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L’accusa è di frode fiscale. Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, in un’inchiesta dei pm Paolo Storari e Valentina Mondovì, ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di circa 121 milioni di euro per frode fiscale a carico della filiale italiana di Amazon, il colosso dell’e-commerce. L’indagine, come altre del pm Storari, vede al centro i «serbatoi di manodopera», presunto sistema attraverso il quale grandi aziende si garantiscono «tariffe altamente competitive» sul mercato «appaltando» per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società “filtro” in modo irregolare, con annesso «sfruttamento del lavoro».
Il presunto “sistema” descritto anche in quest’ultima indagine, che ha portato al sequestro d’urgenza da 121 milioni, era già venuto a galla anche nei casi, solo per citarne alcuni, delle inchieste su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo, con ultimo sequestro da quasi 84 milioni il 2 luglio. Tuttavia, Sicuritalia precisa che l’azienda non è mai stata indagata né soggetta ad alcun provvedimento da parte dell’Autorità Giudiziaria: lo è stata una società aderente al Consorzio Sicuritalia Group Service, per cui Sicuritalia ha solo agito al fine di agevolare una soluzione della vicenda che tutelasse i lavoratori (non propri dipendenti) coinvolti. Nessuna società del Gruppo Sicuritalia né la Servizi Fiduciari hanno eluso norme fiscali.
Anche il sequestro firmato dai pm a carico di Amazon Italia, gruppo fondato da Jeff Bezos con oltre 500 miliardi di fatturato all’anno, dovrà essere convalidato dall’ufficio gip.
Dalle inchieste sono emerse vicende in fotocopia di lavoratori “sfruttati”, costretti a passare come in una “transumanza” da una società all’altra dalle quali erano formalmente assunti - società “filtro” o consorzi - e lasciati sempre senza contributi previdenziali e assistenziali. Un presunto “schema” realizzato con false fatture ed evasione dell’Iva e che ha visto al centro nelle varie inchieste, oltre alla logistica, anche i servizi di facchinaggio e di vigilanza privata, tutti messi nel mirino dalla Procura milanese, guidata da Marcello Viola e con la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano.
E la partita potrebbe non esssere finita. La Procura di Milano, infatti, nel motivare il sequestro di 121 milioni rileva che si tratta di un caso di urgenza «atteso che il meccanismo fraudolento è tutt’ora in atto, con rilevantissime perdite per l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano, a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport S.r.l». L’Agenzia delle Entrate «ha infatti rilevato che i rapporti con fornitori considerati “critici” sono proseguiti nell’annualità 2023, con l’emissione di ulteriori fatture nei confronti di Amazon Transport S.r.l. per un imponibile pari a complessivi €. 135.166.486,87, che ha generato ulteriore Iva per complessivi € 29.727.261,42, per la quale valgono le considerazioni riferite agli anni precedenti». Inoltre, la Procura evidenzia che Amazon Transport S.r.l. non ha «ad oggi adottato alcun presidio né alcuna diversa modalità di gestione finalizzata ad interrompere gli effetti illeciti del meccanismo fraudolento» contestato, «che la vede direttamente coinvolta nel preminente ruolo di soggetto committente e diretto beneficiario sia delle prestazioni svolte in suo favore dai singoli lavoratori, sia degli indebiti ed ingenti indebiti vantaggi patrimoniali conseguiti in danno dell’erario, per un valore complessivo pari a €. 121.466.315,12, corrispondente al profitto confiscabile del reato di cui all’art. 2 Dlgs 74/2000 contestato al capo 1), in relazione alle annualità comprese tra il 2017 e il 2022».
Con le inchieste, coordinate dal pm Storari, le imprese di trasporto e logistica, almeno una quindicina in tutto, hanno, poi, versato all’erario, come risarcimenti sulle somme contestate, un “totale” di circa mezzo miliardo di euro, come era stato evidenziato pure nell’ultimo decreto di sequestro: ad esempio, oltre 35 milioni da Dhl, 38 milioni da Gls, quasi 48 milioni da Esselunga, 146 milioni da Brt, oltre 86 milioni da Ups. Inoltre, le società, come chiarito dalla Procura, «hanno proceduto ad internalizzare i dipendenti, prima ’in balia’ delle cooperative». Sono stati stabilizzati così negli anni circa 14mila dipendenti e a 70mila è stato aumentato lo stipendio.
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