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La mobilità sociale inizia con più fondi al diritto allo studio

di Maria Rita Testa

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(Yuliia - stock.adobe.com)

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In Italia, i giovani spesso si trovano in condizioni di vita difficili e incontrano sfide significative in vari ambiti, tra cui istruzione e lavoro, coesione sociale, salute e benessere personale, ambiente e accesso alle infrastrutture fondamentali come scuole, reti ferroviarie e ospedali.

21 agosto 2023
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3' di lettura

In Italia, i giovani spesso si trovano in condizioni di vita difficili e incontrano sfide significative in vari ambiti, tra cui istruzione e lavoro, coesione sociale, salute e benessere personale, ambiente e accesso alle infrastrutture fondamentali come scuole, reti ferroviarie e ospedali. Secondo i dati Istat del 2022, ben il 47,7% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, pari a 4 milioni e 870mila persone, si trova in una situazione di forte disagio in almeno uno di questi settori chiave. La deprivazione è particolarmente elevata nell’ambito dell’istruzione e del lavoro (20,3%), della coesione sociale (18,2%) e del territorio (14%), mentre risultano meno gravi le carenze nei beni essenziali (9,4%) e nel benessere soggettivo (6,8%). La situazione di deprivazione si configura quando almeno due dei tre indicatori specifici, elaborati dall’Istat, non superano la soglia stabilita.

Questi risultati non sono sorprendenti, considerando le risorse limitate che in Italia sono dedicate ai giovani e alle famiglie fino al raggiungimento di una piena autonomia economica.

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Il confronto a livello europeo evidenzia un nostro svantaggio, con una spesa pubblica per l’istruzione pari al 4,1% del Pil nel 2022, rispetto al 5,2% in Francia, al 4,6% in Spagna e al 4,5% in Germania (media Ue 27: 4,8%). La tendenza negativa è confermata dalla serie storica degli ultimi decenni, con una diminuzione della spesa rispetto agli anni 2000. Inoltre, la quota destinata alle prestazioni a famiglie e minori è molto bassa rispetto alla media europea (1,2% contro il 2,5% della Ue 27). La distribuzione interna della spesa mostra uno squilibrio, privilegiando le componenti riguardanti la vecchiaia e la sanità, a scapito di quelle legate alla disoccupazione e alle famiglie. L’Italia, inoltre, è tra i Paesi Ocse con la quota più alta di giovani che lasciano la scuola senza un titolo di istruzione secondaria superiore (23% contro i 14% della media dei paesi Ocse) e di giovani con diploma inattivi, pari al 20% contro il 10% della media europea (dati Ocse, Education at a Glance 2022).

Ridurre l’abbandono scolastico e aumentare la partecipazione all’istruzione universitaria sono obiettivi cruciali per il governo italiano. Sebbene siano stati registrati progressi nei decenni passati, l’Italia è ancora lontana dai Paesi più virtuosi dell’Unione europea. La percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni con istruzione terziaria (laurea o titolo più elevato) è inferiore al 40% per gli uomini (22% in Italia) e al 50% per le donne (34% in Italia) rispetto a Francia e Svezia.

Questo divario presenta forti squilibri territoriali tra Nord e Sud e influisce sugli spostamenti interni di giovani qualificati e allo svuotamento di capitale umano ad altro potenziale nel Mezzogiorno d’Italia. Occorre, dunque, introdurre misure concrete a sostegno dei giovani, i cui benefici potranno avere ricadute sul sistema demografico ed economico del Paese oltre che sul benessere di questa fascia di popolazione così importante e ancora non del tutto valorizzata. Un maggiore investimento nel settore della formazione dovrebbe quindi prevedere un allargamento radicale del sostegno al merito e del diritto allo studio con borse da indirizzare a studenti bisognosi e, al contempo, un potenziamento di residenze e alloggi per intendere l’housing studentesco in una forma più inclusiva orientata alla riattivazione dell’ascensore e della mobilità sociali. Queste due traiettorie, su cui l’attuale Governo sta già investendo con convinzione anche e non solo con il Pnrr, contribuiranno a porre le basi per, da un lato, aumentare nei nostri atenei il numero di iscritti e quindi di futuri laureati; dall’altro potranno garantire ai giovani con salari più elevati e più rosee prospettive di carriera, ma potrà dare anche un maggior slancio all’economia, grazie a un largo impiego di professionalità più qualificate funzionali alla modernizzazione del sistema produttivo.

Queste misure sono necessarie per garantire un futuro migliore, più sostenibile, per i giovani italiani e per il Paese nel suo complesso.

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