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Sabaini: così a Modica nasce lo “scented chocolate”, affinato tra mirra, zagare e tabacco

di Giambattista Marchetto

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17 febbraio 2018
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4' di lettura


“Il mio stile è basato sul cacao come un vettore, ma la produzione del cioccolato coinvolge così tante variabili che l'innovazione può essere davvero spinta”. Parola di Simone Sabaini, che proprio basandosi su questo assunto ha varcato una nuova frontiera del gusto, proponendo un cioccolato “profumato” attraverso un processo naturale di affinamento. La sua Sabadì ha infatti aperto a Modica la prima cantina al mondo di affinamento del cioccolato.
Dai rarissimi tabacchi Perique e Latakia, passando per la mirra e il pregiato olibano etiope, fino ai ricercati tè affumicati cinesi o al mate tostato, passando per le zagare di mandarino raccolte negli agrumeti siculi e spingendosi ai legni delle barrique intrisi dei più pregiati vini e distillati al mondo. Sono solo alcuni degli affinamenti che verranno proposti, basati su 7 tipologie di affinamento per cioccolati in tiratura limitata: tabacco, tè, fiori, erbe, spezie, resine e barrique. Tutti elementi naturali, selezionati con cura maniacale da Sabaini, ciascuno con caratteristiche diverse, in modo da ottenere una varietà aromatica che spazia dalle più delicate alle più forti e ardite.

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L'imprenditore, il cui nome è diventato sinonimo del cioccolato modicano d'eccellenza, presenta l'affinamento del cioccolato e lo porta in degustazione al al Salon du Chocolat di Milano (fino al 18 febbraio).
L'aroma fa il cioccolato scented
“Il cacao contiene naturalmente una parte grassa (oltre il 50%) che è il burro di cacao e che viene spesso usata anche nei test per l'assorbimento degli odori - spiega l'imprenditore veronese innamorato di Modica - Partendo dall'idea di valorizzare questa sua caratteristica, ho iniziato i primi esperimenti 8 anni fa con l'affinamento nel tabacco Kentucky e l'intuizione ha trovato una conferma, perché a contatto con le foglie di tabacco il cioccolato assorbiva la componente aromatica del tabacco”. Quell'esperimento è rimasto limitato a piccole quantità per uso privato, pensate per l'abbinamento ai distillati (whisky e rum in primis), ma nel 2015 il percorso di ricerca è ripartito dal coinvolgimento di uno spazio fisico e di due partner d'eccezione. “L'obiettivo era fare un passo in avanti nell'affinamento e ho lavorato con le barrique di Marco De Bartoli e Gravner, sviluppando due linee di cioccolato abbinate rispettivamente al Vecchio Samperi (con fiore di sale e cannella) e al 8-9-10 di Gravner (con pesca disidratata e cardamomo). Il risultato è stato eccellente”.

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Le conferme del 2015 hanno portato Sabaini a pensare di estendere gli elementi e gli abbinamenti, codificando un linguaggio che non esisteva dato che l'affinamento del cioccolato non esisteva. E lo spiega: “abbiamo creato una nuova categoria di cioccolato, che si potrebbe definire scented chocolate (sul modello degli scented tea), nella quale non ci sono ingredienti integrati nella materia. Il fatto che sia il cacao stesso ad assorbire la componente aromatica dà a questo prodotto un carattere distintivo. Abbiamo sviluppato una metodologia specifica, che prevede prima un affinamento della massa di cacao e poi del prodotto finito, senza contare che il processo richiede anche una lavorazione specifica dello zucchero”.
La barricaia del cioccolatiere
La grande sfida è arrivata con la scelta di creare un luogo fisico dedicato a questo nuovo universo della maison Sabadì. “Dato che il cioccolato in barrique ha il processo di lavorazione più complicato - racconta Sabaini - ho pensato che fosse interessante riunire in luogo fisico tutti gli ingredienti e creare una cantina di affinamento. Un luogo di esperienza educativa, pensato per la didattica e la degustazione, nel quale si recupera il concetto di tempo, che mi è molto caro”.
Nella cantina, che è anche un importante laboratorio di sperimentazione, si “gioca” con i 7 elementi e con la loro stagionalità. “Quando parliamo di tè o di fiori, parliamo di interi universi - chiosa - Molti prodotti sono in divenire, non c'è uno standard. Ovviamente la tecnica è complessa e non consente di fare grandi volumi. I prodotti saranno comunque venduti nel punto vendita a Modica e online tra qualche mese”.
L'apertura della prima cantina al mondo di affinamento del cioccolato, a circa un anno dalla riqualificazione che ha restituito alla città l'antico splendore degli Orti di San Giorgio, con l'apertura del Bar Sabadì lungo la monumentale scalinata del Duomo, rappresenta un ulteriore tassello della più ampia opera di valorizzazione attuata in questi anni dall'imprenditore veronese a Modica.

Modica fra tradizione o innovazione
Se è vero che in passato Modica ha rappresentato il cioccolato per tradizione, oggi con Sabadì rappresenta il cioccolato di alta qualità, prodotto con competenza e innovazione. “Sul cioccolato di Modica si sono raccontate molte inesattezze - rimarca Sabaini - Di per sé sarebbe un prodotto da dolceria, da consumare fresco entro 3 settimane al massimo. Quando vent'anni fa si è iniziato a confezionarlo per venderlo a Roma e a Milano, si è scoperto che si sbriciolava quando non era più fresco e quella è stata venduta come una sua caratteristica. In realtà si sbriciola perché si rompono i legami tra le molecole di burro di cacao e il cioccolato perde le sue proprietà organolettiche”.
Sabadì si è dato come obiettivo l'innesto nella tradizione di tecniche di lavorazione a freddo che consentano una evoluzione del cioccolato, ma con l'idea che debba essere mangiato e non usato come un souvenir. Il tutto con l'innesto di aromatizzazioni che “sono parte della storia del cioccolato - conclude - L'inclusione di elementi come frutta secca o agrumi è già tradizione e valorizza il cioccolato, anche se ci sarà sempre chi lo preferisce in purezza. Peraltro la componente aromatica è uno dei molti fattori che danno il prodotto finale. Oggi si parla soprattutto delle origini, come se il cioccolatiere dovesse solo selezionare ed esaltare l'origine, ma questo mi annoia perché non si considera l'influenza determinante degli zuccheri (che non sono una commodity) o dei processi di lavorazione (soprattutto a freddo). Ecco, questa per me è sperimentazione, perché ho centinaia di variabili che determinano quale cioccolato avrò alla fine e la valenza funzionale che esso avrà”.

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