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Investire nel Ssn conviene: ogni euro ne genera quasi il doppio e all’orizzonte ci sono fino a 2,5 milioni di posti di lavoro

di Barbara Gobbi

Anelli "Servizio sanitario produce crescita, occupazione e ricchezza"

Il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi: il 7,3% del valore aggiunto totale e il 6,5% del Pil

24 ottobre 2023
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5' di lettura

Investire nel servizio sanitario nazionale fa bene non solo alla salute degli italiani ma anche alle finanze dello Stato, tanto che il Ssn va considerato come un vero e proprio volano per l’economia: ogni euro di risorse pubbliche messo sulla sanità ne genera quasi il doppio. Non solo: potenziare la spesa sanitaria pro capite avrebbe l’effetto di generare nel Paese fino a 2,5 milioni di posti di lavoro in più. Il cavallo di battaglia della “salute come investimento”, specie in tempi di trattative sui quattrini da appostare nella legge di bilancio, non è nuovo. Ma da anni i sostenitori del Ssn che lo propongono sono di fatto inascoltati.

Oggi a perorare la causa con dati e simulazioni alla mano arriva un rapporto Censis commissionato dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici per festeggiare i 45 anni del Servizio sanitario nazionale. Che è «un attore primario dello sviluppo italiano – tiene a sottolineare il presidente dei medici Filippo Anelli -: le risorse pubbliche destinate alla sanità hanno un impatto talmente positivo sul piano economico, occupazionale, dell’innovazione e ricerca e sulla coesione sociale da far emergere la spesa sanitaria pubblica come investimento sull’intera infrastruttura socioeconomica del Paese. Oggi la sfida è decisiva, anche perché dare più risorse pubbliche al Ssn significa mettere più risorse per il sistema economico e sociale ampiamente inteso».

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Da un euro investito se ne generano quasi due

É come lanciare il classico sasso nello stagno, che ha un effetto moltiplicatore su tutta la superficie. Così il Ssn è un “booster” per l’economia nel suo complesso, avvisa il rapporto Censis-Fnomceo, in cui per quantificare l’impatto della spesa sanitaria pubblica sul valore della produzione è stato impiegato un modello di valutazione fondato sull’analisi delle interdipendenze settoriali (le tavole input-output di Leontief), determinando il valore economico creato per ciascun euro di spesa pubblica investito nel servizio sanitario.Partendo da un valore della spesa sanitaria pubblica di 131,3 miliardi (dato dalla spesa sanitaria pubblica 2022 pari a 131,1 miliardi - il 6,7% del Pil – più una quota aggiuntiva che include la ricerca e sviluppo) il valore della produzione interna diretta, indiretta e dell’indotto è stimato di 242 miliardi. Il moltiplicatore della transizione dalla spesa al valore della produzione è di 1,84: per ogni euro di spesa sanitaria pubblica investito nel Ssn si genera un valore della produzione non distante dal doppio.

Il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi

«La domanda di beni e servizi attivata dalla spesa sanitaria pubblica – spiega ancora Anelli - si irradia nel resto dell’economia, ampliando il valore della produzione delle imprese, con benefici significativi sull’occupazione, sul valore aggiunto e sul Pil nazionale». Il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi: il 7,3% del valore aggiunto totale e il 6,5% del Pil. Molteplici i settori che direttamente e indirettamente beneficiano della spinta della spesa sanitaria pubblica: sono le attività dei servizi sanitari, per un valore della produzione pari a 126 miliardi con quasi 1,3 milioni di occupati; l’assistenza sociale (8,6 miliardi di valore di produzione e 180mila occupati), il commercio al dettaglio e all’ingrosso (quasi 9 miliardi di valore di produzione e oltre 95 mila occupati). A questi si aggiungono settori professionali e di servizi qualificati di tipo amministrativo, legale, contabile, di consulenza gestionale con un valore della produzione di oltre 3 miliardi per oltre 30 mila addetti, e quello dei servizi di vigilanza e di facility management (3 miliardi di valore della produzione e quasi 43 mila occupati).Importante l’indotto fiscale, infine: il totale delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali ascrivibili al circuito attivato dalla spesa sanitaria pubblica è pari a più di 50 miliardi tra gli oltre 28 miliardi di imposte dirette e indirette e i quasi 22 miliardi di contributi sociali relativi ai lavoratori dipendenti coinvolti.

Il traguardo dei 2,5 milioni di posti di lavoro in più guardando alla Germania

Un investimento più alto nella sanità italiana porterebbe secondo le stime Censis-Fnomceo a un aumento monstre ma “molto realistico” di posti di lavoro: da 1,5 milioni fino a 2,5 milioni di occupati in più, nei settori più strettamente legati alla sanità sino a quelli che invece beneficerebbero degli effetti indiretti e anche indotti. Gli occupati interni diretti, indiretti e indotti afferenti al meccanismo cumulativo innescato dalla spesa sanitaria pubblica sono stimati in 2,2 milioni di persone, l’8,7% degli occupati totali. La creazione di occupazione, quindi, va ben oltre il servizio sanitario, che comunque è uno dei più importanti datori del lavoro del Paese con 670mila addetti a cui aggiungere oltre 57mila tra medici e pediatri di famiglia e guardie mediche. Le stime elaborate dal Rapporto: se la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, pari a 2.226 euro, salisse al valore di quella francese di 3.739 euro (spesa complessiva pari al 10,1% del Pil francese), a parità di potere d’acquisto, la spesa pubblica sanitaria totale italiana crescerebbe di 89 miliardi passando al 10,9% del Pil italiano, con un incremento del totale tra occupati diretti, indiretti e indotti di 1,5 milioni di unità, per un totale di 3,8 milioni. Nell’ipotesi di un adeguamento della spesa sanitaria pubblica pro capite italiana al valore di quella tedesca, che è pari a 4.702 euro a parità di potere d’acquisto (incidenza sul Pil tedesco del 10,9%), la spesa sanitaria pubblica totale del nostro paese sarebbe superiore di 146 miliardi e pari al 13,3% del Pil, mentre il totale degli occupati diretti, indiretti e indotti sarebbe di 4,7 milioni, cioè 2,5 milioni di occupati in più.

Importante investire sui professionisti, per rendere attrattivo il Ssn

«Quello all’interno del Servizio sanitario nazionale – commenta ancora Filippo Anelli – è per sua natura un lavoro di qualità, motivante, motivante, potenzialmente pregno di senso in una fase storica segnata invece da una visibile crisi della cultura e dell’identità legata al lavoro. Per questo è importante investire sui professionisti, per rendere attrattivo il Ssn. C’è poi quella parte di occupazione – conclude - che viene stimolata tramite un meccanismo per cui la spesa sanitaria pubblica genera una domanda che consente a imprese di settori via via più distanti di espandere la produzione e, in parallelo, l’occupazione».

Ricerca da potenziare

Lo stanziamento di spesa pubblica per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è in Italia pari a circa il 12,7% del totale della spesa pubblica per R&S: dato che colloca il Paese al quinto posto nella Ue per valore pro capite a parità di prezzi d’acquisto. In totale, lo stanziamento di spesa pubblica italiana per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è pari a 1,6 miliardi e in questo quadro il Ssn è il primo committente delle attività di ricerca in sanità. Il trend non è stato sempre costante: nel periodo 2012-2019 si è registrata una crescita del 5,2% mentre nel 2019-2022, in buona parte sotto pandemia, c’è stato il balzo del 49% che contribuisce in modo determinante all’incremento di oltre il 56% nel decennio 2012-2022. Buoni gli indicatori di performance: l’Italia si colloca al secondo posto della graduatoria europea e al sesto di quella mondiale per numero di pubblicazioni relative all’area tematica della medicina nelle riviste scientifiche. «Potenziare la capacità di finanziare direttamente progetti di ricerca e quella di utilizzare i ritrovati amplierebbe lo spettro di opportunità per l’intero ecosistema, con un boost certo sugli esiti», commenta il presidente dei medici Anelli.


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