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Fed, ecco perché la stretta proseguirà anche a luglio

di Riccardo Sorrentino

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Il presidente della Federal reserve Jerome Powell

Il presidente della Federal reserve Jerome Powell

A giugno i governatori avevano indicata in 50 punti base il rialzo complessivo necessario: condizioni finanziarie non ancora compatibili con la lotta all’inflazione

26 luglio 2023
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3' di lettura

Ancora un rialzo. Le indicazioni degli analisti sono univoche, sull'esito della riunione di luglio della Federal reserve: il costo ufficiale del credito dovrebbe salire quindi al 5,25-5,50%. L'incertezza – solo relativa – riguarda piuttosto le mosse future: ci sarà un ulteriore rialzo? Il comitato di politica monetaria (Fomc) darà l'indicazione di essere pronta a fare nuovi passi?

I governatori prevedono un altro rialzo

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Lasciare la porta aperta a nuovi rialzi non sarebbe una scelta peregrina o inattesa. I “dots”, i famosi “punti” con i quali la Fed indica le previsioni di ciascun componente del Fomc sul futuro andamento dei tassi, esprimono del resto una mediana del 5,50-5,75%: la maggioranza dei governatori, quindi, pèunta a un costo del credito più alto di almeno altri 25 punti base. Solo due vorrebbero un ulteriore rialzo di 50 punti base, e uno di 75.

Condizioni finanziarie non restrittive

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Persistono peraltro buoni motivi per continuare ad alzare i tassi. Dai dati emerge che la stretta, molto evidente “a monte” della cinghia di trasmissione della politica monetaria, non è ancora sufficientemente incisiva “a valle”. L'indice delle condizioni finanziarie della Fed di Chicago, che riassume la situazione degli effetti della stretta, non è solo lontanissima dal massimo storico, ma resta al di sotto di quota zero – ed è quindi in zona “espansiva” – e addirittura sembra volersene allontanare.

Le aspettative dei mercati

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Se si volessero valutare, del resto, gli effetti della politica monetaria sui mercati finanziari, dove si ha il primo impatto, ne emergerebbe una situazione non certo univoca. L'indice di Borsa Whilshire 5000, il più completo, dopo aver accusato il colpo della stretta, ha ripreso a salire. Non molto diverso l'andamento dei prezzi delle case, sensibili all'andamento dei mutui e del loro costo, che dopo una timidissima flessione si sono stabilizzati. Il cambio effettivo del dollaro è stabile (ma evidentemente risente anche della politica monetaria restrittiva degli altri paesi.

Prestiti in frenata

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Anche l'andamento dei prestiti industriali e commerciali – meno importanti negli Stati Uniti che in altri Paesi per il finanziamento delle imprese – segnala sì un costante rallentamento nei ritmi di crescita annui, che resta però ancora positivo (sia pure non con la velocità ancora sostenuta, per esempio, di Eurolandia). La stretta, insomma, si fa sentire, ma non arriva dappertutto e, soprattutto, non arriva nelle dimensioni desiderate.

Domanda ancora molto forte

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La questione è che la domanda resta molto forte. L'intervento pubblico resta generoso: le spese correnti sono sicuramente inferiori a quelle “pandemiche”, ma sono comunque in crescita costante dal primo trimestre del 2022. La Fed è inoltre preoccupata dell'andamento del mercato del lavoro. Anche le assunzioni sono in rallentamento, ma i numeri mensili sono ancora superiori alla media del periodo 2011-2023. Non è un'indicazione esaustiva – il mercato del lavoro, in questa fase soprattutto, va valutato esaminando molte variabili – ma spiega i timori dei banchieri centrali Usa.

Il paradosso delle retribuzioni

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Analogamente, anche per il continuo disallineamento tra le competenze domandate e quelle offerte, continuano a salire le retribuzioni, a un ritmo annuo che resta superiore al 4%. Ottima cosa, in circostanze normali, mentre in una fase di alta inflazione crea qualche inquietudine in più: giustificati sul piano microeconomico, rendono molto difficile il trattamento dell'inflazione con uno strumento macro, e piuttosto “brutale” – ma inevitabile - come il rialzo dei tassi di interesse.

Giustificati anche nuovi rialzi

Il mantenimento di un orientamento restrittivo trova quindi molte giustificazioni anche in uno sguardo superficiale della situazione macroeconomica, anche tenendo conto del fatto che la politica monetaria agisce sempre con un ritardo lungo e variabile. La speranza della Fed di aver aperto una fase in cui contava ormai la durata della fase restrittiva e non il livello dei tassi è andata probabilmente delusa, e lasciare aperta la porta a nuovi rialzi ha sufficientemente senso.

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