di Francesco Prisco
Ucraina, i Pink Floyd tornano insieme per sostenere Kiev
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A livello di rumors, se ne parlava già da qualche giorno. C’è di nuovo che i rumors stanno prendendo sempre più sostanza: è una vera e propria gara tra Bmg, sostenuta dal gruppo di private equity Kkr, e Warner Music quella per acquistare l’intero catalogo musicale dei Pink Floyd, un dossier che potrebbe valere oltre 500 milioni di dollari. Ha cominciato a parlarne Bloomberg, ci è tornato su il Financial Times, citando persone vicine alla trattativa. La trattativa, spiega il quotidiano, sarebbe ancora nelle fasi iniziali, ma il quartetto di Cambridge starebbe cercando di vendere sia i diritti d’autore che quelli di registrazione, rendendo il proprio catalogo uno degli asset più ricchi sul mercato, potenzialmente oltre il valore delle cessioni di quelli Bruce Springsteen e Bob Dylan.
La cessione del catalogo del Boss, in particolare, è stata realizzata a un valore di 550 milioni di dollari, colpo più importante di sempre nel settore. Con i tassi di interesse ai minimi storici degli ultimi anni e il rilancio dell’industria musicale in streaming, i gruppi di private equity e gli investitori istituzionali si sono riversati nel mercato dei diritti d’autore. Blackstone, Kkr e Apollo lo scorso anno hanno impegnato più di 3 miliardi di dollari per l’acquisto di diritti d’autore. I Pink Floyd, secondo le ricostruzioni, avrebbero messo sul mercato sia il diritto d’autore che quelli sulle registrazioni (master). Sarebbe interessante capire le dinamiche interne a ciò che resta della band, considerando che due dei tre membri superstiti - Roger Waters e David Gilmour che continua a essere titolare del marchio - sono stati in causa per gran parte degli anni Ottanta, si sono riavvicinati nel 2005 per il Live 8, ma ancora oggi si dimostrano spesso disallineati (vedi le posizioni sulla guerra in Ucraina, per esempio).
Negli Stati Uniti i Pink Floyd hanno venduto 75 milioni di album, secondo la Recording Industry Association of America, rispetto ai 65,5 milioni di Springsteen. Va comunque precisato che il Boss ha ceduto il suo catalogo a dicembre in clima economico diverso, visto che i prezzi della musica sono scesi negli ultimi mesi con l’aumento dei tassi di interesse e il rallentamento dell’economia globale. I ricavi nel settore della musica registrata sono cresciuti per sette anni consecutivi, salendo del 18,5% lo scorso anno a 25,9 miliardi di dollari, secondo l’ultimo rapporto Ifpi.
Cedere i diritti (e in alcuni casi i master) del proprio songbook significa tanto per cominciare mettersi al riparo dalle imponderabili dinamiche di un mercato discografico che non era mai stato volatile come lo è nell’era dello streaming. Oggi le major si quotano per cifre da capogiro, ma è ancora vivo il ricordo degli anni bui della crisi di Napster. Negli Stati Uniti, poi, in questo particolare momento storico anche a livello fiscale è meglio avere una grossa cifra da re-investire che un asset i cui margini saranno tutti da verificare nel medio lungo termine, quando la palla passerà agli eredi. E il punto forse è proprio quest’ultimo: tra i cespiti di un testamento, i soldi sono molto più facili da dividere. Mica è casuale che tutti i grandi del rock che si avventurano su queste strade sono a fine corsa.
Francesco Prisco
Redattore
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