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Telecom, Governo in allerta sul crollo delle quotazioni

di Antonella Olivieri

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Telecom, Governo in allerta sul crollo delle quotazioni

Telecom, Governo in allerta sul crollo delle quotazioni

La premier Meloni: «Ci stiamo lavorando, è un dossier molto complesso». In Borsa il capitale ordinario vale solo 3,2 miliardi, meno della quota in Tim Brasil

13 marzo 2024
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3' di lettura

Anche il Governo è in allerta per la situazione che si è venuta a creare in Telecom, sotto pressione in Borsa al punto che, a questi livelli di prezzo, chi volesse fare a pezzi definitivamente l’incumbent nazionale potrebbe persino guadagnarci, considerato che oltretutto non tutti gli asset sono protetti dal golden power. «Ci stiamo lavorando, è un dossier molto complesso», ha risposto la premier Giorgia Meloni a chi le chiedeva se fosse preoccupata per gli effetti destabilizzanti che il crollo delle quotazioni potrebbe avere su Tim.

Il valore

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La sola quota in Tim Brasil oggi vale più dell’intera capitalizzazione di Borsa di Telecom, scesa a 3,2 miliardi per le ordinarie e a 1,3 miliardi per le risparmio. La Consob si è attivata già da giovedì quando le azioni ordinarie sono arrivate a perdere quasi un quarto del loro valore, proprio il giorno in cui il management Tim stava presentando agli analisti il piano triennale nella prospettiva di cessione della rete entro l’estate. Tra scambi frenetici, mossi in prevalenza dagli algoritmi, è stato trattato più del 30% del capitale in tre sedute. I volumi ieri si sono ridimensionati (3,7% del capitale), ma la scoppola non è stata rimediata, visto che il titolo ha chiuso in calo dello 0,47% a 21,08 centesimi, sotto il prezzo di 21,18 centesimi di giovedì.

Il road show

Da inizio settimana l’ad di Tim Pietro Labriola, con il suo team, ha avviato gli incontri one to one con gli investitori. Venerdì il road show sarà ospitato a Milano da Mediobanca, lunedì si sposterà a Londra e il 25 marzo a Parigi. Labriola cercherà di spiegare i motivi per i quali il debito di partenza è più alto del previsto e perchè il piano non è troppo ambizioso. La ritrosia a fornire informazioni più dettagliate al mercato sarebbe stata motivata dal fatto che Tim non avrebbe voluto indebolire la propria posizione negoziale sugli aggiustamenti di prezzo di cui sta discutendo ancora con Kkr. La rete resterà nel gruppo per almeno tutto il primo semestre e nel frattempo Tim dovrà farsi carico di tutte le relative spese, anche se poi potrebbe essere la nuova proprietà a saldare il conto. Nell’addendum al piano diffuso in avvio di settimana la voce ”aggiustamenti di prezzo” è ancora aggregata a “spese di separazione” per un totale di 0,4 miliardi nel semestre.

La cassa bruciata

Nell’attuale configurazione Tim perde qualcosa come 4 milioni ogni giorno che passa, 120 milioni al mese: più si allungano i tempi e più le perdite aumentano. Se l’esame dell’Antitrust Ue sull’operazione di cessione della rete - l’interlocutore è Kkr - dovesse estendersi alla fase 2, la situazione potrebbe diventare ingestibile. Per ora il closing è ancora previsto tra giugno e agosto. Il management è convinto di accompagnare la discesa della leva dalle 3,8 volte di fine 2023 a 1,6/1,7 volte a fine triennio facendo leva sulla crescita dell’Ebitda che si basa su assunzioni di crescita dei ricavi ritenute realistiche.

Il piano

Sul mercato domestico, in particolare, il piano prevede una crescita media annua del 2% che riflette l’andamento piatto dell’area consumer, in linea col mercato, e una crescita media annua del 6% dell’area enterprise contro il +5% del mercato di riferimento. Il tutto si tradurrebbe in 600 milioni di ricavi in più in tre anni e quindi, con una marginalità media del 25%-30%, in 150-180 milioni di Ebitda in più. I 400 milioni aggiuntivi di efficienze che erano stati comunicati col piano deriverebbero invece dalla trasformazione dei costi. Qualche esempio a riguardo è stato fatto nei primi colloqui con gli investitori.

Per esempio la spesa per i call center, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale potrebbe scendere di una quarantina di milioni dai 240 milioni attuali. O ancora, una miglior gestione di Tim vision, che anche nel 2023 era in rosso, potrebbe permettere di recuperare altrettando semplicemente azzerando le perdite. Nei 400 milioni di costi in meno non sono contemplate spese di riduzione del personale. Tim tra l’altro ha deciso di non ricorrere più ai prepensionamenti che hanno un effetto trascinamento, con 440 milioni di uscite legate a piani passati solo per quanto riguarda il bilancio 2023.

La mosse Consob

Non si spiega però comunque la sottovalutazione di base del titolo Telecom che anche prima del tonfo viaggiava a multipli a forte sconto rispetto al settore. Consob non ha ancora completato le sue verifiche. A rigor di logica, si dovrebbe partire dal chiedere a Vivendi, che ha in bilancio una partecipazione del 23,75% “disponibile per la vendita”, se ha mosso in qualche modo il suo pacchetto per proteggerlo con derivati o se qualcuno abbia chiesto le azioni in prestito. Il contesto in cui si è scatenata la bufera sul titolo, gonfiando oltre misura i volumi, non è per nulla chiaro.

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