di Laura Cavestri
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Un “beneficio” – in termini di efficienza energetica e creazione di nuovo valore economico – che può arrivare a 2,5 miliardi di euro in 30 anni. E un incremento di gettito per lo Stato, derivante da nuove entrate fiscali associate ai maggiori livelli di produzione e occupazione, pari a circa 260 euro l’anno per residente. È l’impatto positivo del “build to rent” (letteralmente, il “costruire per affittare”, ovvero la realizzazione di immobili destinati all’affitto gestito professionalmente) calcolato su uno dei pochi esperimenti italiani di questa asset class residenziale, ovvero Milano Santa Giulia.
A misurarne i benefici ci ha pensato lo studio Build to Rent 4 Sustainable Real Estate, promosso da Lendlease, gruppo internazionale di real estate e investimento e realizzato da SDA Bocconi e presentato ieri a Milano, proprio nella sede dell’ateneo di via Sarfatti.
L’analisi e la quantificazione della generazione di valore sociale economico e ambientale dirette, indirette e indotte, oggetto della ricerca di Lendlease e SDA Bocconi, ipotizzano un periodo di esercizio con la medesima destinazione d’uso di 30 anni per un minimo di 50 appartamenti utilizzando come casi studio i due progetti di rigenerazione urbana guidati da Lendlease. Il progetto di ricerca ha analizzato i due case study – Milano Santa Giulia e MIND – contemplando le fasi di sviluppo, messa a reddito e alienazione in due scenari: quello attuale in cui le normative amministrative, fiscali e urbanistiche sono parzialmente adeguate al modello del build to rent e, uno scenario con un assetto normativo ispirato alle migliori pratiche internazionali.
Prendendo il caso di Santa Giulia (6200 abitanti circa), l'insieme delle ricadute positive (dal risparmio energetico all’efficientamento complessivo, dalla digitalizzazione alle nuove attività, ai servizi e all'occupazione di qualità generata da edifici costruiti e gestiti in logica build to rent) si colloca, su 30 anni, in benefici quantificabili tra 670 milioni (scenario attuale e normative poco concilianti) e i 2,5 miliardi di euro (se il sistema normativo fosse incentivante).
Nel caso di MIND (circa 2500 abitanti), i valori si collocano, rispettivamente, tra 370 milioni e 1,5 miliardi. A differenza del build to sell, è la presenza di un operatore professionale specializzato nella gestione di beni immobiliari a destinazione d'uso residenziale che, con adeguati certificati e standard e un orizzonte temporale di almeno 30 anni, non riscuote solo i canoni, ma eroga servizi correlati alla persona, all'edificio e alla comunità (per esempio dalla manutenzione e servizi per gli edifici all'igiene della casa al baby-sitting, dalla palestra ai servizi scolastici agli spazi di co-working).
Un’asset class immobiliare diffusa nei Paesi anglosassoni, in Germania e Nord Europa ma che da sempre fatica ad affermarsi in Italia, patria della micro-proprietà immobiliare frammentata, e che, anche per questo, non trova una propria specifica collocazione normativa in Italia. Eppure, se ben contestualizzata, potrebbe aprire importanti prospettive di sviluppo, non solo per rispondere a una domanda di affitto alta o di lusso. L’obiettivo è renderlo sostenibile per una clientela standard.
«Il progetto di ricerca – spiegano i direttori scientifici Andrea Beltratti, PhD Yale, ordinario di Finanza Università Bocconi e Alessia Bezzecchi associate professor of Practice Corporate Finance & Real Estate SDA Bocconi – ha l’obiettivo di analizzare e calcolare gli impatti derivanti dall’introduzione di nuovo modello residenziale nel real estate. Dalla nostra indagine, il build to rent quale opzione in risposta a nuovi bisogni abitativi emerge come soluzione in grado di rispondere in modo inclusivo alla emergente domanda da parte di diverse tipologie di utenti, creando nel contempo esternalità positive in ambito territoriale, sostenibili dal punto di vista economico e sociale, tramite i fattori abilitanti della tecnologia e dell'innovazione. Il modello offre importanti benefici economici, sociali e ambientali per gli utilizzatori diretti ma anche per le comunità locali grazie alle esternalità positive generate».
«A differenza altri mercati internazionali – ha spiegato Andrea Ruckstuhl, ceo di Lendlease Europe – il build to rent in Italia non trova ancora una propria collocazione nel quadro amministrativo e fiscale, eppure rappresenta una potenziale opzione di sviluppo delle politiche abitative, accanto all’affordable housing, all’housing sociale, agli studentati, con implicazioni economiche e sociali e ambientali rilevanti».
Laura Cavestri
Redattrice di Economia
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