Riparte il Risiko del lusso
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Era l'ultima semestrale, quella di Kering, in programma per ieri dopo i dati – molto positivi – pubblicati nelle ore precedenti da Prada e Zegna. Ma è stata molto più di un resoconto su ricavi e redditività: la notizia è che il gruppo francese Kering – che controlla, tra gli altri Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta e Pomellato ed è il secondo gruppo al mondo dopo Lvmh – ha acquisito il 30% di Valentino da Mayhoola, la società del Qatar che continuerà ad avere la maggioranza della storica maison italiana. Un'operazione da 1,7 miliardi di euro in contanti: l'accordo prevede un'opzione a favore di Kering per acquisire il 100% del capitale sociale di Valentino non oltre il 2028. La transazione fa parte di una più ampia partnership strategica tra il gruppo francese e Mayhoola, che potrebbe portare la società del Qatar a diventare azionista di Kering.
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Il tutto avviene a poco più di una settimana da altri importanti cambiamenti comunicati da Parigi (si veda Il Sole 24 Ore del 19 luglio): Kering ha annunciato l'uscita di Marco Bizzarri, che dal 2015 era ceo di Gucci, marchio di punta del gruppo, e la nomina di Francesca Bellettini, che resta anche ceo di Saint Laurent, a vicepresidente del gruppo. Pure in Valentino sono appena stati annunciati cambiamenti organizzativi nel marketing e comunicazione, mentre sono stati confermati il direttore creativo Pier Paolo Piccioli e il ceo Jacopo Venturini, come è naturale che sia: sono i fautori di un ottimo 2022, con ricavi a +15% a 1,42 miliardi ed ebitda in salita del 18% a 337 milioni.
Poi, appunto, ci sono i dati semestrali di Kering, che confermano come sia l'eccezione alla regola, almeno per ora. Se i ricavi e la redditività di Prada, Zegna, Moncler, Tod's, Lvmh e Cucinelli crescono a due cifre, il gruppo francese è quasi fermo: le vendite del primo semestre sono cresciute del 2% a 10,135 miliardi di euro (+2% a tassi comparabili e correnti), un quarto di quelle di Lvmh, che hanno superato i 42 miliardi. Il risultato operativo è stato di 2,74 miliardi, in calo del 3 % a tassi comparabili, con un'incidenza sulle vendite del 27%.
Nelle ore precedenti all'annuncio di Kering erano proseguiti, come dicevamo, quelli delle semestrali delle aziende e dei grandi gruppi del lusso italiano ed europeo e tutti avevano confermato crescite a due cifre di ricavi e indici di redditività. Ma dalle conference call con gli analisti appare chiaro che già solo il fatto che dalla chiusura dei conti sia passato un mese – caratterizzato dagli ennesimi segnali di incertezza sull'economia e sulla crescita di Paesi come Cina e Stati Uniti – spinge tutti alla cautela.
Nei commenti dei vertici di Prada e Zegna, come era accaduto per quelli di Moncler, Tod's, Lvmh e Cucinelli nei giorni e nelle settimane scorse, si percepisce, certo, la soddisfazione per l'aumento delle vendite del periodo gennaio-giugno, in genere ben distribuito per area geografica e tipologia di prodotto, ma si sottolinea la difficoltà dello scenario globale.
C'è però un altro elemento comune, forse ancora più importante. Proprio perché molti fattori economico-finanziari e geopolitici non possono essere controllati dalle singole aziende, per quanto grandi, occorre continuare a investire sui marchi in portafoglio, sulle strategie commerciali e di comunicazione, sulla transizione digitale e sulla sostenibilità. L'obiettivo è duplice: rendere sempre più desiderabili – quasi indipendentemente dal prezzo – i prodotti e rafforzare il legame con i clienti finali, le community di riferimento di un brand, come ama definirle Remo Ruffini, presidente e ad di Moncler. Per ora, comunque, parlano i numeri: Prada ha chiuso il semestre con ricavi per 2,23 miliardi (+20%), Zegna è arrivato a 903 milioni (+23,9%).
Giulia Crivelli
fashion editor
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