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Wine Spectator: il Brunello di Montalcino di Argiano è il vino migliore del mondo

di Giorgio dell'Orefice

Brunello di Montalcino, crescono le vendite e l'enoturismo

L’Italia si piazza anche al quinto posto con il Taurasi Radici di Mastroberardino e al settimo con il Chianti Classico Marchese Antinori

10 novembre 2023
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4' di lettura

Il Brunello di Montalcino della cantina Argiano (annata 2018) è il miglior vino del mondo 2023 per Wine Spectator, la “bibbia del vino mondiale”.
La posizione numero 1 dell’annuale Top ten è stata svelata nel tardo pomeriggio di oggi 10 novembre. L’Italia era già ben rappresentata in classifica con il numero 5 occupato dal Taurasi “Radici” di Mastroberardino e dal Chianti Classico Marchese Antinori di Antinori al numero 7.

Toscana regina nell’albo d’oro di Wine Spectator

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Per il Brunello di Montalcino si tratta di un ritorno sul gradino più alto del podio. Ci era già stato nel 2006 con l’etichetta Casanova di Neri (annata 2001). E aveva sfiorato la medaglia d’oro lo scorso anno con l’etichetta Fattoria dei Barbi che nel 2022 che si era fermata alla seconda posizione, e nel 2020 il Brunello di San Filippo che aveva occupato il gradino più basso del podio.

Con la classifica 2023 il Brunello torna quindi nel ristrettissimo novero dei vini italiani primatisti mondiali. Un club esclusivo che vede tutti grandi vini toscani: Sassicaia 2015 che è stato al numero 1 nel 2018, Ornellaia 1998 nel 2001 e Solaia 1997 nel 2000 oltre ai due già citati Brunello, il Casanova di Neri nel 2001 e Argiano oggi.

Argiano, cantina storica di Montalcino

Il Brunello di Montalcino è di certo una delle etichette del vino italiano più conosciute al mondo e Argiano una delle cantine più rappresentative. Un’azienda più volte passata di mano nella sua storia.
La villa che la contraddistingue è di epoca rinascimentale e fu costruita dalla famiglia senese Pecci, il nome prende origine da “Ara Jani” il tempio eretto in onore del dio Giano. Nell’800 villa e cantina passarono a Ersilia Caetani Lovatelli e in seguito alla contessa Noemi Marone Cinzano. Oggi l’intera proprietà fa capo al finanziere brasiliano André Santos Esteves titolare della Leblon Investiments Fund Ltd che con un importante investimento ha riportato la cantina Argiano al suo splendore originario.

Grande soddisfazione al Consorzio del Brunello di Montalcino: «Siamo felici per l’azienda senese guidata da Bernardino Sani, sotto la proprietà dell’imprenditore brasiliano André Santos Esteves – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci –. Questo premio, che vede per il secondo anno consecutivo la presenza di un Brunello sul podio di Wine Spectator, rappresenta un enorme riconoscimento per tutta la denominazione e conferma da una parte il rapporto virtuoso di Montalcino con gli investitori stranieri, dall’altra la capacità delle nostre imprese di esprimere la massima qualità anche in annate spesso accolte tiepidamente dalla critica».

Gli investimenti e la prima volta al Sud con Mastroberardino

La qualità stellare dell’Argiano Brunello di Montalcino 2018 – cita nella presentazione la rivista statunitense – è frutto di oltre 10 milioni di dollari di investimenti realizzati nella tenuta in un decennio. Segno che nel mondo del vino, un cambio di proprietà o di paradigma stilistico può portare enormi benefici.

Argiano è una proprietà con 57 ettari di vigneto, di questi quasi 22 sono destinati al Brunello e 10 al Rosso di Montalcino. Citata dal Carducci a fine ‘800 (“Mi tersi con il vin d’Argiano, il quale è buono tanto”), la tenuta dispone di un wine relais nella villa cinquecentesca.

Altro dato da sottolineare a proposito della classifica di Wine Spectator 2023 è il quinto posto conquistato da Radici 2016, il Taurasi di Mastroberardino, primo vino campano e del Sud nella top 5.

Il Brunello di Montalcino corre negli Usa

Il nuovo primato nella Top ten di Wine Spectator è inoltre la ciliegina sulla torta in vista di Benvenuto Brunello, l’annuale manifestazione dedicata al grande rosso toscano in calendario a Montalcino dal 17 al 28 novembre prossimi. Un appuntamento al quale, anche in assenza di Wine Spectatorc, il Brunello di Montalcino arriva sull’onda di ottimi dati di mercato. Numeri che lo danno in totale controtendenza con le difficoltà dei vini a denominazione italiani sui mercati internazionali grazie a una crescita del 10% delle vendite negli Usa (primo mercato per i vini made in Italy).

E le controtendenze del Brunello non si fermano ai consumi, ma toccano anche il capitolo della valorizzazione visto che sia nel canale della ristorazione che in quello del retail Usa l’etichetta principe di Montalcino è venduta, nel 91% dei casi, a un prezzo superiore ai 50 dollari. Sono i principali numeri che emergeranno dall’analisi effettuata dall’Osservatorio dell’Unione italiana vini sui dati di SipSource (strumento di monitoraggio sugli acquisti effettivi dei dettaglianti Usa che copre il 75% del mercato americano e una platea di 330mila negozi nel Paese) e che saranno diffusi in occasione di Benvenuto Brunello. Secondo l’analisi, il Brunello conferma il proprio feeling con il mercato Usa (che assorbe una quota del 30% dell’export di vino made in Italy) nonostante oltreoceano si registri un calo generalizzato dei consumi totali di vino (-7%) che coinvolge (anche se in misura minore della media) anche i vini italiani (-3%).

«La Docg di Montalcino – spiegano all’Osservatorio Uiv – è tra le poche etichette che si salvano insieme al la Beaune (premier Cru della Borgogna), il Bordeaux Superiore, il Barolo o i rossi della Ava californiana Oakville, a dimostrazione che il segmento luxury riesce spesso a mantenersi anticiclico anche in una congiuntura dominata dall’inflazione». L’accelerazione nei 12 mesi si riscontra sia nel circuito retail - grossisti e nei liquor store - che nel fuori casa (+8%), canale a maggior valore aggiunto dove la quota delle vendite a volume del Brunello arriva al 50%, ben oltre la media dei vini rossi italiani (al 20%).

«Al di là dei trend di mercato, che possono subire variazioni congiunturali – ha commentato Bindocci – siamo molto soddisfatti soprattutto del posizionamento negli Stati Uniti del nostro vino di punta. Un mercato che siamo riusciti a coltivare in modo certosino, grazie anche al lavoro di importanti imprese pioniere, che hanno aperto la strada alla new wave produttiva. Un modello, da perseguire nell’approccio a piazze emergenti come quelle orientali, su cui le potenzialità rimangono enormi».


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