Economia
Pubblicità

Economia

Ecco le aziende dove si lavora meglio

di Cristina Casadei

Immagine non disponibile

Hilton, Cisco, Biogen e Auditel medaglia d’oro del premio assegnato da Great place to work: la capacità di andare incontro alle esigenze dei dipendenti migliora la produttività, aumenta la fiducia e riduce il turn over

22 marzo 2024
Pubblicità

6' di lettura

«Ascoltiamoli i collaboratori». E «ascoltiamole le aziende». È importante per molte ragioni. Migliorare la produttività, grazie a dipendenti più contenti. Ma anche trattenere e attirare i migliori talenti. Il ceo di Great place to work, Alessandro Zollo, nel raccontare i risultati della ricerca e della classifica di quest’anno, dice che è «la conferma degli studi che facciamo ormai da più di 10 anni in Italia e all’estero. E cioè che le aziende che hanno un’elevata fiducia tra i propri collaboratori, nei confronti dei propri leader e un elevato senso di appartenenza, hanno crescite economiche maggiori ed un valore dell’azienda che è più di tre volte la media del mercato».

Infatti, continua Zollo «crescono del 15% medio negli ultimi 12 anni, contro un dato Istat pari al solo 1%. E, ultimamente, la forbice continua ad aumentare. Si pensi solo che la media della crescita di fatturato rispetto al 2022 delle aziende in classifica è pari al 28%, mentre il dato Istat riferito a industria e servizi nello stesso periodo è appena pari allo 0,60%».

Pubblicità

- Best Workplaces 2024, la classifica e i grafici

La richiesta di flessibilità dei lavoratori

Sentendo la voce dei lavoratori, le migliori aziende attribuiscono molto peso all’aiuto e al supporto in azienda, all’atmosfera, ai capi diretti, ai valori e all’etica. La principale richiesta che sembra emergere nelle migliori aziende è legata alla flessibilità, con tematiche come lo smart working, da perfezionare e implementare. Nelle aziende stabili nelle loro iniziative (indicate con il termine inglese rest che letteralmente indica una condizione di riposo) vengono invece criticati i processi di riconoscimento, quelli di comunicazione, i valori, l’etica e la competenza dei capi diretti. Le aziende, dal canto loro, stanno invece lavorando molto su flessibilità, sostenibilità e inclusione a 360°.

I lavoratori intervistati

La ricerca Great place to work di quest’anno ha coinvolto 379 aziende private, abbastanza equamente distribuite tra piccole, medio piccole, medio grandi e grandi. I lavoratori ascoltati sono stati oltre 219mila: di questi il 55% sono uomini, il 43% donne, mentre il 2% ha indicato un altro genere. La concentrazione più forte si ha nelle fasce di età intermedie: il 6% ha meno di 25 anni, il 26% tra 26 e 34 anni, il 28% tra 35 e 44 anni, una percentuale analoga tra 45 e 54 anni e infine il 12% ha oltre 55 anni. Dal punto di vista organizzativo, stiamo parlando per il 71% di collaboratori senza responsabilità, il 20% sono responsabili di primo livello, il 7% sono responsabili di medio livello e il 2% sono direttori o ceo. La loro anzianità aziendale è inferiore ai 2 anni nel 24% dei casi, da 2 a 5 anni nel 22%, da 6 a 10 anni nel 14%, da 11 a 15 anni nel 10%, da 16 a 20 anni nell’11%, mentre è del 19% oltre i 20 anni.

I settori e i riconoscimenti

Tra le aziende che scelgono di investire tempo e denaro per farsi valutare da Great place to work spiccano alcuni settori, mentre altri appaiono ancora molto indietro. Nel manifatturiero, in generale, c’è una buona predisposizione, così come nei servizi di informazione e comunicazione, o nelle attività professionali, scientifiche e tecniche e nella sanità. Appaiono invece molto indietro le costruzioni, il commercio, i servizi di alloggio e ristorazione. Nessuna sorpresa quindi nei podi e nelle classifiche delle aziende premiate. 

La quota più elevata, il 30%, appartiene all’information technology, seguono a pari livello manufacturing & production e professional services al 15%. Poi all’8% troviamo biotecnologie e farmaceutica, servizi finanziari e assicurazioni. Le aziende dell’health care rappresentano il 5%, i media il 3% così come il retail, mentre sono il 2% ciascuno settori come le costruzioni, le tlc, l’elettronica, l’ospitalità, i trasporti, l’ingegneria, e si ferma all’1% l’agricoltura. Ma vediamo le considerazioni di chi svetta nelle classifiche di ciascuna dimensione aziendale.

L’inclusione

In Hilton, storicamente in vetta alla classifica delle grandi imprese (oltre 500 addetti), il responsabile hr, Fausto Ciarcia, osserva che la strategia di gestione delle persone «ruota attorno alla promozione di una cultura di inclusione, coinvolgimento e sviluppo professionale continuo. Diamo priorità al valore del contributo di ogni dipendente e forniamo ampie opportunità di crescita e avanzamento professionale attraverso iniziative di formazione personalizzate, sviluppo del “leadership” e programmi di “mentorship”. In termini di selezione e ritenzione del talento, la nostra strategia si concentra sull’offerta di una formazione completa, regimi di lavoro flessibili e pacchetti retributivi competitivi».

Una “best practice” sviluppata nel 2023, racconta Ciarcia, «è l’approccio “Every Job Makes The Stay”, che sottolinea l’importanza di ogni ruolo all’interno della nostra organizzazione. Questo approccio enfatizza la creazione di percorsi di crescita e la flessibilità per i dipendenti di trasferirsi tra ruoli o sedi».

L’inclusione è centrale anche per Cisco che è il miglior luogo di lavoro tra le aziende medio grandi (150-499 addetti). Il ceo Gianmatteo Manghi, racconta della strategia aziendale volta a «potenziare un futuro inclusivo per tutti. Siamo impegnati a promuovere una cultura aziendale consapevole, favorendo la comunicazione bidirezionale e fornendo strumenti che facilitano la collaborazione. Il benessere mentale e fisico dei nostri dipendenti è una priorità assoluta, e promuoviamo un modello di lavoro flessibile così come iniziative per la sostenibilità ambientale. Questo approccio ci permette di attrarre e trattenere i talenti, e di assicurarne il riconoscimento».

La strategia di Cisco per i talenti include un’enfasi sull’inclusività, la parità retributiva, lo sviluppo professionale e la diversità nelle assunzioni. Nel 2023, continua Manghi, «Cisco ha identificato nelle “Inclusive Community” la chiave per evolvere il proprio modello organizzativo in risposta alle attuali dinamiche del lavoro, dove il distanziamento fisico richiede nuove forme di coinvolgimento e collaborazione. Queste comunità, basate sulla spontaneità e sull’autorevolezza, promuovono iniziative e relazioni partendo dal basso. Cisco Italia ha adottato questo modello, promuovendo spazi collaborativi che stimolano la co-creazione e l’apprendimento congiunto, contrastando l’isolamento e rinforzando la coesione tra i team».

La partecipazione

Auditel è in cima al podio delle small companies (10-49 addetti) e il suo ceo, Paolo Lugiato, ci spiega che la società «dal punto di vista delle risorse umane compete con i giganti del digital. Ergo, abbiamo lavorato, con successo, a un progetto per attrarre e trattenere le migliori risorse giovani oggi sul mercato, investendo sulla retention e azzerando, così, il turnover».

Come? «Utilizzando tre leve. La prima è il lavoro per obiettivi, da cui derivano smart working e settimana flessibile. La seconda è il welfare aziendale con la piattaforma servizi, le assicurazioni per dipendenti e familiari e il premio di risultato. La terza è il senso di appartenenza: ogni dipendente ha la possibilità di incidere sulla vita aziendale partecipando a uno o più degli 8 comitati: benefit, cultura, eventi, flessibilità, identity, sostenibilità, spesa, work environment. Un radicale cambio di prospettiva: il dipendente non critica i propri capi ma, quando vede che qualcosa potrebbe funzionare meglio, partecipa proattivamente per incidere sul risultato». In Biogen, che svetta tra le società di medie dimensioni (50-149 addetti), le persone sono considerate «il cuore e il motore dell’azienda, per questo siamo costantemente impegnati a creare le condizioni affinché le nostre persone si sentano bene all’interno dell’organizzazione», afferma l’amministratore delegato per l’Italia, Giuseppe Banfi. Con questo obiettivo, «da diversi anni abbiamo creato un team interfunzionale, guidato dal dipartimento Risorse Umane, il cui scopo è raccogliere idee ed esigenze dai colleghi per creare iniziative che possano contribuire a migliorare il nostro ambiente lavorativo».

La sfera personale e quella professionale, infatti, sono sempre più interconnesse e questo rende necessario «investire sugli elementi attinenti il benessere individuale. Nel 2023 abbiamo creato l’iniziativa “Wellbeing Academy”, una vera e propria accademia con appuntamenti mensili dedicati a tutti i dipendenti, a cura di professionisti esperti in varie tematiche: dal benessere finanziario a quello fisico, dalla salute mentale alla genitorialità». Il successo dell’iniziative ha portato ad ampliarla e a crearne una versione digitale.

La soddisfazione

Tra le aziende che sono state sentite, c’è una progressiva crescita del trust index, ossia l’indicatore del clima di fiducia interno, proveniente dalle risposte di ciascun dipendente che ha preso parte alla survey standard di 60 affermazioni di Great Place to Work. Se nel 2019 era pari all’81%, oggi è salito all’89% tra le aziende best workplaces in Italia. Dinamica positiva anche per la overall satisfaction, l’indicatore singolo legato all’affermazione “Tutto considerato, direi che questo è un eccellente ambiente di lavoro, che rappresenta una valutazione più istintiva, riassuntiva e diretta dell’ambiente di lavoro”: il suo valore era dell’86% nel 2019, oggi è invece salito al 92%. Da notare che le differenze in termini di trust index tra le migliori aziende e quelle che mantengono la posizione in quasi tutte le categorie è vicino alle 2 cifre.

Il costo occulto del turnover

Il presidente di Great place to work, Beniamino Bedusa, osserva che «anche quest’anno emerge in maniera molto accentuata come le aziende che ascoltano tutte le proprie persone e mettono in atto concreti piani di miglioramento basati sul feedback dei propri collaboratori, minimizzano il turnover, riducono con azioni mirate (non solo economiche) gli impatti inflazionistici e riescono a comprendere, gestire e selezionare i migliori talenti della generazione Z». Guardando i dati e le differenze, nel 2023 è stato registrato un turnover medio del 5% nelle aziende best workplaces e del 10% in quelle rest. Il costo nascosto del turnover che implica investimenti su selezioni e assunzioni e contempla il rischio di perdita di produttività è del 60% rispetto alla Ral. Se invece andiamo a vedere i tassi di crescita del personale tra aziende Best e Rest, nel primo caso è del 13%, mentre nel secondo del 9%. Considerando questi dati, un’azienda che presenta un alto turnover va incontro ad un significativo aumento dei costi nascosti, nell’ordine del doppio rispetto ad un’azienda best.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy