di Giulia Crivelli
Lo store di New York
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Il nuovo incarico di Alessandro Bogliolo è prestigioso, ma gli obiettivi che quasi certamente gli hanno dato gli azionisti e che egli stesso si darà richiederanno tutta la sua esperienza, maturata in diversi settori e in molti mercati. Il manager italiano, 52 anni, è il nuovo chief executive officer (ceo) del colosso dei gioielli Tiffany: l'annuncio è arrivato ieri mattina in Italia, quando Wall Street era ancora chiusa, e ha stupito tutti.
La Borsa americana ha reagito bene alla nomina di Alessandro Bogliolo al vertice di Tiffany: all'apertura il titolo ha guadagnato il 2,15% e ha poi chiuso a 94,04 dollari (+1,71%). I mercati amano le certezze e Tiffany era senza un ceo da più di un semestre: dopo il licenziamento del francese Frederic Cumenal a pochi mesi dalla nomina, Michael Kowalski, già al vertice prima dell'arrivo della “meteora transalpina”, aveva assunto il ruolo sempre scomodo di ceo “ad interim”.
Bogliolo subentrerà ufficialmente il 2 ottobre: fino a oggi era amministratore delegato di Diesel, il marchio principale della holding Only the Brave, che da solo genera oltre il 50% dei ricavi del gruppo fondato da Renzo Rosso (oltre 1,2 miliardi nel 2016).
Il nuovo ceo di Tiffany ha un curriculum che non include solo esperienze nel casualwear, anzi: prima di Diesel era stato al vertice della filiale americana di Sephora, la catena globale di profumerie del gruppo Lvmh. Prima ancora aveva lavorato, per 16 anni, da Bulgari, oggi il principale competitor globale di Tiffany, insieme a Cartier (gruppo Richemont).
Uno scontro tra titani della gioielleria e orologeria ma non solo: tutti e tre i marchi sono presenti in molte categorie di prezzo e hanno diversificato negli accessori (pelletteria, oggetti per la casa, articoli da regalo, foulard in seta) e nelle licenze (occhiali e profumi). Hanno tutti poi rafforzato la parte orologi e alta gioielleria: una delle sfide di Bogliolo sarà (ri)organizzare l'offerta, lavorando a stretto contatto con Reed Krakoff, arrivato all'inizio dell'anno e per il quale è stata creata una qualifica mai esistita prima: chief artistic officer.
Tiffany è uno dei più noti brand al mondo e il fatturato dell'esercizio fiscale 17-18 potrebbe superare i 4 miliardi di dollari: nel primo trimestre (febbraio-aprile) i ricavi hanno raggiunto i 900 milioni di dollari e l'utile netto ha battuto le attese degli analisti, attestandosi a circa 80 milioni di euro (il 24 agosto saranno resi noti i dati del primo semestre).
Con la nomina di Bogliolo si conferma in primis quanto siano apprezzati, nel mondo, i manager italiani del lusso: Marco Gobbetti è entrato in carica appena una settimana fa per risollevare le sorti di Burberry, il più inglese dei brand. Numero due del colosso Lvmh è da molti anni Tony Belloni; al vertice di Gucci c'è Marco Bizzarri, che settimana scorsa ha ricevuto a Parigi la Legion d'onore, il massimo riconoscimento della Republique, raramente assegnato a chi non è francese.
Tiffany del resto da tempo contava su know how italiano: in febbraio Francesco Trapani ha acquistato una quota azionaria ed è entrato nel cda. Per molti anni ceo di Bulgari, avrà quasi certamente avuto un ruolo nella nomina di Bogliolo, con il quale aveva condiviso molti anni di sviluppo della maison romana, specie per il rilancio della divisione orologi. Nicola Andreatta è da meno di tre anni general manager proprio degli orologi di Tiffany, che negli ultimi due esercizi sono cresciuti a tre cifre.
Last but not least, l'Italia è un mercato strategico ed è affidato (insieme alla Spagna) a Raffaella Banchero. Appena tre giorni fa il vicepresidente di Tiffany e responsabile per l'area Emea, Marc Jacheet, era a Milano per l'inaugurazione del terzo flagshipstore Tiffany della città: mille metri in piazza del Duomo. Una vetrina definita dal manager francese «importantissima» per lo sviluppo europeo e mondiale, vista la presenza di global shopper a Milano (si veda anche Il Sole 24 Ore del 12 e 13 giugno).
Giulia Crivelli
fashion editor
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