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Nel primo semestre 2021 offerti 560.000 posti, in tre casi su dieci difficile o impossibile trovare candidati

di Andrea Carli

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(imagoeconomica)

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Indagine redatta in collaborazione con Crisp (Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità dell’università Bicocca) sul lavoro sostenibile. Per 84.000 posizioni ad alta specializzazione, in un caso su sei non si presentano candidati

15 luglio 2021
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4' di lettura

Le aziende hanno ripreso ad assumere, con circa 560.0000 offerte nei primi sei mesi del 2021, ma in quasi un terzo delle ricerche fanno fatica o non riescono a trovare personale qualificato. E per 84.000 posizioni ad alta specializzazione, in un caso su sei non si presentano candidati. A scattare la fotografia dello scarto tra domanda e offerta di lavoro in Italia è il Rapporto 2021 della Fondazione per la Sussidiarietà, redatto in collaborazione con Crisp (Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità dell’università Bicocca) sul lavoro sostenibile. L’indagine è stata presentata a Roma al Cnel, Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro

Vittadini (Fondazione per la Sussidiarietà): priorità alle politiche attive

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«Il lavoro oggi è sempre più un percorso e meno un posto», ha sottolineato Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. «Tutte le professioni stanno rapidamente cambiando, a ritmi mai visti prima. La ripresa economica - ha continuato - va sostenuta e rafforzata. Il lavoro deve tornare ad essere la priorità attraverso politiche attive che favoriscano la mobilità e la formazione continua».

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Offerte online, ricercate soprattutto le posizioni al Nord

Le offerte di lavoro sono concentrate sul web. Dal 2015 al marzo 2021 sono stati circa 2 milioni 650.000 le ricerche online su oltre una ventina di portali che aggregano annunci di lavoro in modo continuativo (fonte: Wollybi - Burning Glass Europe, elaborazione Crisp). L’analisi della Fondazione per la Sussidiarietà e del Crisp conferma il divario geografico nella Penisola. Nel 2020 quasi tre quarti delle posizioni ricercate su Internet riguardavano posti al nord (74%), il 15% nel centro e solo l’11% nel Sud e Isole.

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Ecco gli otto settori che potrebbero garantire più posti di lavoro nei prossimi anni

In base all'esame delle aree su cui si focalizzeranno i maggiori investimenti pubblici, anche attraverso i fondi europei, il Rapporto individua 8 settori che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro nei prossimi anni: energia; infrastrutture di trasporto e soluzioni di mobilità sostenibile; ambiente; bioeconomia (agricoltura e pesca sostenibile); telecomunicazioni, tecnologie e servizi digitali; ricerca, sviluppo e innovazione; turismo; economia sociale (formazione, assistenza, cultura, sanità).

Il nodo della bassa crescita del tasso di occupazione 15-64 anni

L’indagine fotografa poi alcuni limiti storici del mercato del lavoro italiano, con la difficoltà nel creare nuovi posti di lavoro e la rigidità del sistema. In dieci anni, dal 2011 al 2020, in Italia il tasso di occupazione delle persone da 15 a 64 anni è salito di poco, passando dal 56,8% al 58,1% (fonte Eurostat). Nell'Unione Europea è invece cresciuto dal 63,4% al 67,6%. In Germania l'indice è balzato dal 72,7% al record del 76,2% a fine 2020. La Spagna è passata dal 58,0% al 60,9% e la Francia dal 63,9 al 65,3 per cento.

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... e quello del record di Neet

In Italia nel 2020 solo 2 lavoratori su 100 hanno cambiato impiego, contro i 3 di Francia e Spagna e i 5 della Danimarca (fonte Eurostat). Fra le maggiori economie europee, a fine 2020 l'Italia conservava il record di Neet, giovani che non studiano e non lavorano: circa il 23,3% (Eurostat). Un valore quasi doppio rispetto alla media europea (13,7%) e molto superiore a Germania (8,6%), Francia (14,0%) e Spagna (17,3%).

Ascani (Mise): in atto rivoluzione digitale che investe il mondo del lavoro

Anna Ascani, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico ha ricordato che «è in atto una rivoluzione digitale che investe anche il mondo del lavoro. Il Governo ha un duplice compito: garantire infrastrutture digitali che forniscano alle imprese strumenti per essere competitive e favorire l'inclusione sociale, attraverso la creazione di competenze, preziose per le persone e per le aziende».

Blangiardo (Istat): crescono imprese che hanno assunto nuovo personale tra marzo e maggio

Il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha messo in evidenza che «l’emergenza sanitaria ha penalizzato di più i settori dei servizi a prevalenza femminile ma in seguito questa componente è riuscita a recuperare, sia pur parzialmente. In prospettiva - ha poi aggiunto - non mancano segnali positivi: la quota di imprese che hanno assunto nuovo personale tra marzo e maggio è passata dall’1,8% al 4,3%; sono segnali che fanno ben sperare. L’altra dinamica importante da seguire nei mesi a venire riguarderà gli sviluppi del lavoro agile: la quota di lavoratori in smart working nelle imprese che lo hanno attivato è passata dal 5% del periodo pre-covid al 47% dei mesi di lockdown di marzo-aprile, per assestarsi intorno al 30% da maggio in avanti».

Sbarra (Cisl): serve grande piano sulle competenze digitali

Secondo Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, occorre «combattere lo skill mismatch promuovendo la formazione come diritto soggettivo e varando un grande piano sulle competenze digitali. E poi ammodernare e rendere universali gli ammortizzatori sociali, collegandoli a una rete di politiche attive che tuteli ogni persona durante le transizioni occupazionali non lasciandola mai priva di riqualificazione, sostegno al reddito, orientamento nel sistema produttivo».

Treu (Cnel): non basta riformare ammortizzatori sociali, serve cambio di rotta

«L'impatto della crisi sull'occupazione - ha ricordato il presidente del Cnel Tiziano Treu - è stato particolarmente grave, nonostante il ricorso massiccio agli ammortizzatori della CIG e il blocco dei licenziamenti. Per la ripresa non bastano rimedi parziali. Non basta riformare gli ammortizzatori sociali, come pure è necessario per garantire una rete adeguata di sicurezza a tutti i lavoratori qualunque sia il loro status contrattuale. Occorre un cambio di rotta che affronti le radici della nostra debolezza occupazionale con interventi strutturali che diano effettiva centralità al lavoro e alla sua qualità. Servono misure innovative e organiche di politica economica».


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