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Le metafore poetiche di Alberto Capitta

di Rossana Dedola

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In La tesina di S.V., Il Maestrale, domina una visione caleidoscopica del dolore e della perdita, dove la nozione comune del tempo sembra bandita

26 marzo 2024
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2' di lettura

In La tesina di S.V., Il Maestrale 2023, Alberto Capitta si inoltra nel buco nero della perdita attraverso continue acrobazie verbali. La lettura di una tesina di fine anno che sconcerta l’insegnante e tiene sospesa tutta la classe, si trasforma nella narrazione del dolore e dello smarrimento che accompagnano la scomparsa di un ragazzo dileguatosi all’inseguimento di una palla.

A fianco di alcuni protagonisti della letteratura per ragazzi, da Finn di Mark Twain sino al Cosimo rampante di Italo Calvino, il protagonista, indicato solo con le iniziali S.V., si perde nella selva oscura dell’adolescenza, la nuova dolorosa condizione in cui è precipitato.

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S.V.

All’inizio S.V. trova rifugio in un vagone ferroviario abbandonato nel bosco dove l’incanto bruciante che ha intorno e dentro di sé lo mette a confronto con una natura non da piegare alle proprie necessità, ma che si china su di lui, lo guarda, lo tocca, ed è viva, senziente. Dentro questa dimensione che non conosce differenze o salti tra mondo animale, vegetale e minerale si materializzano gli stati d’animo, le patologie mentali e fisiche del ragazzo che agiscono anch’esse come entità separate: l’apatia “accende incensi” e abbindola con le sue moine, l’insonnia strazia, ma regala anche “abbagli, scintille e stelle”.

Metafore poetiche

Solo metafore poetiche sembrano in grado di mettere a nudo tutte le ferite e le piaghe della dimensione dell’assenza e della perdita in cui il protagonista è sparito. Spostandosi dal vagone al Bar di Passaggio popolato solo da asini che si rivelano sogni, alla Casa del Pescatore e infine al Rifugio degli Amanti, S.V. sembra far ritorno gradualmente tra gli esseri umani, ma tenendosi sempre a grande distanza. Tra un continuo sfrangiarsi del mondo esterno e di quello interiore che perdono i loro contorni per rovesciarsi in altre sfere di realtà, come negli altri bei romanzi di Capitta, da Creaturine a Il cielo nevica, a Alberi erranti e naufraghi, piante, paesaggi, animali non sono solo accanto al protagonista, ma vivono dentro di lui che si rivela abitato da uccellini. Se lo splendore della natura si accende davanti ai suoi occhi, e il sole “viene giù a mestolate”, “a catinelle”, e l’erba sprigiona “settanta verdi”, basta un pensiero per annerire tutto. Le metafore di cui è disseminato il racconto spingono il lettore a confrontarsi in continuazione con una visione caleidoscopica del dolore e della perdita dove la nozione comune del tempo sembra bandita. Al di sopra dell’esistenza umana, una dimensione cosmica, che non dimentica mai il coltello piantato nel cuore, abbraccia con i piatti della Bilancia astrale la vita straziata che si svolge ai suoi piedi, partecipando al moltiplicarsi delle immagini sull’amore di chi perde e di chi si è perduto.

La tesina di S.V., Alberto Capitta, Il Maestrale, pagg. 304, €20,00


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