dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam
(Reuters)
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NEW YORK - “La cyberwar è una minaccia per gli Stati Uniti. Da Cina e Russia arrivano i pericoli più grandi. I due paesi sono più allineati di quanto non lo fossero nei decenni passati, nel tentativo di espandere la loro influenza. Per rubare informazioni, influenzare i nostri cittadini, controllare infrastrutture strategiche”. Il capo delle spie americane Dan Coats ieri in una testimonianza al Senato ha cercato di spingere Washington a intensificare le politiche sulla sicurezza. Coats, con accanto i direttori di Cia, Fbi e Nsa ha parlato durante l'audizione annuale sulle minacce mondiali della Commissione intelligence.
Intelligence vs Trump
Diversi i punti nei quali ha contraddetto il presidente. Trump dice che la Corea del Nord non è più una minaccia. Il direttore della National Intelligence sostiene invece che la Corea continua a realizzare armi nucleari. L'Iran non sta violando le sanzioni del 2015 e non sta realizzando armi nucleari – parole che hanno fatto infuriare Trump. Una delle più preoccupanti minacce per l'intelligence Usa è l'accresciuta cooperazione tra Russia e Cina nella guerra cibernetica. “La minaccia del controspionaggio cinese è più profonda, più diversificata, più irritante, più impegnativa, più completa e più preoccupante di qualsiasi minaccia di controspionaggio che io possa immaginare”, ha detto subito dopo il direttore del Fbi Christopher Wray. Il timore sui russi è che possano interferire nelle elezioni 2020 raffinando le loro capacità e aggiungendo nuove strategie. Gli sforzi dei russi sui social media continuano a convergere sui timori di tensioni razziali e sociali, ha spiegato il direttore del Fbi. Mentre il lavoro della Cina sarebbe più sottile, teso a espandere attraverso la tecnologia la sfera di influenza della seconda economia mondiale. Il caso delle reti 5G di Huawei è la punta di diamante di questa nuova guerra fredda.
Gli americani spiavano i cinesi
Nel 2010, come ha raccontato il New York Times, i cacciatori informatici americani della National security agency segretamente hanno penetrato i sistemi nella sede centrale di Huawei. Nome in codice dell'operazione: Shotgiant. Rivelata da Edward Snowden, ex contractor del Nsa che da allora vive in esilio a Mosca. Gli americani, in altre parole, hanno cercato di fare con Huawei la stessa cosa che ora non permettono di fare alla società cinese negli Stati Uniti: erano alla ricerca di riscontri per provare che il colosso delle tlc cinese fosse segretamente legato e controllato dall'Esercito popolare di liberazione e che il suo fondatore Ren Zhengfei, in realtà non abbia mai tolto del tutto la sua divisa da ingegnere dell'esercito. Le prove non sono state mai trovate. I documenti di Snowden mostrano anche l'altro obiettivo della caccia del Nsa: penetrare e capire i segreti delle tecnologia di Huawei alla ricerca di potenziali “back doors”. Le modalità con cui attraverso dei dispositivi segreti minuscoli nascosti in qualche microchip i network delle tlc che fanno girare computer e smartphone possono essere sorvegliati dalle nazioni avversarie e, nel caso, condurre operazioni di controspionaggio e attacchi cibernetici.
Le tante accuse contro Huawei
Lunedì l'Fbi ha depositato in un tribunale di Brooklyn il fascicolo con 13 capi di imputazione contro Huawei per le sanzioni violate con l'Iran. Il Dipartimento di giustizia ha spedito al Canada la richiesta di estradizione di Meng Wanzhou, la cfo e figlia del fondatore della prima società hi-tech cinese arrestata il primo dicembre. Gli Stati Uniti accusano Huawei di furto di segreti commerciali e di frode bancaria per la violazione delle sanzioni contro l'Iran, cospirazione e ostruzione giudiziaria. Huawei e la sua cfo, in particolare, sono accusati di aver mentito alle autorità bancarie per evitare problemi su transazioni da milioni di dollari con Teheran. Huawei avrebbe operato in Iran assieme alla società di Hong Kong Skycom Tech, violando le leggi americane. In un altro tribunale a Seattle c'è un'altra causa penale per furto di segreti industriali. Incriminazione che fa seguito a una causa civile del 2014 avviata dalla società telefonica T-Mobile, controllata da Deutsche Telekom, contro Huawei. Un ingegnere Huawei, secondo l'accusa che lamenta un danno di centinaia di milioni di dollari, avrebbe rubato un sistema di diagnostica automatica, un robot chiamato “Tappy” dal laboratorio di ricerca di T-Mobile a Bellevue, vicino a Seattle.
Dai microchip ai pannelli solari
“L'avanzamento tecnologico della Cina non è una minaccia per il mondo”, continuano a ripetere gli esponenti del governo cinese. Per tentare di mitigare le tensioni anche il ceo di Huawei, Ren Zhengfei, il 74enne fondatore della compagnia cinese considerato nel paese alla stregua di Steve Jobs, in una rara apparizione pubblica, ha detto che Huawei non agisce per conto di Pechino e non ha mai spiato gli americani. E ha pregato Trump - “ho sempre creduto che è un grande presidente” - di mitigare le tensioni commerciali sulla sua società e su sua figlia. A Ren è stato consigliato di non lasciare la Cina perché rischia di essere arrestato.
Al Congresso americano è stata appena presentata una proposta di legge bipartisan per introdurre il bando alla vendita di microchip e altre componenti hi-tech made in Usa alle aziende cinesi. Proposta di legge che cita esplicitamente il colosso delle tlc Huawei e la società di semiconduttori Zte, sospettati di aver messo a punto delle cimici nei chip dei server per spiare le aziende e le istituzioni americane. Alcuni parlamentari americani hanno lanciato un allarme sui pannelli solari cinesi con gli inverter Huawei, dispositivi che potrebbero essere controllati da remoto e permetterebbero, in linea teorica, di rallentare la fornitura di elettricità. “Siamo preoccupati che possa rappresentare una minaccia per le infrastrutture della nazione”, ha scritto il deputato democratico Tom Marino al segretario all'Energia Rick Perry.
La lunga marcia di Huawei
Hanno cominciato copiando telefonini e computer e ora sono diventati loro i padroni, ironizza qualche osservatore sui paradossi dell'economia globale e della crescita cinese. Huawei è stata fondata nel 1987 dal già ricordato Ren, ex ingegnere dell'esercito cinese. Ha cominciato copiando i telefonini e le apparecchiature di tlc occidentali, come molte aziende cinesi: nel 2003 Cisco ha fatto causa a Huawei per la copia di un suo segreto industriale, disputa finita con un patteggiamento. L'azienda cinese, passo dopo passo, in pochi anni si è trasformata da piccolo produttore di telefoni e apparati tlc low end a gigante globale. Oggi Huawei ha 180mila dipendenti ed è il primo produttore mondiale di apparecchiature per tlc. Si stima che nel 2018 abbia generato ricavi per oltre 100 miliardi di dollari. Vende più smartphone di Apple, ed è il secondo produttore dopo Samsung.
La partita a scacchi sulle reti 5G
La partita geopolitica che si sta giocando in questi mesi tra Stati Uniti e Cina è quella per il controllo delle reti per la nuova generazione wireless 5G, di cui Huawei è all'avanguardia. Australia, Nuova Zelanda e Giappone – oltre agli Usa - hanno già risposto agli inviti americani e hanno escluso la società cinese dai loro network. La diplomazia americana è al lavoro perché i cinesi non abbiamo il dominio di questi network tecnologico nelle reti europee.
Deutsche Telekom, la più grande società europea di tlc, ha avvisato del rischio che l'esclusione di Huawei dalla lista dei fornitori delle reti 5G possa far ritardare di oltre due anni l'adozione in Europa delle nuove reti super veloci. Germania, Gran Bretagna e Italia stanno preparando le aste per le reti 5G. Il governo tedesco sarebbe orientato a porre dei requisiti regolamentari per escludere la società cinese e non scontentare l'alleato americano. La nota di Deutsche Telekom mostra il nervosismo che c'è nell'industria europea delle tlc che si vede costretta a ritardare i suoi piani di sviluppo e rischia di finire nel caos.
L'Europa, i ritardi e la fine dell'ingenuità
Huawei ha investito miliardi di dollari per i suoi apparati 5G che sono tra i più avanzati al mondo, in vista della potenziale enorme domanda di applicazioni nell'intelligenza artificiale, nell’auto a guida autonoma, nelle smart cities, nei sistemi di automazione e nelle fabbriche connesse. Deutsche Telekom ha già installato i sistemi Huawei in migliaia di torri wireless. Se i dispositivi Huawei verranno vietati, la società tedesca dovrà modificare tutto il suo network di trasmissioni. Un giochino che potrebbe costarle diversi miliardi di euro, assicurano i tecnici. La scorsa settimana Vodafone ha sospeso gli acquisti di apparati di trasmissione Huawei. British Telecom ha già preparato un piano per sostituire gli apparati Huawei già presenti nel suo network wireless. Andrus Ansip, responsabile del digitale dell'Unione europea, ha dichiarato qualche giorno fa che è urgente che le società europee riconsiderino le partnership con le aziende cinesi: “Non possiamo essere ingenui ancora”, ha detto. Si sfregano le mani dalla gioia i competitor di Huawei: Ericsson, Nokia, Cisco Systems e Samsung.
Il diktat americano per la leadership
Nessuna delle pagine delle accuse americane contro Huawei per le sanzioni l'Iran e per la tecnologia rubata a T-Mobile menziona esplicitamente le reti 5G o gli hacker di stato cinesi. Ma la levata di scudi americana contro Huawei manda un chiaro messaggio a tutti i leader dei paesi amici a non usare le nuove generazioni di apparecchiature per la connessione wireless che connetteranno ogni cosa: la società cinese è una minaccia per la sicurezza nazionale, questo il messaggio implicito. E gli Stati Uniti rischiano di restare dietro, in una corsa che è prima di tutto economica.
L'arma del controllo della rete
La partita geopolitica che si sta giocando sulla tecnologia è chi controllerà Internet dopo 35 anni dalla sua nascita, con il rischio che il network venga diviso in pezzi, per aree geografiche, a seguito di queste dispute. Gli americani sanno che il controllo cibernetico è un'arma più potente del nucleare: il paese che dominerà il 5G avrà una posizione strategica per tutto il secolo, a livello militare, di intelligence ed economico.
Le sperimentazioni a Dallas e Atlanta
Dallas e Atlanta sono le due città americane in cui si sta sperimentando la transizione alle reti 5G. Quello che gli utenti notano subito è l’estrema velocità: qualsiasi informazione viene scaricata in modo istantaneo, anche dagli smartphone. La rete 5G è stata pensata per far lavorare in maniera istantanea sensori, robot, auto a guida autonoma e altri device che hanno continuamente bisogno di informazioni aggiornate per operare in tempo reale. Una rete così veloce permetterà alle fabbriche di produrre, alle città, al traffico, ai negozi di interfacciarsi con gli utenti in tempo davvero reale, attraverso gli strumenti offerti dalla realtà virtuale e dall'intelligenza artificiale. Un sistema super veloce che offrirà nuove possibilità di vita ai consumatori ma anche ai servizi di intelligence e agli hacker per i cyberattacchi e penetrare nelle nostre vite.
Prossimi sei mesi cruciali
Gli americani da anni, prima di Trump, hanno messo nel mirino il rischio legato all'espansione tecnologica cinese. Le aziende cinesi, anche quelle private, sono in stretta relazione con il governo, come ricorda William Evanina, direttore del National counterintelligence and security center: “C'è una legge cinese del 2017 che obbliga le aziende cinesi a sostenere, dare assistenza e cooperare con la rete di intelligence cinese, dovunque esse siano”. I prossimi sei mesi secondo l'amministrazione americana saranno cruciali per le decisioni sulla rete 5G. La scorsa settimana il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt è stato a Washington per parlare di questo. Di recente una delegazione americana a Berlino ha incontrato esponenti del governo Merkel per lo stesso tema: le reti 5G cinesi sono una minaccia per la sicurezza dell'alleanza atlantica, il messaggio. Gli Usa spingono sulla Polonia per non aprire ai cinesi. Il governo polacco ha appena arrestato per spionaggio l'ex agente segreto Piotr Durbajlo e un executive locale di Huawei, Wang Weijing, accusati di collaborare con l'intelligence cinese e di aver tentato di entrare nella rete del governo di Varsavia. La stessa pressione contro Huawei e le sue reti arriverà verso l'Italia che si prepara a indire le aste sul 5G nei prossimi mesi. La scorsa settimana la Federal Communications Commission ha annunciato di aver concluso la prima asta per la rete 5G negli Stati Uniti. Huawei ovviamente non c’è.
Espandere la sfera di influenza
Pechino sa che su questo terreno si gioca la possibilità di collegare il mondo alla sua rete, specialmente le nazioni di Europa, Asia, America Latina e Africa che saranno così sempre più legate al potere economico cinese. Si tratta di un passaggio “più importante di quello dell'adozione dell'elettricità” ha detto Chris Lane, analista di Sanford C. Bernstein. “Ogni cosa sarà connessa e il sistema nervoso centrale di queste smart cities sarà la rete 5G”.
La gara per la conquista del mondo insomma è tutta tecnologica. I cinesi sono più avanti. Ma gli Stati Uniti hanno alzato la posta politica e rischiano di condizionare l'esito di questa partita. Il vincitore non è più scontato.
Il grande fratello ti controlla
Chi avrà in mano le reti 5G potenzialmente controllerà i network della comunicazione con tutto quello che ciò comporta, come la possibilità di controllare in remoto i dispositivi, già una realtà (il telefonino che si aggiorna in automatico di notte) fino alla possibilità di condurre attività di spionaggio per favorire le proprie aziende. Secondo molti esperti, il codice che Huawei ha installato sul software che controlla il suo network non sembra possa contenere malware o altri sistemi nascosti. Il sistema consente da remoto di controllare il network e di effettuare test diagnostici in caso di problemi tecnici, aggiornamenti o malfunzionamenti. Ma in alcune circostanze, dicono, potrebbe anche indirizzare il traffico attorno ai data center - dove le aziende monitorano e controllano le loro reti - e la sua semplice esistenza è ora citata come prova che gli hacker o l'intelligence cinese potrebbero usare le apparecchiature Huawei per penetrare milioni di network, istituzionali e aziendali. Diversi accademici americani sostengono da tempo che le aziende cinesi di tlc riescono a penetrare nel traffico internet di Stati Uniti, Canada e Cina. Un grande fratello che controlla le nostre vite, insomma, come prevedeva Orwell. Che mangerà hamburger o avrà gli occhi a mandorla, a seconda di come finirà la partita.
Riccardo Barlaam
Caporedattore Economia e Politica Internazionale
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