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Doppia lettera d’infrazione dell’Europa all’Italia su balneari e assegno unico. Sul primo fronte si bacchetta Roma per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkenstein per quanto riguarda il regime normativo che disciplina le concessioni di spiagge e arenili. La Commissione europea ha deciso poi di inviare al nostro Paese anche un parere motivato per il mancato rispetto delle norme europee sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori.
Il nodo più delicato è quello sui balneari. Il titolo della missiva - Concessioni balneari in Italia/Violazione della Direttiva e dei Trattati in funzione dell’Ue - con il parere motivato dell’esecutivo europeo è visibile nella pagina web della Commissione che contiene e aggiorna gli atti relativi alle procedure di infrazioni aperta. La data riportata è quella odierna. Contrariamente a quanto accade di prassi, tuttavia, la lettera non è stata indicata nel comunicato stampa comunitario che, il giovedì, da’ gli ultimi aggiornamenti sulle procedura. Di conseguenza, al momento, la lettura del parere motivato non è disponibile. Uno Stato membro, una volta che riceve il parere motivato della Commissione su un caso specifico, ha due mesi di tempo per rispondere e adeguarsi alle norme Ue.
“Abbiamo inviato un parare motivato” sulle concessioni balneari italiane e questo “dà ora al governo italiano due mesi per fornire risposte e allora decideremo sui prossimi passi. La nostra preferenza è sempre di trovare un accordo con gli Stati membri, piuttosto che andare in giudizio. E’ un parere motivato e non pregiudica le trattative continue che avremo con le autorità italiane”, ha spiegato una portavoce della Commissione nell’incontro quotidiano con la stampa in merito alla lettera inviata sulle concessioni dei balneari.
La procedura entro cui si inserisce il parere motivato inviato oggi all’Italia dalla Ue venne aperta nel 2020 con una lettera di costituzione in mora all’Italia in merito al rilascio di autorizzazioni relative all’uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi. Bruxelles ritiene che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), devono essere rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. Nel 2016 la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. L’Italia ha prorogato le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2023 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione. Nel 2020 Bruxelles aveva dato all’Italia due mesi di tempo per rispondere. Poi la questione si è arenata per responsabilità di diversi governi. Ora c’è un nuovo passo della procedura: l’Italia ha due mesi di tempo per agire.
La seconda censura targata Ue riguarda il cosiddetto assegno unico. Nel marzo 2022, l’Italia ha introdotto un nuovo assegno familiare per figli a carico («assegno unico e universale per i figli a carico»): hanno diritto a ricevere questo beneficio solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se vivono in stessa famiglia dei loro figli. Secondo la Commissione, questa legislazione viola il diritto poiché non tratta i cittadini Ue in modo equo, il che si configura come una discriminazione. Inoltre, il regolamento vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari. Il parere motivato fa seguito a una lettera di costituzione in mora inviata all’Italia nel febbraio 2023. La Commissione ritiene che la risposta italiana ai rilievi non risponda in modo soddisfacente alle preoccupazioni sollevate. L’Italia ha due mesi per rispondere e adottare le misure necessarie. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
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