Norme e Tributi
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Norme e Tributi

Interlinea sbagliata nell’atto? Paga le spese anche chi vince la causa

di Patrizia Maciocchi

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(Imagoeconomica)

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Un giudice di pace applica alla lettera il Dm Giustizia n. 110/2023, che detta i criteri di redazione degli atti. E l’avvocatura insorge

13 ottobre 2023
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3' di lettura

La forma è sostanza e la legge è legge. A questo deve aver pensato il giudice di pace di Verona che ha deciso di compensare le spese legali compensate per violazione dei criteri di forma e redazione degli atti giudiziari. Dalla teoria alla pratica il magistrato onorario ha applicato il Dm Giustizia n. 110/2023, in vigore dal 1° settembre, tranne per le controversie che sforano il tetto dei 500mila euro di valore, considerate già a “tavolino” particolarmente complesse. Nel mirino del giudice di pace sono finite in particolare la dimensione dei caratteri, le interlinee tra le righe, i margini, e la sinteticità dell’atto.

Le regole dettate dal Dm

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Il Dm prevede un massimo di 40 pagine, per citazioni e ricorsi, comparsa di risposta e la memoria difensiva, gli atti di intervento e chiamata di terzi, le comparse e note conclusionali, nonché gli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione. Il numero di pagine si abbassa a 26 per le repliche e scende addirittura a 5 pagine per le note scritte in sostituzione dell'udienza la soglia si abbassa a cinque. Nella norma anche l’attenzione alla tecnica da seguire per redigere l’atto: dai caratteri di dimensioni di 12 punti, con interlinea di 1,5 ai margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetr i. Non dettagli per il giudice di pace Veronese che ha deciso per la compensazione delle spese che penalizza, ovviamente la parte vittoriosa, e fa insorgere l’avvocatura che invoca l’intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio. I vincoli imposti dal Dm erano già stati contestati a giugno scorso dall’Associazione nazionale forense che avevano bollato i nuovi criteri come «il punto più basso di una riforma del processo civile nata sotto una cattiva stella e che peggiora di giorno in giorno sotto gli occhi attoniti degli operatori del diritto».

L’avvocatura: intervenga Nordio

A dare corpo ai timori dei legali italiani ci ha dunque pensato il giudice scaligero che ha estratto il cartellino rosso per carattere e interlinea in posizione irregolare. Un “fallo” in virtù del quale anche chi ha avuto ragione in giudizio è stato punito con l’obbligo di partecipare alle spese legali. Al vittorioso dunque nessun rimborso per la parcella dell’avvocato, per il “contributo unificato”, per marche da bollo e notifiche, o esborsi sostenuti per i consulenti.

Ad esprimere quello che in maniera riduttiva si può definire sconcerto è l’Associazione nazionale forense, secondo la quale, ad avviso del segretario generale Giampaolo Di Marco al danno si unisce la beffa. «Vanto un credito e mi pago le spese. Perché? Perché in Italia da qualche tempo la Giustizia è un format, non un potere dello Stato, o meglio è un potere chiuso in sinteticità e chiarezza, in caratteri e spazi inclusi, insomma un format. Poco importa se dietro al format ci sia un debito o un credito, una vita o un eternità. L’importante - sostiene Di Marco - sono sinteticità e chiarezza, in poche righe e senza dar troppo fastidio a chi deve leggere».

La logica conseguenza è invocare un intervento del Guardasigilli Carlo Nordio «chiediamo al ministro Nordio di intervenire prima che si inneschi una deriva dannosa, burocratica e potenzialmente lesiva del diritto di difesa. Avevamo avvertito sui rischi di questa riforma: non si è voluto ascoltare - afferma il segretario dell’Anf - chi tutti i giorni assicura il diritto di difesa dei cittadini e ora è urgente farlo».


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