di Marta Casadei
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Un libro fotografico con 50 look “dimenticati”, creati nel corso dei suoi 12 anni di carriera ma mai prodotti. E ripensati in una chiave nuova. Ma anche il nuovo progetto «Supèrno» che verrà presentato durante la Milano Fashion Week donna di febbraio. Il 2022 di Marco De Vincenzo, messinese di nascita e romano d’adozione, classe 1978, comincia all’insegna dei progetti. E dell’indipendenza: alla fine del 2020, infatti, sono usciti dalla proprietà il gruppo Lvmh (che nel 2014 aveva il 45%) e il produttore Cieffe Group e il designer è tornato proprietario del proprio marchio al 100 per cento.
Il primo progetto lanciato quest’anno è «Mondovisione» (Electa), un libro fotografico che racconta gli abiti che, dalla fondazione del suo brand, De Vincenzo ha creato ma non hanno mai visto la luce. E ora, ripensati e “riabbinati”, raccontano un pezzo della sua storia: «Quando sono rientrato in possesso del mio archivio, che conta oltre 6.000 pezzi, - racconta - mi sono reso conto di quanti capi fossero stati “scartati” nel corso degli anni. Del resto, realizzare una collezione vuol dire fare delle scelte: all’epoca ne avevo preferiti altri che forse mi sembravano più vicini alle necessità dello show».
Dall’analisi al progetto creativo il passo è stato breve: «Ho cominciato a giocare con queste creazioni, mescolando capi di diverse stagioni: ne sono usciti look nuovi che meritavano una visibilità altrettanto nuova». Ed ecco nascere il libro: «È un regalo che mi sono fatto per segnare la chiusura di un ciclo importante: non è però un riassunto del mio lavoro, ma l’espressione di un lato diverso della mia creatività», dice.
La chiusura di un ciclo, come la chiama De Vincenzo, coincide con il nuovo corso del brand che per sei anni - dal 2014 al 2020 - ha avuto il maggiore gruppo del lusso al mondo come partner di peso. «Lvmh è arrivato in un momento in cui io, dopo anni di attività da designer indipendente (il brand è stato fondato nel 2009, ndr), stavo per mollare. Da quando ho firmato la partnership i riflettori sono stati inevitabilmente puntati su di me, ma le aspettative spesso si scontravano con la realtà: avere un partner grosso non vuol dire trasformarsi un grande brand».
In concreto, racconta De Vincenzo, «non venivo più considerato un emergente. Tutti si aspettavano avessi budget illimitati, ma invece non avevo i mezzi di un grande brand». La partecipazione di Lvmh ha donato al brand «sicuramente un’enorme visibilità, ma a un certo punto abbiamo pensato fosse meglio separare le nostre strade, in modo sereno», dice De Vincenzo (che rimane Leather goods head designer da Fendi, brand del gruppo di Arnault ).
La pandemia ha coinciso con un periodo di profonda riflessione per De Vincenzo: «Ho ricomprato il marchio e ho capito di avere ancora energie da impiegare in questo progetto. A patto di cambiare pelle». Ed ecco la concretizzazione del cambiamento: «A febbraio, durante la settimana della moda di Milano, presenterò un progetto di upcycling. Si chiama Supèrno di Marco De Vincenzo», dice.
Il nome - che significa “collocato in cima” - rimanda al concetto di creare un prodotto finito utilizzando prodotti che a loro volta lo erano già: «Sono partito da capi già fatti, vintage, che ho comprato io stesso. Li ho smembrati, ricamati, resi irriconoscibili e ne ho fatto una collezione che mi rispecchia, autentica. Il tema della sostenibilità è molto importante per me e non avrei potuto creare una collezione di abiti nuovi». Si riparte, dunque, da un progetto diverso rispetto al Marco De Vincenzo pre pandemia: «Riparto con Supèrno, ma non è detto che il brand Marco De Vincenzo non torni in passerella».
Marta Casadei
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