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Cresce la povertà ma diminuiscono i beneficiari del nuovo «reddito». Ecco perché

di Giorgio Pogliotti

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Cresce la povertà ma diminuiscono i beneficiari del nuovo «reddito». Ecco perché

Cresce la povertà ma diminuiscono i beneficiari del nuovo «reddito». Ecco perché

L’incidenza delle persone in povertà assoluta nel 2023 si è attestata sui valori massimi del decennio e quest’anno le nuove misure coprono una platea di gran luga inferiore rispetto a quella aiutata dal Reddito di cittadinanza

27 marzo 2024
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5' di lettura

Nel 2023 l’incidenza delle persone in povertà assoluta si è attestata sui valori massimi del decennio, aumentando leggermente rispetto al 2022: sono oltre 2 milioni 234mila famiglie, per un totale di circa 5 milioni 752mila individui non in grado di acquistare un paniere di beni e servizi considerati essenziali. Nello stesso anno si è anche ridotta la platea di beneficiari del Reddito di cittadinanza (limitato a sette mensilità per i percettori “occupabili”), che dal 1 gennaio 2024 è stato sostituito da due misure: l’Assegno di inclusione e il Supporto alla formazione e al lavoro, che però complessivamente garantiscono un sostegno economico ad un numero decisamente inferiore di persone in difficoltà.

Vediamo i numeri.

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Il quadro della povertà nell’ultimo decennio

Guardando all’andamento nell’ultimo decennio, è progressivamente cresciuta l’incidenza della povertà familiare che nel 2014 era pari al 6,2%, nei due anni successivi è rimasta stabile, crescendo in maniera significativa nel 2017, quando l’indicatore familiare è arrivato al 7,2%. Nel 2018 l’indicatore si è stabilizzato, per poi diminuire nel 2019 al 6,7%, in concomitanza con l’introduzione del Reddito di cittadinanza di cui, a partire dal secondo trimestre, hanno beneficiato circa un milione di famiglie in difficoltà. Nel 2020, anno della pandemia, l’incidenza della povertà riprende a crescere, arrivando al 7,8% e interessando oltre 2 milioni di famiglie, per poi stabilizzarsi nel 2021. Nel 2022, l’incidenza ha ripreso a crescere arrivando all’8,3%, soprattutto a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha penalizzato soprattutto le famiglie meno abbienti.

Nel 2023, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’incidenza della povertà assoluta è pari all’8,5% tra le famiglie (8,3% nel 2022) e al 9,8% tra gli individui (9,7% nel 2022), in un quadro di «sostanziale stabilità» rispetto al 2022: si tratta di oltre 2 milioni 234mila famiglie, per un totale di circa 5 milioni 752mila individui. Da notare che è in peggioramento rispetto al 2022 la condizione delle famiglie con un lavoratore dipendente: qui l’incidenza della povertà assoluta raggiunge il 9,1% (dall’8,3% del 2022) e coinvolge oltre 944mila famiglie non in grado di acquistarte un paniere doi beni e servizi tale a garantire uno standard di vita minimamente accettabile.

La copertura garantita dal reddito di cittadinanza

Vediamo quanti erano i beneficiari del Reddito e della Pensione di cittadinanza: partito ad aprile del 2019 nel primo annodi vita ha coinvolto 1,1 milioni di nuclei per 2,7 milioni di persone, poi nel 2020 ha raggiunto quasi 1,6 milioni di nuclei per 3,7 milioni di persone, nel 2021 ha coinvolto 1,7 milioni di nuclei per 3,9 milioni di persone, per scendere nel 2022 a quasi 1,7 milioni di nuclei per 3,6 milioni di persone e nel 2023 si è attestato a 1,3 milioni di nuclei per 2,9 milioni di persone, in previsione della scadenza della misura a fine anno e della riduzione della durata a 7 mesi per le persone occupabili.

Ci sono stati molti abusi nell’utilizzo, anche per le carenze nei controlli - come del resto accade per l’accesso ad altre forme di welfare-, ma il Rdc ha dato un contributo positivo al contasto della povertà: la frequenza della povertà (la riduzione del numero di poveri) è passata da circa 5,5 milioni del 2018 a 4,5 milioni del 2019 e la riduzione dell’intensità della povertà ha interessato quasi il 60% dei poveri, come evidenziato nella relazione annuale dall’ex presidente Inps, Pasquale Tridico. Il Reddito di cittadinanza non è riuscito ad intercettare tutta la platea dei poveri, ed ha mostrato carenze soprattutto nelle grandi città (anche per il criterio di residenza di 10 anni per l’accesso al sostegno) . È poi fallito per la parte di politiche attive del lavoro.

Il supporto delle nuove misure del governo Meloni

Il Reddito di cittadinanza è stato sostituito lo scorso 1 gennaio dall’Assegno di inclusione come strumento di contrato della povertà. Offre una copertura economica a meno persone perché ha nuovi criteri di accesso: è riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano al loro interno almeno un componente disabile; minorenne; con almeno 60 anni di età; in condizione di svantaggio e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.
I nuclei familiari beneficiari di Adi a marzo risultano 589.291, per un numero complessivo di 1.240.584 componenti. A metà febbraio (ultimo dato reso disponibile da Inps e ministero del lavoro) è emerso che a fronte di 480mila nuclei familiari che avevano avuto l’erogazione del sussidio, le domande respinte erano state 182.350 perchè in mlti casi superavano le soglie di reddito. Questo alto numero di domande repinte è il frutto di controlli più serrati concentrati “a monte” delle erogazioni. Ma tra gli indiziati c’è anche l’effetto negativo dell’Assegno unico universale che fa crescere i redditi delle famiglie e, in assenza di alcuna forma di sterilizzazione ai fini dell’accesso all’Adi, produce la conseguente perdita del diritto ad avere il sussidio anche ai nuclei è in situazioni di difficoltà economica. Sono numeri ben inferiori rispetto alle stime fatte dal governo, che aveva annunciato una potenziale platea beneficiari di circa 737mila nuclei familiari.

Quanto al secondo strumento, il Supporto per la formazione e il lavoro, lo strumento di politica attiva del lavoro per le persone in difficoltà economica decollato lo scorso 1 settembre, l’ultimo dato fornito da ministero del Lavoro e Inps risale allo scorso 22 gennaio ed era di appena 27mila persone che avevano avuto il pagamento di 350 euro mensili (a fronte di 170mila domande presentate e 68mila accettate). La stima del governo a regime è di avere una platea potenziale di beneficiari di 250mila persone. Siamo molto distanti da quel numero. Il ministero del Lavoro e l’Inps non hanno fornito aggiornamenti della misura, ma è evidente che la somma di Adi e Sfl è ben lontana dal coprire la quota di persone in difficoltà, rispetto alla platea protetta in precedenza dal Rdc.

L’allarme dell’Alleanza contro la Povertà: si rischia un aumento del disagio

Nei mesi prossimi si potrà verificare se questi due nuovi strumenti avranno un grado di diffusione più ampio, e si potranno valutare le ripercussioni in termini di disago sociale, per le persone in difficoltà economica rimaste senza copertura. Alleanza contro la povertà ha lanciato un allarme: «I requisiti economici richiesti per l’Adi non esauriscono la platea di coloro che sono effettivamente a rischio di povertà assoluta. Il rischio è che non accedano alle misure di sostegno che si sono rivelate necessarie a salvare dalla povertà centinaia di migliaia di persone in condizioni di estrema vulnerabilità economica e sociale - sostiene l’Associazione che raggruppa 35 realtà associative- . Se i numeri delle domande respinte dovessero rimanere questi, dovremo fare i conti con un aumento della povertà assoluta nel nostro Paese, che richiederà interventi urgenti e strutturali, così come strutturale è questo fenomeno, da ormai più di 10 anni».

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