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Ecco perché i token stablecoin finiscono nel mirino delle agenzie di rating

di Vito Lops

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Ecco perché i token stablecoin  finiscono nel mirino delle agenzie di rating

Ecco perché i token stablecoin finiscono nel mirino delle agenzie di rating

La riproduzione digitale delle valute tradizionali non supera i test di S&P

16 gennaio 2024
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4' di lettura

Quello delle criptovalute è un universo assai variegato. C’è Bitcoin, la primogenita e senza padroni che da sola vale più del 50% dell’intero mercato e ai prezzi attuali circa 900 miliardi di dollari, e poi ve ne sono tante altre (migliaia) che nella maggior parte dei casi non hanno alcun valore fondamentale, né caso d’uso, ma che confondono spesso gli investitori. In questo universo controverso si stanno però ritagliando un ruolo sempre più significativo le stablecoin, quei token che mirano a riprodurre e a mantenere in chiave digitale (e all’interno di una blockchain) il valore delle valute tradizionali (come dollaro ed euro) o in alcuni casi di materie prime (oro).

Il ruolo

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I casi d’uso a cui rispondono sono in questo momento storico principalmente due: offrono ai cripto-investitori l’opportunità di scampare alla volatilità di Bitcoin e di altre criptovalute pur rimanendo all’interno di wallet digitali (consentono ad esempio la conversione di Bitcoin in dollari digitali per un investitore che in un certo momento voglia evitare di subire forti oscillazioni di prezzo di Bitcoin). Il secondo caso d’uso riguarda l’inclusività finanziaria. Ci sono numerosi Paesi nel mondo i cui cittadini hanno la doppia sfortuna di non avere accesso a un conto corrente bancario e di vivere in un contesto economico ad elevata inflazione. Per questi cittadini la possibilità di convertire le valute locali traballanti in stablecoin che replicano l’andamento di valute forti (come dollaro ed euro) si sta rivelando un’opportunità in più. Ed è per questo che le stablecoin vedono un utilizzo crescente in Libano, Turchia, Argentina, Venezuela. Paesi dove l’inflazione viaggia a doppia, se non a tripla, cifra. Ma le stablecoin sono davvero così “stable”? Hanno le caratteristiche per proteggere l’investitore? La storia ci dice che non è sempre così: nel maggio del 2022 la stablecoin Ust del protocollo Terra/Luna fallì dal giorno alla notte causando una perdita miliardaria per i numerosi cripto-investitori che avevano puntato su questa forma alternativa di “dollaro digitale”.

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L’esame

Al tema delle stablecoin si è interessata S&P global ratings, la nota agenzia che nel 2011 tolse la Tripla A al debito sovrano degli Stati Uniti. La stessa agenzia ha recentemente pubblicato lo “Stablecoin sustainability assessment (Ssa)”, un lavoro che mira a valutare la capacità di una stablecoin di mantenere un valore stabile rispetto a una valuta fiat tradizionale. Il lavoro include le valutazioni delle otto maggiori stablecoin: Dai, FdUsd, Frax, Gusd, Usdp, Usdt, Tusd e Usdc.

La griglia di valutazione va da 1 (“very strong”, molto forte) a 5 (weak, debole) in base alla capacità di mantenere il proprio ancoraggio a una valuta fiat.

Come mai S&P global ratings ha deciso di entrare nel mercato della valutazione delle stablecoin? «Come società di rating a noi interessa sapere sempre cosa succede nel mondo della finanza, capire le nuove tecnologie e poter dare la nostra opinione sui rischi e le oppurtunità che queste novità portano - spiega Lapo Guadagnuolo, Head of Centre of Excellence Methodologies a livello mondiale di S&P -. Da due anni ci siamo interessati molto al mondo della defi (finanza decentralizzata, ndr) e le stablecoin sono indiscutibilmente un elemento fondamentale del mondo defi, agendo come ponte tra la finanza tradizionale. Dal nostro punto di vista è interessante studiarle per dare un’idea agli investitori di quelle che sono le più affidabili».

I rilievi

Cosa emerge dal vostro lavoro? «Nessuna delle otto analizzate ha superato a pieno l’esame ottenendo il livello massimo di valutazione, cioè 1. Tre hanno ottenuto il punteggio 2, ovvero “forte”, mentre Usdt Tether, la più utilizzata al mondo con una quota di mercato di oltre il 70%, ha ottenuto un giudizio 4 corrispondente alla categoria constrained». Come mai? «Il motivo per cui abbiamo dato questo giudizio è la combinazione di più fattori: tra le riserve che supportano il valore di Tether, un 10-15% che per noi è cospicuo, è su investimenti a rischio più elevato, Di solito le stablecoin investono in titoli di Stato a breve termine del Tesoro Usa. Il secondo motivo riguarda la mancanza di informazioni sulle controparti che agiscono da custodia di queste riserve; inoltre non c’è chiarezza su dove queste riserve risiedono e dove sia depositato il contante utilizzato. Infine, c’è una mancanza di chiarezza su cosa potrebbe accadere alle riserve in caso di bancarotta dello sponsor».

E le migliori in questo momento? «Tre stablecoin hanno avuto un giudizio “2”: Usdc che ha come sponsor Circle, Gusd che ha come sponsor Gemini e Usdp con sponsor Paxos. Di base c’è più trasparenza su dove gli asset sono investiti e in più, per quanto riguarda due di queste,+ c’è una regolamentazione più forte, dato che rispondono a una legge dello Stato di New York che impone il mantenimento di alcune caratteristiche di chiarezza e trasparenza sugli asset detenuti».

L’impatto dell’Etf

L’arrivo di un Etf su Bitcoin renderà obsolete le stablecoin? «L’arrivo dell’Etf potrebbe aumentare l’interesse di altri investitori verso Bitcoin. Ma resterà per molto tempo un asset volatile. Per cui presumo che le stablecoin conserveranno appeal per molto tempo, perché di base non soffrono della volatilità di criptovalute come Bitcoin o di valute tradizionali come quelle dei Paesi ad elevata inflazione. Rispondono quindi a un caso d’uso importante».

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