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Il santo ergastolano

di Gaetano Gianluca Geraci

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Nel libro di Giuseppe Bommarito la storia di Rocco Russo, il mafioso che, dopo il suo arresto per crimini efferati, decide di non collaborare con la giustizia

14 marzo 2023
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2' di lettura

Dopo l'uccisione del padre da parte di una cosca mafiosa rivale, Rocco Russo, sull'onda emotiva della vendetta, decide di entrare nella famiglia mafiosa di Giuseppe Giacomo Gambardino, boss del feroce clan di San Lorenzo, di cui divenne presto braccio destro lasciando dietro di sé una scia di sangue e di violenza che terminerà con la sua cattura e con la condanna alla pena dell'ergastolo.

L'ergastolo ostativo

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È Giuseppe Bommarito, nel libro “La leggenda del santo ergastolano”, a raccontarci la storia dell'uomo e del mafioso che, dopo il suo arresto per crimini efferati, decide di non collaborare con la giustizia condannandosi così al “fine pena mai”, l'ergastolo ostativo.

L'autore esplora il tema attualissimo dell'ergastolo perpetuo, pena che definisce “senza fine e senza speranza, una pena di morte a lento rilascio”, destinata a tutti quei condannati che, per vari motivi, non vogliono collaborare con la giustizia. Lo scrittore si interroga su come una pena, destinata a finire solo con la morte del detenuto, possa essere rieducativa, così come sancito dalla costituzione.

Il cronista, nella seconda parte del libro, molto più intima, di tipo epistolare, racconta in modo travolgente la vita carceraria di Rocco Russo, il totale disprezzo nei suoi confronti del figlio che lo definisce “il santo ergastolano”, da qui il titolo del libro, e la lontananza dalla moglie che non abbraccerà mai più.

Per l’autore l'ergastolo perpetuo sembra non avere la finalità di infliggere una pena ingiusta o di far soffrire i detenuti, ma esclusivamente quella di non permettere che la mafia comandi dal carcere. Non si tratta quindi di una tortura gratuita, ma è chiaro come, per quei detenuti, la dimensione del tempo diventi priva di significato.Da qui la domanda su come un mafioso - che ha deciso di non collaborare con lo stato, che non ha mai preso le distanze dall'organizzazione criminale, che ha permesso in tal modo ad altri malviventi di restare in libertà, di commettere altri crimini terribili e di mantenere in vita quel fiume di fango chiamato cosa nostra - possa aver maturato un reale cambiamento.

Non si tratta solo del rispetto per chi ha subito orrendi crimini, il vero contrappeso di un approccio unilaterale sul tema dell'ergastolo ostativo è anche il pericolo che corrono i cittadini innocenti. Non si può correre il rischio, la cronaca ce lo insegna, che una falsa redenzione riporti in libertà uomini ancora capaci di compiere azioni criminali.

A seguito delle pronunce della Corte costituzionale, in relazione alla concessione dei benefici carcerari ai condannati al carcere duro, recentemente recepite dal legislatore, bisognerebbe allora auspicare che si formi una giurisprudenza rigorosa, capace di distinguere i casi di ravvedimento autentico dai tentativi di eludere le norme sul reinserimento e la rieducazione, per evitare che altri innocenti possano essere vittime, questa volta non della mafia, ma dello stato.

A Bommarito il merito di aver affrontato un tema difficile in modo obiettivo, nel rispetto dei detenuti ma anche delle tante vittime innocenti.

“La leggenda del santo ergastolano” di Giuseppe Bommarito, Affinità Elettive Edizioni, € 16,00, 256 pagine.


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