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Alberta Ferretti porta a Rimini la sua moda onirica e insieme possibile

di Angelo Flaccavento

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La collezione Resort 2024 presentata sullo sfondo del Castel Sismondo. Il pensiero della stilista va alla sua regione ferita dall’alluvione: il ricavato di speciali maglie sosterrà la ricostruzione

27 maggio 2023
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2' di lettura

Il lungo tour delle sfilate resort si è chiuso venerdì sera a Rimini con lo show di Alberta Ferretti: ineffabile e sognante, ma anche concreto e positivo, come tipico della stilista e imprenditrice romagnola. «L'ultima settimana è stata davvero intensa per me - racconta la Ferretti - . Inizialmente, a seguito della immane tragedia che ha colpito la regione, avevo pensato di cancellare l'evento. Poi, incoraggiata in primo luogo dalle autorità locali, ho deciso di confermarlo, come buon auspicio e prova della forza del popolo romagnolo, cui appartengo».

A proposito, trenta volontari chiudono la sfilata indossando una maglia che recita, a caratteri cubitali, la frase IO CI SONO, i cui proventi di vendita andranno in beneficenza. «Ho coltivato a lungo l'idea di uno show a Rimini - prosegue la stilista -, ma il Covid mi ha costretto a rimandare. Oggi è un sogno che si avvera». Teatro dell'evento è Castel Sismondo, rocca cittadina che da poco ospita il Museo Fellini. Ed è proprio al regista, figlio illustre della città, che il tutto è dedicato.

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Alberta Ferretti è però una donna troppo pragmatica, non ultimo nell'esercizio del suo ruolo di stilista, per indulgere in una collezione a tema. Pertanto, i vestiti, ed è un bene, non hanno nulla di felliniano. Felliniana è la cornice, vagamente onirica, tra nebbie che si alzano e le musiche di Nino Rota, e basta più. La collezione ha invece i colori del luogo: i beige della sabbia, i marroni delle pietre del castello, i verdi e i blu del cielo e dei prati, il rosso dei tramonti, le luccicanze del sole riflesso sulle acque. Tutto è leggero, volante, in accordo con il Ferretti-pensiero: un mix di etereo e di possibile, di vestine impalpabili e sfumate e tailleur mascoli o blouson di camoscio portati con le gonne lunghe.

Il castello dello sfondo diventa e stampa e la sfilata si chiude con una serie di lunghe cappe metallizzate: felliniane, certo, ma più femme fatale che Giulietta degli spiriti. È una prova misurata, riassuntiva di uno stile sempre fedele a se stesso, che convince perché evita lo storytelling a favore dei vestiti, di cui troppo spesso ci si dimentica.

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