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Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura la casa con un’impresa irregolare

di Flavia Landolfi e Giorgio Pogliotti

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Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura la casa con un’impresa irregolare

Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura la casa con un’impresa irregolare

Si abbassa da 500mila a 70mila euro la soglia per la quale il committente deve chiedere l’attestazione di congruità del costo della manodopera all’impresa, altrimenti deve pagare una sanzione

3 maggio 2024
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3' di lettura

In arrivo una stretta contro il lavoro nero nelle ristrutturazioni edilizie. Negli appalti privati, prima del pagamento del saldo finale, si abbassa la soglia di importo complessivo - da 500mila a 70mila euro - per la verifica di congruità, in assenza della quale scatta una multa compresa da mille a 5mila euro a carico del committente, dunque del proprietario di casa che si è rivolto all’impresa di costruzioni.

La multa al committente che non verifica

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Per effetto della novità contenuta nel Dl Coesione approvato dal governo lo scorso 30 aprile, per non incorrere in una sanzione amministrativa il committente prima della fine dei lavori deve ottenere dall’impresa di costruzioni l’attestazione riferita alla congruità del costo della manodopera anche per i interventi edilizi da 70mila euro, una soglia più bassa che finisce per coinvolgere molte ristrutturazioni di case. La conseguenza di tutto ciò è che dall’entrata in vigore del Decreto legge Coesione il committente deve verificare che l’impresa sia regolare o abbia regolarizzato le posizioni in nero prima di pagare il saldo finale dei lavori, pena l’applicazione di una multa.

Occorre però fare un passo indietro e ricordare che un decreto del ministero del Lavoro, il n. 143 del 2021 aveva stabilito l’obbligo delle verifica di congruità per i lavori edilizi nel privato a partire da 70mila euro, poi nella conversione in legge del decreto Pnrr (legge n.56 del 2024) è stata introdotta una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro a carico del committente, qualora il versamento del saldo finale avvenga in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori. Dunque con l’articolo 28 del decreto Coesione vengono allineate a 70mila euro la soglia prevista per la dichiarazione di verifica della congruità con quella che fa scattare la multa.

L’impatto sui micro appalti pubblici

Peraltro lo stesso decreto, di fatto, prevede una doppia stretta contro il lavoro irregolare in edilizia. Il committente nei lavori privati, così come il responsabile unico del procedimento (Rup) negli appalti pubblici sono tenuti a verificare la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva. Le sanzioni si estendono ai piccoli cantieri anche negli appalti pubblici. L’assenza dell’attestato di “congruità” negli appalti pubblici finora per effetto del Dl Pnrr faceva scattare la sanzione solo per gli importi a partire da 150mila euro, ma con il Dl Coesione viene soppressa questa soglia. La conseguenza di tutto ciò è che negli appalti pubblici, fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, l’avvenuto versamento del saldo finale da parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, è considerato dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso. L’accertamento della violazione viene comunicato all’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, con conseguenze ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti.

Sanzioni penali in caso di lavoro irregolare

Con il decreto Pnrr, convertito con la legge 56 del 2024, sono state riviste le sanzioni e sono tornate le fattispecie penali. Il decreto incrementa del 10% (al 30%) l’importo della sanzione pecuniaria prevista per il caso di impiego effettivo di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato. Si passa da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro; da 3.900 a euro 23.400 per periodi compresi tra 31 giorni e fino a 60 giorni; e si sale da euro 7.800 a euro 46.800 quando si superano i 60 giorni di lavoro effettivo. Non solo. Per l’esercizio abusivo dell’attività di somministrazione di lavoro è prevista la pena dell’arresto fino a un mese (prima non prevista) o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro (in precedenza 50 euro). Per l’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale scatta l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda da 900 a 4.500 euro.

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