di Paolo Mondo*
Verso un nuovo modello industriale per far fronte ai rischi globali
4' di lettura
Il Global Risks Report 2024 appena pubblicato dal World Economic Forum tratteggia uno scenario inquietante e di crescente incertezza, caratterizzato dalla frammentazione geopolitica e dalle difficoltà di cooperazione internazionale.
Tra i principali rischi segnalati – su cinque aree: Economia, Ambiente, Geopolitica, Società, Tecnologia - riprendiamo qui quelli che più hanno impatto sulla gestione della Supply Chain e proviamo ad abbozzare le strategie per affrontarli.
Per i prossimi due anni troviamo, fra altri:
• Eventi climatici estremi
• Mancanza di Sicurezza informatica
• Conflitti armati tra Stati
• Inflazione
• Recessione economica
Con un orizzonte temporale di 10 anni, invece, oltre ai già citati
• Eventi climatici estremi
• Mancanza di Sicurezza informatica
Si aggiungono, fra altri:
• Carenza di risorse naturali
• Disinformazione
• Impatti negativi delle tecnologie AI
E’ del tutto evidente che questi fattori di rischio hanno impatto rilevante su:
• costi e reperibilità delle materie prime
• prezzi, disponibilità e tempestività delle forniture
• evoluzione ed affidabilità della base fornitori
• costi, tempi e sicurezza dei flussi logistici
• affidabilità di informazioni e comunicazioni nel network di fornitura
E’ recente la crisi del Mar Rosso, innescata dagli attacchi degli Houti, ribelli yemeniti, alle navi in transito verso il canale di Suez. Le conseguenti difficoltà e pericoli a far transitare le navi mercantili lungo quella rotta impongono ormai, per le spedizioni dal Far East all’Europa, la circumnavigazione del continente africano (allungando la percorrenza di 3.600 miglia nautiche) con ritardi di consegna di oltre un mese. Secondo il monitoraggio Drewry, dopo le prime due settimane del 2024, i transiti di Suez sono diminuiti del 64% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre i transiti attraverso il Capo di Buona Speranza sono aumentati del 168%. Anche il ricorso al trasporto aereo ha subito un incremento con conseguenti rialzi dei noli, che hanno toccato il picco di 4.50$ a metà dicembre. I costi logistici lievitano: le rotte più lunghe implicano maggiori consumi e maggiori emissioni, aumentano costi assicurativi, si riduce la disponibilità dei container e delle navi impegnati per periodi più lunghi. Il prezzo dei container dalla Cina è cresciuto oltre i 6.000$ dai 1.500$ di inizio dicembre. I ritardi nelle consegne stanno inducendo i grandi gruppi industriali, soprattutto le multinazionali (vedasi Tesla e Volvo), a tagliare le produzioni. I beni di largo consumo provenienti dal Far East rischiano di alimentare l’inflazione in Europa.
Il conflitto Russo-Ucraino, invece, ha conseguenze sulla filiera alimentare, in particolare per quanto riguarda i cereali. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Russia e l’Ucraina rappresentano più del 25% del commercio mondiale di grano e più del 60% di quello dell’olio di girasole, oltre che il 30% delle esportazioni di orzo.
La Russia, inoltre, è anche un grande esportatore di fertilizzanti, dato che potrebbe avere un impatto sulle rese delle colture a livello globale. D’altra parte, nel corso degli ultimi anni, l’Ucraina ha aumentato costantemente le sue esportazioni, diventando un importante fornitore di materie prime, prodotti chimici e macchinari. In ognuno di questi casi, l’aumento dei prezzi e la discontinuità nell’approvvigionamento sono già una realtà.
Come rispondere a queste complessità? ll report stesso sviluppa quattro possibili macro tipologie di approccio, tra loro non alternative bensì da attivare in combinazione.
1. Strategie di localizzazione, implementabili dal singolo Paese o stakeholder
2. Discontinuità, ovvero tecnologie e processi innovativi
3. Iniziative collettive, che richiedono più Paesi e/o stakeholder di agire in modo congiunto
4. Coordinamento internazionale, che implica la collaborazione tra Paesi e/o stakeholder.
Dal punto vista della gestione della Supply Chain, questo si traduce nell’incrementare la visibilità e consolidare una pratica di gestione attiva del rischio. D’altra parte, le catene di fornitura sono sempre più network globali complessi ed interconnessi e, pertanto, più fragili ed esposti agli eventi perturbativi esterni. Robusti protocolli, abilitati dalle tecnologie digitali come AI, di real time monitoring, contingency planning e rapid response, attivano dinamicamente una serie di leve come:
• diversificazione dei fornitori
• predefinite alternative di fornitura (per es. dual sourcing)
• predefiniti siti produttivi aternativi
• predefinite rotte logistiche alternative
• nearshoring
• make vs buy
• collaborazione e pertnership con la filiera e tra pari
• canali di comunicazione alternativi
Occorre rivalutare il contesto in modo continuo e costruire scenari alternativi con il supporto di una intelligence evoluta, così da configurare le proprie risposte alla evoluzione dei rischi, garantendo resilienza e adattabilità. Questo richiede, anche, una protezione informatica del proprio database, delle proprie comunicazioni e delle proprie fonti informative: Cybersecurity e Blockchain sono ormai una esigenza ineludibile.
E’, in qualche modo, un cambio del paradigma del modello industriale, nel quale il Supply Chain Management – grazie alle nuove tecnologie digitali - non si limita a focalizzarsi sulla ricerca dell’efficienza (per esempio nei trasporti, nelle scorte e nel capitale circolante, nelle economie di scala nella produzione e nella distribuzione, …), ma, sviluppando visibilità, flessibilità e adattabilità e migliorando il time to market, diventa un fattore differenziante per la continuità del business e per il posizionamento competitivo.
* Senior Executive Advisor - NTTData
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