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Freud aggrappato alle tende dell’Hotel Sacher

di Flavia Foradini

Immagine non disponibile

Al Belvedere in mostra il rapporto fra Salvador Dalì e Sigmund Freud

12 aprile 2022
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2' di lettura

«I miei tre viaggi a Vienna sono stati come tre gocce d’acqua. In ciascuno di essi feci esattamente le stesse cose: al mattino andavo a vedere “L’allegoria della pittura” di Vermeer nella Collezione Czernin e al pomeriggio NON andavo a far visita a Freud perchè ogni volta mi dicevano che era fuori città per questioni di salute».

Si lamentava così Salvador Dalì nel 1942, ricordando i suoi tentativi di avvicinare il padre della psicanalisi, di cui aveva letto le opere con passione a partire dalla metà degli anni ’20, considerandole «una delle scoperte capitali» della sua vita: «Durante le sere trascorse a Vienna avevo lunghe conversazioni immaginarie con Freud. Venne anche da me una volta e restò tutta la notte aggrappato alle tende della mia stanza all’Hotel Sacher».

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Faccia a faccia con Sigmund Freud

L’agognato faccia a faccia con Sigmund Freud ebbe luogo molto più tardi, poco dopo l’arrivo a Londra dello scienziato ottantaduenne, grazie alla mediazione di Stefan Zweig, che dicendosi convinto della genialità del 34enne artista ne perorò la causa: «Per anni ha nutrito il desiderio di incontrarvi. Sostiene che per la sua arte deve a voi più che a chiunque altro».

Durante l’incontro che si tenne a casa di Freud il 19 luglio 1938, Dalì cercò invano di presentare il proprio “metodo paranoico-critico” esemplificandolo con il dipinto “La metamorfosi di Narciso”, che aveva portato con sé. L’esito non fu realmente incoraggiante per Dalì, però quella sera Freud scrisse un biglietto a Zweig: «La devo ringraziare. Finora tendevo a pensare che i surrealisti, che apparentemente mi hanno scelto come santo patrono, fossero completamente pazzi. Però quel giovane spagnolo con gli occhi da candido fanatico e con la sua innegabile maestria mi ha indotto a pensare che sarebbe interessante analizzare la creazione di un quadro di quel tipo».

Dalí-Freud, “un rapporto “complesso” in mostra a Vienna

7 foto

Dalí «Portraet Freud»
Dalì «Remorse»
Dalì «Schwäne reflektieren Elefanten»
Dalì «Paranoia»
Dalì ́«Lobster Telephone»
Studio per Dalí «Metamorphose des Narziss»
Dali «Freud Presse»

Al Belvedere di Vienna

Proprio l’innegabile influsso che lo psicanalista ebbe sull’artista è al centro della mostra aperta al Belvedere di Vienna fino al 29 maggio col titolo “Dalì-Freud. Un’ossessione”:Oltre cento opere che ben mettono in luce il profondo interesse del Surrealista per le teorie dell’inconscio. Innanzitutto dipinti, fra cui “Rimorso. Sfinge nella sabbia” e “Donna che dorme in un paesaggio” del 1931, “Me stesso a 10 anni” del 1933, “Paranoia” del 1935 o “Cigni che riflettono elefanti” del 1937. Fra i documenti spiccano quelli sulla sua amicizia con Federico Garcia Lorca, testimoniata dal manoscrito della “Ode a Dalì” che il poeta scrisse nel 1926, mentre la collaborazione con Luis Buñuel viene tematizzata fra l’altro con spezzoni da “Un chien andalou” e “L’Age d’or”. E non mancano diversi oggetti iconici creato nel tempo da Dalì, in primo luogo il telefono-aragosta del 1938.


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