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Boom delle università telematiche, +410% di immatricolazioni

di Redazione Scuola

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Boom delle università telematiche, +410% di immatricolazioni

Boom delle università telematiche, +410% di immatricolazioni

I dati emersi dal convegno “Università tradizionali e telematiche. Perché una guerra non ha senso”

10 aprile 2024
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3' di lettura

In Italia il 13% dei laureati arriva da università telematiche. Sviluppatesi dal 2003, hanno avuto un buon successo soprattutto presso chi ha bisogno di un titolo di studio universitario e lavora. Sono partiti da questa premessa Marco Bassani, professore di storia delle dottrine politiche dell'Università telematica Pegaso e Carlo Lottieri professore associato di filosofia del diritto presso il Dipartimento di Scienze giuridiche di Verona, che hanno organizzato il convegno “Università tradizionali e telematiche. Perché una guerra non ha senso”, in corso alla Camera. Negli anni del Covid - è stato detto durante il convegno - si è registrato un + 410 per cento delle immatricolazioni alle telematiche «e questo deve fare riflettere».

In Italia pochi laureati

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«L'Italia ha un numero bassissimo di laureati, è penultima in Ue prima solo della Romania e le telematiche allargano la platea sia di chi è sotto i 25 anni sia degli studenti - lavoratori. In un mondo che cambia velocemente bisogna andare ad una liberalizzazione che permetta ad ognuno di dare il meglio», hanno affermato i due docenti. Secondo i quali «il conflitto tra università telematiche e tradizionali è paradossale dopo che per almeno due anni accademici, a causa della pandemia, anche le università tradizionali sono state costrette ad adottare tecnologie per l'insegnamento a distanza. Hanno potuto dunque misurarne le differenze rispetto alle loro metodologie: ne hanno potuto comprendere i limiti ma anche le grandi potenzialità».

Identikit degli studenti

Secondo una recente indagine della Fondazione Einaudi, oggi gli studenti delle telematiche sono per lo più lavoratori che vivono nel Mezzogiorno, l'area del Paese in cui più si avverte l'esigenza di migliorare il capitale umano. Oltre a questo, in Italia ci sono circa 18 milioni di diplomati che non hanno alcun tipo di istruzione terziaria. A oggi, gli atenei telematici - è emerso - intercettano le esigenze di quasi 250 mila persone, ossia il 13% del totale studenti universitari italiani, senza gravare sui conti pubblici (perché le risorse provengono dalle rette versate dagli studenti) e proponendo una realtà universitaria più varia, plurale e in grado di rispondere alle richieste di segmenti diversificati del corpo studentesco.

Metodo innovativo

«Per affrontare le sfide dell'istruzione, è fondamentale adottare un metodo innovativo che metta al centro la massima autonomia degli istituti, al fine di favorire l'emergere di strumenti didattici e progetti educativi adattabili alle mutevoli esigenze degli studenti e alle richieste del mercato del lavoro. È anche essenziale promuovere una cultura che valorizzi la competizione tra atenei, in generale, e tra istituti tradizionali e telematici, così da arricchire l'offerta formativa e preparare gli studenti e i manager a un futuro sempre più dinamico e globale», ha detto Marco Bassani.

Ruolo sociale

«Riconoscere il ruolo sociale delle telematiche significa rispondere alle aspettative di chi non ha potuto laurearsi in passato, di chi non ha le risorse per trasferirsi in una città universitaria e di chi non può permettersi di studiare senza lavorare. Il legislatore, dunque, invece di contrastare, dovrebbe liberalizzare un sistema universitario oggi irrigidito da una fitta regolamentazione, che ostacola qualsiasi tipo di innovazione».
«È indubbio che le società del futuro saranno caratterizzate da un costante ricorso alle telematiche e, già oggi, emerge l'esigenza di essere costantemente aggiornati e capaci di apprendere. In questo senso, va mantenuto un rapporto positivo con l'innovazione didattica, valorizzando le opportunità offerte dalla tecnologia. Contrastare soluzioni didattiche innovative sarebbe irresponsabile: è essenziale, invece, premiare il valore e la competenza, anziché limitarsi a favorire un'unica modalità di insegnamento. Da questo punto di vista, sarebbe un errore obbligare gli atenei telematici ad assumere centinaia di nuovi docenti; la metodologia telematica è del tutto diversa da quella in presenza e i nuovi assunti non sarebbero in alcun modo impiegabili: senza contare che ciò obbligherebbe ad alzare considerevolmente le rette», ha concluso Carlo Lottieri.

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