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Scimmie clonate, nuova tappa per la cura di Parkinson, Alzheimer e tumori

di Maurizio Bifulco

Scimmie clonate in Cina, si riapre il dibattito. Una minaccia?

25 gennaio 2018
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3' di lettura

Le immagini di Zhong Zhong e Hua Hua, le prime due scimmiette, cuccioli femmine di macaco, clonate con la tecnica della pecora Dolly, ci rimandano alla memoria altre due scimmie famose nella storia, Miss Baker e la sua compagna Able, le scimmie pioniere dello storico volo spaziale del 1959 che dimostrò che la vita può essere sostenuta nello spazio aprendo così la strada per l’invio del primo essere umano in orbita intorno alla terra. Stiamo assistendo, come allora per la corsa allo spazio, a una tappa fondamentale nella corsa per un futuro della ricerca biomedica che porti allo sviluppo di nuove terapie per la cura definitiva di malattie diffuse come i tumori, ma anche il Parkinson e l’Alzheimer. La notizia era però preannunciata da oltre 20 anni, da quando nel 1996 a Edimburgo, in Scozia, nacque la pecora Dolly, il primo mammifero a essere clonato con successo da una cellula adulta mediante un processo chiamato “somatic cell nuclear transfer” (SCNT), che prevede il trasferimento del nucleo di una cellula adulta, contenente il Dna e le informazioni genetiche dell’individuo, in una cellula uovo non fecondata (ovocita), privata del proprio materiale genetico mediante la rimozione del nucleo.

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E già nel 1999 fu ottenuta negli Stati Uniti la prima clonazione di un primate, la femmina di macaco Tetra, utilizzando però la scissione dell'embrione, il cosiddetto “splitting embrionale”, una tecnica che imita il processo naturale all'origine dei gemelli identici (monozigoti). Finora ogni tentativo di utilizzare la SCNT sulle scimmie era fallito perché i nuclei delle loro cellule differenziate contengono geni che impediscono lo sviluppo dell'embrione. La nascita di Zhong Zhong e Hua Hua, avvenuta rispettivamente otto e sei settimane fa mediante la tecnica SNCT, è stata ora annunciata da Qiang Sun e colleghi della Chinese Academy of Sciences di Shanghai, che hanno pubblicato il loro studio sulla prestigiosa rivista Cell. Zhong Zhong e Hua Hua sono dunque caratterizzate dallo stesso Dna, identico tra loro e a quello della cellula che ha donato il nucleo, ovvero un fibroblasto di feto di scimmia (una comune cellula del tessuto connettivo), ma diverso dal Dna degli ovociti utilizzati e da quello delle mamme surrogate.

La tecnica del SNCT ha l'enorme vantaggio di poter produrre in teoria un numero molto elevato di cloni a partire da un singolo donatore. Questo consentirebbe ai ricercatori di poter creare una vasta popolazione di animali – i più simili all'uomo- geneticamente uniformi in cui studiare i meccanismi delle malattie umane e testare nuovi approcci terapeutici eliminando l'enorme variabilità genetica tra individui come fattore confondente. Cosa aveva impedito finora l'utilizzo della SNCT nei primati? Ebbene, durante lo sviluppo di un organismo il Dna viene avvolto, marcato, modificato in modo che determinati programmi di espressione genica vengano attivati a seconda della specializzazione della cellula, delle funzioni che svolge in un determinato tessuto, del contesto e degli stimoli esterni. Reinserire pertanto il nucleo di una cellula adulta con il Dna così “programmato” non è banale ma ora finalmente Sun e il suo team hanno trovato la chiave (utilizzando dei modulatori epigenetici) per resettare il Dna nucleare in una forma che assomiglia a quello di un giovane embrione. Il trattamento con questi modulatori epigenetici ha notevolmente migliorato lo sviluppo della blastocisti e il tasso di gravidanza nelle scimmie surrogate. In questo modo, afferma Qiang Sun «sarà possibile produrre scimmie clonate con lo stesso background genetico tranne che per un gene manipolato. Questo genererà modelli reali non solo per le malattie cerebrali che hanno una base genetica, ma anche per il cancro, per patologie immunitarie o metaboliche e ci permetterà di testare l'efficacia dei farmaci per queste malattie prima dell'uso clinico».

Zhong Zhong e Hua Hua, il cui nome deriva dal termine cinese “Zhonghua”, che significa nazione o popolo cinese, sono in forma e crescono bene ma il loro stato di salute a lungo termine sarà attentamente monitorato per controllare il loro sviluppo fisico e cognitivo. È chiaro che la loro nascita segna una svolta epocale aprendo nuovi scenari per la ricerca in campo biomedico e il giudizio scientifico è certamente positivo, basandosi sul fatto che è una sperimentazione che può avere certamente ricadute importanti per la salute umana. Tocca ora alla legislazione regolamentare, possibilmente in maniera uniforme a livello internazionale, la sperimentazione in questo campo viste le evidenti implicazioni etiche. Probabilmente la legislazione farà fatica a tenere il passo con la tecnologia, ma il progresso scientifico non si può e non si deve fermare.

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