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Groviglio in arrivo sulla tassazione delle rendite finanziarie

di Gianfranco Ursino

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(Deemerwha studio - stock.adobe.com)

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26 novembre 2023
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2' di lettura

Una più equa tassazione delle rendite finanziarie. È quanto attendono da decenni i risparmiatori italiani. L’attuale tassazione in ambito finanziario rappresenta la sintesi di un sistema restrittivo che, nel corso del tempo, si è evoluto intaccando progressivamente il risparmio degli italiani: dalla Tobin Tax all’aumento delle aliquote dell’imposta di bollo sul conto titoli e all’aumento dell’imposta sui guadagni in conto capitale che possono essere compensati, salve eccezioni, solo all’interno della medesima categoria dei redditi diversi (plus/minusvalenze) ed entro certi limiti temporali. A tale ultimo riguardo, si pensi, tra l’altro, agli investimenti in fondi comuni le cui eventuali perdite non sono compensabili con i guadagni, soggetti comunque a tassazione.

Con la legge 111/2023, approvata lo scorso mese di agosto, è stata attribuita al Governo la delega per la riforma del sistema fiscale, nell’ambito della quale ci sono precise indicazioni per procedere con l’armonizzare della tassazione delle rendite finanziarie.

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Ma da quanto è previsto nella bozza di decreto redatta dalla preposta commissione ministeriale - non ancora ufficializzata ma che Plus24 ha potuto visionare - con l’attesa creazione di un’unica categoria reddituale (superando la distinzione tra redditi diversi e redditi da capitale) sarà assicurata solo in minima parte la possibilità di compensare tra componenti reddituali positivi e negativi di natura finanziaria. Non ci sarà, quindi, la possibilità di compensare integralmente i guadagni e le perdite.

Il problema, che anche i precedenti governi hanno dovuto affrontare, è sempre il mancato gettito per le casse dello Stato derivante dalla più ampia possibilità di effettuare compensazioni. La proposta prevede infatti meccanismi che pongono limiti alla compensazione delle minus, di tipo quantitativo (nell’ammontare) e qualitativo (con riferimento agli strumenti da cui i proventi derivano). Meccanismi di contenimento della perdita di gettito che andranno a complicare la vita non solo agli investitori, ma soprattutto agli intermediari finanziari che saranno sempre chiamati a svolgere il ruolo di sostituto d’imposta e corrispondere quindi le imposte all’Erario per conto dei clienti. Questi ultimi potranno comunque continuare ad optare per il regime dichiarativo.

In particolare, a livello di basi imponibili, si consente l’utilizzo delle minus eccedenti le plusvalenze, non dalla totalità dei redditi di capitale che concorrono a formare il risultato complessivo netto, ma da una percentuale degli stessi redditi (ad esempio 50%) che potrebbe essere fatta crescere nel tempo. La quota rimanente (50%) rimane soggetta a ritenuta o a imposta sostitutiva. È questo è solo uno dei limiti quantitativi che si intendono introdurre. Le modalità di compensazione orizzontale dipendono dalle singole fattispecie: per gli attuali redditi di capitale la compensazione sarà limitata al 30% dell’eccedenza negativa, con la quota di perdite e minus non compensabili per i limiti imposti, che continueranno a essere riportate in avanti, ancora solo per quattro periodi d’imposta successivi a quelli di formazione.

Per quanto riguarda i limiti di tipo qualitativo, si fa anche esplicito riferimento al regime di compensazione attualmente previsto per le cripto attività, dove le plusvalenze e gli altri proventi realizzati sono tassati solo se superano i 2.000 euro nel periodo d’imposta. E questi sono solo alcuni esempi delle limitazioni poste per ridurre le possibilità di compensazione tra guadagni e perdite, che rischiano di complicare (altro che semplificare) la tassazione delle rendite finanziarie.

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