese ha una dimensione rilevante. La location inoltre, il centro culturale Ogr, è affascinante».
Quali sono le differenze tra Hermès in the making e il progetto Hermès dietro le quinte, allestito negli anni scorsi a Milano e Roma?
«L’idea di base, far conoscere gli artigiani di Hermès, è la stessa, ma abbiamo reinventato la scenografia e deciso di dare maggior spazio ad alcuni temi, come la sostenibilità, che per la nostra maison significa anche far durare ogni creazione per sempre, potremmo dire. Abbiamo intensificato, per la crescente domanda da parte dei clienti, i servizi di riparazione, offerti dai nostri laboratori in Francia e spiegati nel nuovo format. C’è poi maggior interattività, perché i visitatori, oltre a osservare gli artigiani al lavoro e a partecipare a workshop e laboratori, hanno a disposizione strumenti e contenuti digitali aggiuntivi».
All’Ogr portate dieci artigiani: qual è il loro approccio a queste trasferte?
«Sono entusiasti di venire coinvolti in queste iniziative, perché sono orgogliosi del loro lavoro e hanno voglia di mostrarne i dettagli e di raccontarlo. Lo fanno in francese, ma accanto a ognuno di loro c’è un traduttore e si possono fare domande e gli artigiani danno le loro personali risposte, che ovviamente non sono statement ufficiali di Hermès. Pensiamo però che sia molto importante questo dialogo in libertà che può avvenire all’Ogr ed è capitato a Copenhagen. Visito spesso le nostre sedi produttive, dai laboratori di pelletteria alle concerie, dai workshop dedicati alla seta a quelli degli orologi e c’è una costante, la fierezza e l’orgoglio degli artigiani, che mi raccontano quali sono le criticità che incontrano e come superano le piccole grandi sfide quotidiane di un lavoro manuale che deve rispettare i nostri standard di qualità e unicità».
Pensa che gli italiani siano più ricettivi ai vostri eventi, grazie alla cultura dell’artigianato presente nel nostro Paese?
«È vero, l’Italia ha un patrimonio di know how artigianale unico al mondo ed è il Paese dove Hermès ha più laboratori e attività produttive, dopo la Francia. Avete sicuramente rispetto e conoscenza delle tradizioni e del loro valore, ma devo dire che questo tipo di eventi ha avuto la stessa entusiastica accoglienza ovunque, dall’Europa all’America all’Asia. Da una parte, credo, c’è il piacere della scoperta, del vedere un “dietro le quinte” che non si conosceva. Dall’altra c’è l’aspetto umano: anche se si tratta di incontri tra sconosciuti, i visitatori e gli artigiani di Hermès, si stabilisce una connessione molto forte. Non c’è solo scambio di conoscenza, bensì anche di emozioni».
Giulia Crivelli
fashion editor
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