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Import di vini francesi, la domanda resta forte (solo) per i top di gamma. Ma i listini sono in calo

di Emiliano Sgambato

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Import di vini francesi, la domanda resta forte (solo) per i top di gamma. Ma i listini sono in calo

Import di vini francesi, la domanda resta forte (solo) per i top di gamma. Ma i listini sono in calo

Per Sarzi Amadè fatturato sostanzialmente stabile nel 2023 dopo anni molto positivi: poche difficoltà per le eccellenze, ma ora le “en primeur” dei bordolesi sono al ribasso. In Italia i prezzi alti anche per la fascia media hanno cominciato a causare qualche frenata negli acquisti

28 maggio 2024
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4' di lettura

Da un lato gli italiani sono sempre più attenti a premiare le bottiglie nazionali, così come accade con gli altri prodotti del mondo food&beverage sull’onda del “sovranismo alimentare”. Dall’altro i consumi però languono e le esportazioni del vino made in Italy registrano una battuta d’arresto dopo anni di crescita. Ma qual è lo scenario del mondo del vino se lo si guarda dal lato delle importazioni (e delle rispettive vendite nei ristoranti di fine dining italiani)?

Le grandi bottiglie francesi sono ancora il punto di riferimento? Per il mercato mondiale sicuramente sì e dalla capacità dei francesi di valorizzare il prodotto e di fare squadra gli italiani hanno di certo molto da imparare. Il loro fascino non tramonta, soprattutto se guardiamo alla parte più esclusiva del mercato, che è ripartita con uno sprint dopo il Covid, anche in Italia. Tuttavia si comincia a registrare qualche difficoltà, soprattutto se si esce dal gotha dei domain super blasonati, non molto diversamente da quello che sta succedendo sul resto del mercato horeca, dove la distribuzione sta vivendo un momento di rallentamento dopo un periodo di sprint. Anche a causa, probabilmente, di ricarichi troppo elevati sulle bottiglie da parte degli esercenti.

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Ad aiutarci a analizzare il mercato è un importatore storico specializzato sui vini francesi come Sarzi Amadè, per cui le bottiglie d’Oltralpe - soprattutto di Borgogna e Bordeaux (150 i Châteaux bordolesi in esclusiva per l’Italia) ma anche Alsazia, Champagne, Valle del Rodano - rappresentano circa il 60% del portafoglio (30% le italiane, molto cresciute negli ultimi anni e il 10% il resto del mondo, per un totale di circa 400 referenze).
La fascia top rimane molto richiesta e anzi si fa fatica a soddisfare la domanda dei ristoranti italiani perché è difficile in primo luogo ottenere le bottiglie che i clienti richiederebbero. Ma come vanno interpretati i forti ribassi registrati dai Bordeaux “en primeur” 2023 (in sostanza gli acquisti in anteprima quando i vini non sono ancora in bottiglia, ndr)?
«È ormai chiaro che l’annata 2023 sarà nel segno della contrazione dei prezzi anche per gli châteaux più quotati. Stiamo ancora aspettando i prezzi di vini importanti come Petrus, château più ambito dal mercato e distribuito in assegnazione diretta da 10 anni dalla nostra società - commenta Alessandro Sarzi Amadè - ma i listini di alcune tra le aziende più prestigiose che trattiamo sono già arrivati e hanno registrato un calo tra il 20 e il 30% rispetto all’annata precedente. Parlo ad esempio di Château Lafite-Rothschild e Château Cheval Blanc».

C’è dunque un calo di interesse per i bordolesi o è “un riassestamento” dopo il picco degli ultimi anni? «La tendenza è un riallineamento dei prezzi all’era pre-covid. Però la voce di questa prossima riduzione di prezzo (le bottiglie dell’annata 2023 saranno consegnate dal 2027, ndr) ha scatenato l’interesse di buyer e clienti affezionati, tanto che abbiamo registrato fin dall’inizio del mese un aumento della domanda per le bottiglie di fascia alta».

Lato Borgogna, si registrerà lo stesso calo dei prezzi? «I prezzi dei vini borgognoni sono più o meno stabili, con le normali eccezioni del caso, ma negli ultimi dieci anni anche i prezzi della Borgogna sono aumentati costantemente, perciò è normale che, con i primi riscontri dell’en primeur di Bordeaux, il sentiment attuale degli operatori sia prudente», dice il distributore.

La difficoltà non è quindi “piazzare” i vini top di blasonate cantine francesi come Louis Latour, maison borgognona con la quale Sarzi Amadé vanta una partnership ultratrentennale - «da quando mio padre ci caricava in auto e partiva con tutta la famiglia a bussare “porta per porta”, cercando di conquistare i vignerons e superare la loro diffidenza» -. La difficoltà «è averne abbastanza da scontentare il minor numero di clienti possibile, che poi è il segreto di un bravo distributore».
È il caso di Caisse Ultime Six, un’edizione limitata (250 pezzi) e inedita di 6 Grand Cru che racconta il 2022 di Louis Latour, maison fondata nel 1797, oggi gestita dall’undicesima generazione della famiglia; La “cassa” è venduta in 40 Paesi e Sarzi Amadè ne ha a disposizione 15 esemplari in esclusiva per l’Italia.

«A volte l’Italia viene penalizzata in termini di numero di bottiglie concesse rispetto ad altre piazze mondiali. A mio modesto parere a torto, vista l’importanza della nostra gastronomia, della crescita delle nostre etichette e dell’andamento del turismo internazionale nel nostro paese - continua Sarzi Amadè -. Nel 2023 la crescita è stata decisamente inferiore rispetto ai due anni precedenti a causa di guerre, inflazione e tassi di interesse che ci hanno molto ostacolato. Ma ha influito anche la carenza di bottiglie di fascia alta e altissima, soprattutto dalla Borgogna, che ci avrebbero consentito una crescita del 17 per cento. In ogni caso siamo soddisfatti, perché superiamo i risultati del 2019». Che aveva chiuso a 8,4 milioni di euro contro i 12,7 milioni del 2023, comunque in crescita sui 12,5 del 2022 e con un utile di circa 1,5 milioni.

L’auspicio è che il 2024 possa essere un’annata meno difficile, ma a preoccupare è la fascia media e nonostante gli “sconti” en primeur il mercato sembra far fatica a ripartire.
«L’alto di gamma per la ristorazione di lusso è un mercato a parte, praticamente mai in crisi. Qualche problema in più arriva quando si scende, anche non molto, di fascia: i prezzi delle bottiglie si sono alzati molto nel post covid e anche la clientela abituata a spendere comincia ad avere qualche difficoltà. In particolare lo champagne, che rimane un punto di riferimento mondiale e di cui l’Italia resta tra i principali mercati, negli ultimi anni ha aumentato molto i listini e piazze come la nostra ne risentono. Ma questo discorso inparte vale anche per le etichette italiane che hanno alzato i prezzi molto velocemente, a causa dei costi più alti ma spesso pure per volontà di posizionarsi diversamente. Anche per questo è essenziale il lavoro che noi, che siamo da sempre cresciuti soprattutto con l’estero, stiamo facendo con le etichette italiane, in modo simile ad altri distributori: molte vogliono emergere ed è più facile farlo attraverso chi sa selezionare e raccontare le eccellenze, dandogli magari la possibilità di entrare in carte di vini prestigiose».

 

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