di Manuela Soressi e Emiliano Sgambato
Aumenta il costo per pane e pasta
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Se nel 1967, quando è stata emanata la cosidetta “legge di purezza”, venne stabilito che la pasta italiana potesse essere prodotta con sola semola di grano duro, oggi i tempi sembrano maturi per un aggiornamento di questa norma. Infatti non basta più il grano duro per ottenere una pasta di qualità e che resti ben al dente, nel rispetto della tradizione italiana. O perlomeno così sembrano pensarla i consumatori, per cui ci sono altri tre requisiti che sono diventati un must quando si tratta di scegliere spaghetti e rigatoni: la trafilatura al bronzo, l’essiccazione lenta/a bassa temperatura e l’uso di grano italiano (meglio ancora proveniente da filiera controllata).
La rivalutazione di questi tre “X factor” è in atto da alcuni anni: è partita dal mondo dei pastifici artigianali e dalle nicchie premium, per approdare poi anche nel mainstream. Oggi sugli scaffali dei supermercati ci sono ben 1.152 referenze che specificano in etichetta di essere ottenute con la trafilatura al bronzo, rivela l'ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy. Nell’anno finito lo scorso giugno hanno totalizzato 193 milioni di euro di giro d’affari, confermando il valore ottenuto a giugno 2020 e salvandosi, così, dal calo delle vendite che ha colpito questo prodotto.
Ma bisogna guardare al triennio precedente per individuare la reale portata di questo fenomeno. La prima rilevazione effettuata dall’Osservatorio Immagino, nel 2019, indicava infatti una crescita annua delle vendite del 7,6%: il fenomeno “trafilatura al bronzo”, quindi, era in piena esplosione e stava vivificando un mercato alla ricerca di nuovi argomenti e di caratteristiche distintive e differenzianti per uscire dalla bagarre sui prezzi e dal penalizzante ruolo di commodity low cost.
Oggi l’arrivo di Barilla, con la decisione di adottare questa tecnica con la nuova linea Al Bronzo, sembra confermare che la trafilatura al bronzo ha conquistato anche la “pancia” del mercato. Sono in distribuzione dieci formati caratterizzati, come evidenziato sulla confezione, da una “lavorazione grezza”. L’azienda prevede «investimenti molto importanti su questa linea, con l’obiettivo di espandere la propria presenza nel segmento premium».
Marketing e comunicazione puntano sul metodo di produzione: «trafile al bronzo con inserti arricchiti di filettature – spiegano da Barilla – aumentano la resistenza al passaggio dell’impasto, disegnando così sulla sua superficie una rete di microincisioni». Il risultato «è una pasta dalla ruvidità intensa e dal colore giallo ambrato che offre un’esperienza sensoriale unica». A testarla è stato chiamato lo chef stellato Davide Oldani, che ha proposto la sua ricetta “in bianco su bianco”, per valorizzarne al meglio le caratteristiche. Anche un modo per suggerire come la linea Al Bronzo – oltre il 14% di contenuto proteico – si rivolga non solo a una fascia di consumatori più esigenti, ma anche al mondo della ristorazione. Un lavoro importante è stato fatto sul packaging, in collaborazione con l’agenzia Robilant: la confezione – da 400 grammi invece dei tradizionali 500 – diventa tutta rossa, inglobando lo sfondo del logo. Resta in blu la rivisitazione del primo “timbro” che Barilla adottò su suoi prodotti. In evidenza l’utlizzo di “grani pregiati 100% coltivati in Italia”.
La nuova linea di pasta Al Bronzo di Barilla con confezione rossa da 400 grammi
Tra le altre novità annunciate in occasione del 145esimo anno di vita c’è il restyling del logo. Come era già stato “spoilerato” dalla stessa Barilla sui social, questo perde il bordo bianco e si tinge di un rosso più intenso; viene poi messo bene in vista l’anno di fondazione (“Dal 1877) rinforzando la sensazione generale di una grafica che strizza l’occhio al vintage. A rimarcare la tradizione e la storia del brand, è stata anche annunciata la riapertura della prima Bottega Barilla a Parma, nello stesso luogo scelto dal fondatore Pietro: il vecchio laboratorio ora è uno spazio cucina pronto a ospitare chef, eventi e semplici pasta lovers.
Così come l’evidenziazione in etichetta delle condizioni di essiccazione della pasta indica quanto la tecnica produttiva sia diventata un valore distintivo per i produttori e un tema di comunicazione importante verso il consumatore. L’Osservatorio Immagino ha individuato 264 confezioni su cui è specificato che l’essiccazione è stata lenta e/o condotta a bassa temperatura: nell'anno finito lo scorso giugno, questi prodotti hanno realizzato 96 milioni di euro di vendite. Rispetto all'anno mobile precedente, il sell-out è calato del 4,5%, trascinato dal crollo della domanda (-11,7%). Se gli italiani hanno ridotto la spesa per la pasta “slow”, i produttori invece ci hanno puntato, tanto da aver aumentato l’offerta del 7,2% nell’arco di 12 mesi. Ma soprattutto lo hanno comunicato sempre di più sulle confezioni.
«Negli ultimi anni le etichette della pasta si sono arricchite di claim perché le aziende le considerano un media importante per trasferire ai consumatori tante informazioni – commenta Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy –. Sicuramente un ruolo decisivo l'ha avuto l’introduzione dell’obbligo di indicare la provenienza della materia prima. Questo ha determinato anche la crescita di diversi claim volontari riguardanti l’italianità del prodotto, come l’indicazione “100% italiano” o i termini “filiera” e “tracciabilità”, in cui la pasta è uno dei prodotti con le migliori performance di vendita. Il loro portato positivo non sta solo nella valorizzazione del made in Italy ma anche nella capacità di rassicurare i consumatori e di legare la pasta ai territori tradizionalmente più vocati, come la Campania, che così diventano una sorta di bollino di garanzia della bontà e della genuinità del prodotto».
Emiliano Sgambato
redattore
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