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120 giuristi italiani firmano un appello contro l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti

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(ANSA)

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21 luglio 2023
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2' di lettura

E’ stato sottoscritto in poche ore da 120 giuristi, e il numero sta aumentando in poche ore, l’appello con cui si prende posizione contro l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange (video) , il giornalista fondatore di Wikileaks , accusato di 18 reati contestatigli in larghissima parte in base alle disposizioni dell’Espionage Act del 1917 e che in caso di condanna rischia una pena fino a 175 anni di reclusione.

Il documento, firmato da magistrati, ex magistrati , come Armando Spataro, Adriano Sansa, Nello Rossi ed Elena Paciotti, avvocati e docenti universitari come Adolfo Ceretti, Nando Dalla Chiesa, Gaetano Azzariti e Fabio Basile, è anche a favore della sua liberazione dopo che “è stato sottoposto a tortura psicologica, almeno dalla fine del 2017 (allorché si trovava ancora nell’ambasciata dell’Ecuador) con confinamento in spazi ristretti, videocontrollo permanente (...) divieto per un certo periodo di usare cellulari e connessioni al web” e poi “trasferito dopo l’arresto nel penitenziario di Belmarsh, - prosegue l’appello - vi è detenuto in cella di minime dimensioni, con restrizioni e controlli ancora più accentuati”.

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“L’accusa ad Assange - si legge sempre nel documento - di avere violato segreti di Stato americani lede la libertà di stampa, un diritto-dovere proprio di ogni vera democrazia, previsto anche nel primo emendamento della Costituzione americana e nell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” e inoltre, secondo i firmatari dell’appello, è infondata. Infine nell’appello diffuso, si evidenzia che “non può, infatti, negarsi che l’estradizione di Julian Assange, oltre che ad elementari ragioni umanitarie imposte dalla sue provatissime condizioni psico-fisiche e dai ragionevoli timori circa il futuro regime carcerario, costituirebbe un terribile esempio di soffocamento della libera informazione orientata al disvelamento degli abusi di potere e si risolverebbe, in ultima analisi, nel definitivo inaridimento delle fonti di conoscenza di cui la collettività deve continuare a poter godere”.

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