Rutelli, tutte le voci del cinema perché il pubblico si innamori dei film prodotti in Italia
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Dice Marco Bellocchio che in 60 anni di lavoro non ha mai visto nel cinema una piena occupazione come adesso: «Tutti lavorano! A Cinecittà non si trova un teatro libero!». «É vero - dice Paolo Genovese (regista di “Perfetti sconosciuti”) - ma da un punto di vista artistico non basta. Una volta i produttori non controllavano tutto, davano fiducia agli autori. Ora le piattaforme hanno l’esigenza di riempire gli scaffali, come al supermercato. E tutti vorrebbero la Nutella: dare al pubblico ciò che al pubblico piace, con un approccio scientifico. Dovremmo invece dare al pubblico anche ciò che ancora non sa». Tre generazioni a confronto, nel secondo “Dialogo sul futuro del cinema”, organizzato da Fondazione Cinema per Roma e Anica, con Cinecittà e Siae, sul tema: “Può esistere un cinema italiano capace di conquistare il pubblico italiano ed europeo?”. Ha coordinato l’incontro Andrea Minuz, docente alla Sapienza.
La terza generazione è quella di Pietro Castellitto che ha portato ottimismo: «Il film d’autore sintetizza la vita attraverso una visione. Credo che questo cinema stia ritornando. Credo che partendo da se stessi si possa arrivare anche a un cinema nazional-popolare» .Bellocchio, proprio in virtù della piena occupazione, ha invitato il governo a stare attento a tagliare i finanziamenti al cinema: «Sarebbe anzi il momento di spingere la produzione, perché anche da una situazione come questa si promuove la qualità».
Sul palco c’erano poi tre sceneggiatrici. Valia Santella (ha lavorato con Bellocchio, con Moretti, con Ozpetek) è intervenuta contro la “dittatura della trama”: «Il cinema deve mostrare gli interrogativi dell’autore, il punto di vista, la sua visione. Trovare un equilibrio fra queste due parti». Francesca Manieri (“Il primo re”, la serie “Anna”), ha confessato un disagio: «Nelle tragedie di questi giorni, mi chiedo: cosa sto facendo rispetto quello che succede? C’è una divaricazione fra il cinema e la società civile». Secondo Monica Rametta (ha lavorato con Archibugi, Rubini, Corso Salani): «Il futuro è: grandissime produzioni e produzioni molto piccole».
Salvatore Nastasi, presidente Siae, ha mandato un saluto in apertura: «Alla fine del 2023 il cinema raggiungerà i livelli pre-Covid. Ma ci confrontiamo con vari problemi: scarsa competitività a livello internazionale, scarsa capacità di investire, troppe opere a basso budget».
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