di Gorgio dell'Orefice
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«Sono molto preoccupata. La vendemmia non è tanto lontana e rischiamo davvero di non avere le bottiglie per la nuova produzione. Una cosa del genere non è mai accaduta». Nelle parole di Albiera Antinori, presidente del gruppo vini di Federvini nonché presidente della Antinori, tra le principali cantine italiane con una produzione da oltre 20 milioni di bottiglie c’è l’attuale momento del vino italiano che fino al 13 aprile si ritrova al Vinitaly di Verona dopo due anni di sospensione causa Covid e – tra boom dei costi energetici e conseguenze del conflitto russo-ucraino – si ritrova anche con emergenze inedite, come quella della possibile scarsità di vetro.
Nei giorni scorsi allarmi sul boom dei costi sono stati lanciati da Federvini e dall’Alleanza delle cooperative agroalimentari, ma ora l’emergenza bottiglie apre per il settore uno scenario davvero paradossale. Perché il vino a differenza, ad esempio, di pasta e prodotti da forno (che hanno bisogno importare grano duro e tenero perché la produzione nazionale non basta) non ha problemi di materie prime agricole. La “sovranità” vitivinicola è assicurata, ma a mancare potrebbero essere le bottiglie per portare quel vino sul mercato.
Secondo i dati di Assovetro l’Italia ha un buon grado di autosufficienza grazie ai 39 stabilimenti attivi (e a un tasso di riciclo superiore al 74%) per un giro d'affari di 2,4 miliardi di euro e 7.800 addetti e importa circa il 20% del proprio fabbisogno. Fabbisogno complessivo, che cioè non è riferito solo alle bottiglie. Prodotti, tra l’altro, acquistati anche in Ucraina dove erano presenti tre importanti stabilimenti che risultano completamente distrutti dai bombardamenti.
Al momento quindi una stima precisa del buco d’offerta non è ancora disponibile, ma sono già nero su bianco i forti rincari del prodotto. Nei giorni scorsi alcune cantine del Prosecco (principale denominazione italiana che, tra le due Docg e la Doc produce circa 750 milioni di bottiglie l’anno) hanno scritto ai clienti della grande distribuzione per chiedere un ritocco dei propri listini. La caduta di un tabù per lo spumante simbolo del made in Italy che basa molto del proprio successo sull’ottimo rapporto qualità prezzo. «Le vetrerie fornitrici – ha spiegato Alessandro Botter, titolare di un’azienda da oltre 170 milioni di bottiglie, 30 solo di Prosecco – dal 1° aprile hanno ritoccato i listini per la seconda volta dall’inizio dell'anno. Un nuovo rialzo di circa il 10-15% che segue il +10% di inizio gennaio. Non ci stiamo più con i costi».
Una tegola pesante per il vino italiano e per gli spumanti in particolare che a differenza di altri vini non possono neanche optare per bottiglie meno pesanti visto che la pressione dell’anidride carbonica richiede contenitori di maggiore peso e spessore rispetto agli standard.
Senza contare che, inoltre, tra le righe delle comunicazioni delle vetrerie è anche chiarito che, se dovesse proseguire il conflitto in Ucraina e l’attuale tensione dei prezzi dell’energia (la lavorazione del vetro è fortemente energivora) «non sono assicurati neanche gli ordinativi già effettuati».
Le modalità (semplice Pec) e la tempistica contestuale con cui diversi produttori di bottiglie hanno notificato i rincari alle cantine hanno spinto in questi giorni alcune cantine a valutare se ci siano gli estremi per un esposto all’Autorità Antitrust.
«Una fetta rilevante delle 730 aziende nostre socie – ha detto il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti – ha inviato ai propri fornitori di vetro una lettera per chiedere di tamponare l’indiscriminata corsa agli aumenti dei prezzi. Si chiede di ridurre per quanto possibile l’ulteriore sovrapprezzo del 15% richiesto attraverso le modifiche unilaterali ai contratti in essere. E, soprattutto, le imprese chiedono di stoppare i rincari dal momento in cui dovesse fermarsi la corsa al rialzo dei costi energetici». «Stiamo osservando la situazione – ha commentato il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli –. Il Governo è pronto a una risposta emergenziale per sostenere la filiera vitivinicola alle prese con forti rincari dei costi produttivi».
«Già prima della guerra in Ucraina – ha spiegato il vicepresidente di Assovetro e presidente di OI, multinazionale del vetro che opera in Italia, Massimo Noviello – avevamo timore di non farcela a mantenere le forniture a causa dei rincari delle materie prime e dei trasporti. Una situazione che rischia di far fermare le nostre fabbriche come d’altro canto già è avvenuto all’estero. Chi non ha fatto scorte potrà incontrare nei prossimi mesi difficoltà anche se l’industria italiana del vetro ha programmato la realizzazione di nuovi forni già a partire da quest’anno». Bisogna solo sperare che l’attuale congiuntura non spinga a rinviare questi investimenti.
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