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Sono 160mila le tonnellate di rifiuti tessili prodotti in Italia (circa 500 milioni di vestiti): 80mila al Nord, 33.500 al Centro e 46.700 al Sud. Per una media di circa 2,7 kg ad abitante. Sono i dati di Ispra relativi al 2022 e rappresentano un trend in crescita costante: gli scarti erano 154mila tonnellate nel 2021, 143mila nel 2020 pandemico. E si collocano in uno scenario che vede i cittadini europei generare 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno (dati della commissione europea), di cui solo il 22% viene raccolto per il riutilizzo o il riciclo. L’industria tessile consuma grandi quantità di acqua ed è la seconda industria più inquinante dopo l’industria petrolifera secondo le Nazioni Unite. Secondo i dati di Unctad (l’agenzia dedicata a commercio e sviluppo) servono 7.500 litri d’acqua per fare un paio di jeans, pari a ciò che una persona beve in media per 7 anni. Ogni anno l’industria della moda utilizza 93 miliardi di metri cubi d’acqua, sufficienti a soddisfare i bisogni di cinque milioni di persone. anno.
Per questo motivo, il progetto europeo VERDEinMED, “PreVEnting and ReDucing the tExtiles waste mountain in the MED area”, ha iniziato il suo lavoro per ridurre i rifiuti tessili nella regione mediterranea. L’iniziativa è cofinanziata con quasi 3 milioni di euro dal programma Interreg Euro-MED dell’UE.
Legambiente, tra i partner di progetto, avrà un ruolo chiave nelle attività di sensibilizzazione dei consumatori e nella promozione delle imprese sociali come attori responsabili della transizione verso un’economia più sostenibile e circolare per i prodotti tessili, che possono estenderne la durata di vita attraverso vari modelli commerciali a partire dalla riduzione, la riparazione, il riutilizzo e la raccolta.
«Quando si parla di rifiuti tessili, oltre ai prodotti legati all’abbigliamento e alle calzature che tutti percepiamo, ci si riferisce anche ai tessili per la casa, ai tessili tecnici (corde o reti) e in generale ai rifiuti post-industriali, come fibre e ritagli», spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente. «Nel 2019 i rifiuti solo di abbigliamento e calzature sono stati pari a 5,2 milioni di tonnellate, equivalenti a 12 chilogrammi per persona all’anno nell’Unione Europea. A fronte di queste quantità, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo, che rappresentano l’87% dei rifiuti tessili, viene raccolto separatamente principalmente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene incenerito o messo in discarica».
Modificare, riparare, scambiare, vendere o donare sono alternative valide e possibili. Sicuramente un cambio di passo e un consumo più critico risulta necessario come prima azione per prevenire i rifiuti, ma soprattutto, dare una seconda vita ai prodotti tessili e all’abbigliamento preferendo acquisti di seconda mano, è un comportamento virtuoso e di responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori quasi quanto la prevenzione.
In una nota, Legambiente indica che «il consumo di prodotti tessili in Europa si trova al quarto posto per l’impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici. Lungo tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione fino al fine vita, si stima che la produzione tessile sia responsabile del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei processi a cui i prodotti vanno incontro, come la tintura e la finitura, e che il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno mezzo milioni di tonnellate di microfibre nei mari».
«Per questo motivo – sottolinea Minutolo - è partendo dai processi, più che dai prodotti o dal tipo di materiale, e dall’uso che si fa di tali prodotti, che si può uscire da un circolo vizioso che può diventare un circolo virtuoso e sostenibile per un settore strategico e importante per l’industria ed il made in Italy».
VERDEinMED dedicherà i suoi sforzi all’industria tessile, supportando l’adozione di processi e tecnologie incentrati sull’economia circolare. In linea con la direttiva quadro sui rifiuti, che impone la raccolta differenziata dei prodotti tessili entro il 2025, e con la strategia dell’Ue per i tessuti sostenibili e circolari, il progetto mira a creare un modello innovativo di modelli di produzione e consumo. Il progetto, della durata di 33 mesi, riunisce 10 partner e 15 entità associate tra centri di ricerca, aziende, organizzazioni non governative, pubbliche amministrazioni, cluster e cooperative in 11 Paesi.
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