di Andrea Marini
Tassa extraprofitti banche, Salvini: "Non è esproprio proletario, ma tutela dei lavoratori"
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La discussione sulla Manovra è di fatto già iniziata, ma entrerà nel vivo subito dopo la pausa estiva della settimana di Ferragosto. L’obiettivo è trovare la quadra tra le spese da finanziare e le risorse da ottenere. Il ministero dell’Economia punta a fare tutto il possibile per concentrare le risorse sulle misure per mettere in moto l’economia, per dare una spinta al lavoro e per favorire i redditi bassi (il che significa confermare almeno il taglio del cuneo). Ma le risorse su cui fare affidamento sono poche. Ed è su questo fronte che si concentrerà la discussione.
L'impatto dell'imposta straordinaria sui profitti delle banche, prevista dal decreto Omnibus incardinato alla Camera lunedì scorso, stando alle prime indicazioni, non dovrebbe superare i 2 miliardi di euro nel 2024. Si tratta pur sempre di entrate una tantum e come tali non utilizzabili, ad esempio, per sostenere in parte un intervento strutturale di riduzione dell’Irpef (che varrebbe 3-4 miliardi). Inoltre la misura potrebbe essere rivista durante l’iter parlamentare (come già annunciato da Forza Italia), e quindi l’incasso è tutt’altro che sicuro in questi termini.
La possibilità di ricorrere a nuovo deficit di fatto non c’è. Bisognerà verificare cosa scriverà il governo a fine settembre nella Nota di aggiornamento al Def, ma già nei saldi del Def di aprile scorso c’era uno scarto tra il deficit tendenziale previsto il prossimo anno (3,5%) e quello programmatico (3,7%) dovuto alle misure previste dal Governo. Difficile che il governo possa presentarsi al tavolo delle trattative a Bruxelles sulle nuove regole di bilancio con una richiesta di maggior deficit. E i paesi Ue più rigoristi sono già pronti a mettere i conti italiani sotto la lente.
Il governo ha appena deliberato una spendig review per i ministeri che permetterà di risparmiare 1,5 miliardi. Si potrebbe decidere di intervenire ancora per ridurre la spesa pubblica corrente al netto degli interessi, che si attesta a 886 miliardi nella previsione 2023.
Ma un possibile intervento potrebbe riguardare anche il capitolo delle esenzioni fiscali (vale a dire detrazioni, deduzioni, imposte sostitutive, aliquote ridotte, crediti di imposta che per i contribuenti sono di fatto una sorta di sconto sull'imposta da versare), visto che la delega fiscale , approvata in via definitiva dalla Camera il 4 agosto, prevede un intervento su questo fronte: 740 agevolazioni per un minor gettito di 128,6 miliardi (83,2 miliardi a carico dell’erario, 45,4 miliardi della fiscalità locale, pari nel totale al 6,8% del Pil).
Sta di fatto che se si prendono in considerazione conferma del taglio al cuneo fiscale, premi di produttività, risorse per sanità, contratti del pubblico impiego, missioni internazionali, enti locali, primo intervento sulla riforma fiscale, fino all’avvio del Ponte sullo Stretto di Messina, si arriva quasi a 30 miliardi necessari per il 2024. Ma al momento, di risorse certe ci sono i 4,5 miliardi messi a disposizione delle sconstamento di aprile e 1,5 miliardi della spending review.
Il tutto a fronte di un Pil che, alla luce del calo a sorpresa del secondo trimestre 2023, potrebbe alla fine posizionarsi lontano dal +1,5% nel 2024 previsto dal Def di aprile, costringendo quindi a rivedere anche i parametri di deficit e debito. Senza considerare che nella primavera 2024 ci saranno le elezioni Europee e sarà sempre più difficile frenare la richiesta di spese dei partiti della maggioranza.
Andrea Marini
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