di Chiara Beghelli
3' di lettura
Camicie e abiti, le vele della nave scuola Amerigo Vespucci, le tele preferite dai più celebri pittori, i nastri di trasporto del tabacco (per non contaminarlo), le reti ecologiche per contenere frutta e ortaggi: se il lino è diventato una delle fibre più versatili è anche grazie al lavoro e alla ricerca lunga 150 anni del Linificio e Canapificio Nazionale, azienda con sede a Villa d’Almé, a pochi km da Bergamo, fondata nel 1873 e dal 2008 parte del Gruppo Marzotto. Un secolo e mezzo segnato dall’innovazione, nel prodotto e nel processo, che ha portato l’azienda non solo a essere la produttrice dei filati in lino più pregiati dell’industria, grazie al più importante Centro di Ricerca e Sviluppo Liniero al mondo, ma anche nella messa a punto di macchinari per ottenerli.
Un percorso culminato con il recente ottenimento della certificazione B Corp, a distanza di poco più di un anno dalla decisione di diventare Società Benefit, e fortemente voluto dal ceo, Pierluigi Fusco Girard, alla guida della storica azienda dal 2016: «È un riconoscimento importante, soprattutto in questo anniversario, ma è soprattutto un punto di partenza - spiega -. Ora lavoreremo ad altri nuovi progetti, creando una rete con altre aziende che condividono la filosofia B Corp. Ed è anche una responsabilità, quella di proseguire lungo questo percorso dopo 150 anni di storia».
Pierluigi Fusco Girard, ceo del Linificio e Canapificio Nazionale
Nel tessile italiano finora solo il Linificio e il gruppo Reda hanno ottenuto l’ambita certificazione, riconosciuta alle aziende che rientrano in stretti criteri di sostenibilità. E il Linificio, che ha chiuso il 2022 con un fatturato aggregato di 60 milioni, ha dimostrato il suo impegno, lungo e stabile nel tempo e multiforme: per esempio, con il progetto Lino d’Italia ha riportato dopo 60 anni di assenza le coltivazioni della fibra nel nostro Paese, nelle bergamasche val Gandino e d’Astino (contribuendo qui anche all’ottenimento del Premio Paesaggio d’Europa 2021, assegnato al territorio dal Consiglio d'Europa), ma anche fra Parma e Piacenza, in Basilicata e Toscana: «Abbiamo già venduto tutto il filato che produrremo quest’anno - prosegue Fusco Girard -, e confermiamo dunque il progetto di raddoppiare il numero di ettari dedicati al progetto». Eccellente anche l’andamento del filato 1873 – The Ould Linen, per il quale si utilizza solo fibra non trattata con agenti chimici e sono stati riadattati i moderni filatoi, riportandoli a lavorare secondo tecniche di lavorazione risalenti all’Otto-Novecento.
Packaging in lino L!ncredibile
Ma è il progetto “L!ncredibile” a rendere particolarmente fiero il ceo: si tratta di un imballaggio in lino, realizzato in collaborazione con Kuku International Packaging, che sostituisce così le reti in plastica usate per contenere l’ortofrutta, ma anche nell’industria ittica: «Ha molto successo all’estero, in Italia si fa ancora fatica ad adottarlo, ma abbiamo buone speranze che accada», spiega. L’ambizione è di estendere ancora le già numerose applicazioni del lino, valorizzando le sue caratteristiche di sostenibilità: la pianta, infatti, non necessita di irrigazione e fertilizzanti, la sua produzione è al 100% circolare perché i suoi scarti sono usati per esempio nell’industria edilizia e cartiera, è del tutto biodegradabile.
Per questo si stanno velocemente sviluppando le mescole di lino e altri materiali, come il carbonio, usato anche nell’industria dell’automotive con interessanti risultati. Intanto per il mese di giugno, quando nei terreni bergamaschi recuperati dal Linificio è attesa la fioritura del lino che trasformerà i campi in ondeggianti distese di azzurro, si prepara un evento per celebrare i 150 anni. E immaginare come saranno i prossimi.
Chiara Beghelli
Redattore
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy