di Flavia Landolfi
(Mirco Toniolo / AGF)
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Crescono, si moltiplicano e fanno girare l’economia a ritmi serrati. Gli immigrati residenti in Italia sono pilastri irrinuncabili del sistema Paese: sostengono crescita demografica e soprattutto il Pil con un valore aggiunto di 154,3 miliardi di euro, il 9% del prodotto interno lordo. Parola della Fondazione Leone Moressa che nel suo Rapporto annuale 2023 sull'economia dell'Immigrazione mette in fila numeri e analisi del contributo - cruciale - dei cittadini stranieri.
La popolazione straniera residente in Italia si conferma stabile a quota 5 milioni ad inizio 2023, pari all'8,6% del totale, spiega il Rapporto. L'età media degli stranieri è 35,3 anni, contro i 46,9 degli italiani. È qui, in questa fotografia, che pesano i maggiori squilibri - in positivo - rispetto agli italiani. Il contributo al popolamento demografico è molto più alto con 11,0 nati ogni mille abitanti e 2,0 morti; tra gli italiani, invece, 6,3 nati e 13,0 morti per mille abitanti. Significativo anche il numero di stranieri “naturalizzati” italiani: 133 mila nel 2022, per un totale di 1,4 milioni negli ultimi 11 anni.
«Dopo la flessione dovuta alla pandemia, il tasso di occupazione degli stranieri (60,6%) torna a superare quello degli italiani (60,1%), pur rimanendo al di sotto dei livelli pre-Covid», spiega la Fondazione in una nota. Gli occupati stranieri sono 2,4 milioni e si concentrano nei lavori manuali: l'incidenza degli stranieri è mediamente del 10,3% sui lavoratori totali, ma raggiunge il 28,9% tra il personale non qualificato. Importante il contributo sul Pil: i lavoratori immigrati producono 154,3 miliardi di valore aggiunto che rappresenta il 9% del prodotto interno lordo. I settori più vivaci quello dell’agricoltura e dell’edilizia con un’incidenza sul Pir rispettivamente del 15,7 e del 14,5%.
La Fondazione Moressa ci fa sapere poi che «nel 2022 sono stati 338 mila i permessi di soggiorno rilasciati dall'Italia, picco massimo dell'ultimo decennio - spiega -. In ripresa, soprattutto, gli ingressi per lavoro, che rappresentano quasi un quinto del totale». I 67 mila ingressi per lavoro del 2022 sono frutto del Decreto Flussi 2021 (Governo Draghi) e sono dunque destinati ad aumentare nei prossimi anni a seguito dei decreti del Governo Meloni, che ha previsto 122 mila ingressi per lavoro nel 2023 e 452 mila nel periodo 2024-2026. Nonostante il progressivo incremento l’Italia resta indietro su questo fronte: il rapporto tra ingressi per lavoro e popolazione residente (11,3 ogni 10 mila abitanti) rimane inferiore rispetto alla media Ue (27,4). Il primo canale d’ ingresso in Italia, infatti, rimane il ricongiungimento familiare (38,9% del totale). Nel resto d’Europa il primato dell’immigrazione per lavoro spetta a Polonia, Spagna e Germania.
«Dopo la pandemia, torna a crescere il numero di contribuenti immigrati», spiega ancora la Fondazione. I numeri anche qui sono significativi visto che stiamo parlando di 4,3 milioni di contribuenti (10,4% del totale), che nel 2022 hanno dichiarato redditi per 64 miliardi di euro e versato 9,6 miliardi di Irpef. Rimane una sperequazione reddituale inchiodata verso il basso: il differenziale di reddito pro-capite tra italiani e immigrati si attesta intorno agli 8 mila euro annui di differenza. Rimane positivo il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate, 29,2 miliardi) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite, 27,4 miliardi), con +1,8 miliardi di euro in attivo. Gli immigrati, prevalentemente in età lavorativa, hanno infatti un basso impatto sulle principali voci di spesa pubblica come sanità e pensioni.
Continua l’aumento degli imprenditori immigrati, che nel 2022 sono 761 mila (10,1% del totale). Secondo il Rapporto «in dodici anni (2010-22), gli immigrati sono cresciuti (+39,7%) mentre gli italiani sono diminuiti (-10,2%)». Incidenza più alta al Centro-Nord e nei settori di costruzioni, commercio e ristorazione.
Flavia Landolfi
redattrice
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