di Andrea Gagliardi
Stupro Caivano, parroco chiesa Parco Verde: "Stato è patrigno, temo guerra civile tra famiglie coinvolte"
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Probabilmente non se l’aspettava, ma almeno ci sperava. Qualche giorno fa don Maurizio Patriciello, il parroco anti-clan di Caivano (Napoli), ha scritto alla premier Giorgia Meloni per invitarla al Parco Verde, il luogo “abbandonato dallo Stato” dove sono state stuprate due cuginette di 11 e 12 anni. E la presidente del Consiglio ha accolto l’invito. Sarà giovedì al parco Verde (lo ha annunciato lo stesso sacerdote parlando con i giornalisti) rione nato dopo il sisma del 1980, costruito con la legge 219/81, e popolato da terremotati e senzatetto provenienti da varie parti delle provincia.
«Penso che Giorgia Meloni verrà qua con delle proposte concrete», ha dichiarato don Patriciello dicendo che ormai non c’è più tempo da perdere. «In questo quartiere le povertà sono tante - ha aggiunto - alla porta della parrocchia c’è anche chi bussa perché non ha la possibilità di acquistare un litro di latte per i propri figli». Lo Stato, ha osservato ancora il sacerdote «qui ci deve essere, con le strutture ed i servizi», servizi mai «realizzati in un quartiere che a mio giudizio non doveva mai nascere».
Don Maurizio è, da anni, in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Ed è voce e coscienza di chi si batte contro la camorra. Lo stupro è nato in un contesto di forte degrado. Con abusi cui sono seguite le minacce e i ricatti, utilizzando i file video e i messaggi contenuti negli smartphone degli implicati nell'atroce vicenda. A tutto questo si è aggiunto l'ordine di silenzio, impartito dai capoclan di zona, i responsabili delle piazze di spaccio del Parco Verde. Un velo di omertà si è posato sul quartiere. Tra le poche voci ad alzarsi per chiedere riscatto e unità, quella di don Patriciello. Gli agenti di scorta non lo perdono mai di vista: «Se non fosse per quest'uomo – dice indicando la foto del capitano Antonio Cavallo, alla guida del locale comando dei carabinieri – qui non avremmo più speranze». Ma adesso ammette di essere “preoccupato” per la sua sicurezza e «quella della mia scorta».
Ma chi è questo prete “scomodo”? Don Maurizio Patriciello è nato a Frattaminore, in provincia di Napoli, nel 1955. Paramedico scrupoloso, lavorava a 100 metri da casa. Poi nel 2013 la “conversione”. Un passaggio in auto a un sacerdote francescano, di quelli che per ubbidienza alla povertà, scalzi, viaggiano in autostop, lo aveva incuriosito. Proprio lui, lontano dalla Chiesa da tempo. Alla fine Patriciello a 30 anni si iscrive a Teologia e poi diventa prete.
Il vescovo lo invia a Parco Verde di Caivano, nel napoletano, dove si contano 13 piazze di spaccio per un business di 100 milioni di euro all'anno. Da allora è impegnato in prima linea nella lotta per la tutela del territorio inquinato dalle discariche industriali inquinanti e radioattive, la cosiddetta Terra dei Fuochi.
Una notte d’estate del 2012, quasi per caso, irrompe nella scena nazionale e riesce dove tutti hanno fallito, cioè a “centralizzare” la periferia e a proiettare la “Terra dei Fuochi” in uno scenario non più solo locale. Quella notte padre Patriciello si sveglia perché gli manca l’aria. Una puzza infernale gli ha invaso casa. Si può vivere così? La risposta è no. E allora eccolo che comincia a postare appelli su “Facebook” a scrivere per Avvenire, a bussare alla porta di sindaci e prefetti. Incontra il presidente Napolitano, arriva fino al Papa e porta in piazza oltre 100mila persone. Anche grazie al suo impegno si deve un decreto legge dedicato proprio alla Terra dei Fuochi. Perché lui e non altri? Padre Patriciello ha una certa età ma sa usare i social netwok. Dice messa e convoca manifestazioni. E non ha paura di polemizzzare anche con gli industriali se serve.
Andrea Gagliardi
redattore
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