Tim, l’offerta Kkr da 20 miliardi (più due con Open Fiber) al cda
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Per Telecom e la sua rete è arrivato il momento delle decisioni: parola al cda che si riunisce alle 14. Esaurita venerdì la fase dell’esame degli aspetti finanziari dell’offerta di Kkr, ieri il consiglio Tim si è riaggiornato per esaminare gli aspetti legali, in una seduta che, aperta alle 14, si è conclusa verso le 18,30, dopo di che la riunione è proseguita veste informale per la sessione di induction.
Per quanto riguarda la parte finanziaria, il valore di riferimento prudenziale dell’offerta per la rete è indicato in 20 miliardi (equity più debito) più 2 miliardi di earn-out legati al realizzarsi della cosiddetta “rete unica” con Open Fiber, deal che non potrà essere messo in cantiere prima che la rete si stacchi da Telecom e la Netco che la rileverà diventi operativa, quindi ragionevolmente non prima della seconda metà dell’anno prossimo. L’eventuale fusione andrà poi sottoposta al vaglio dell’Antitrust Ue e l’iter richiederà quindi diversi mesi prima di arrivare a una definizione, col probabile sacrificio di una delle due infrastrutture nelle aree concorrenziali. Le banche pronte a garantire i 10,5 miliardi della parte debito sono UniCredit, Crédit Agricole, Mediobanca, Bper, Bnp-Paribas, JP Morgan, Citi, Morgan Stanley, Bpm, Natixis e Bofa.
Nell’immediato il nodo da sciogliere è procedurale. A chi spetta decidere sullo scorporo della rete e sua successiva cessione? Al cda o all’assemblea? È stato questo l’oggetto della disamina del consiglio di ieri, dove sono intervenuti anche i giuristi che hanno steso i pareri sul tema. Erano presenti Carlo Marchetti, Andrea Zoppini, Luca Purpura dello studio associato Portale-Purpura, il cui parere è stato chiesto dal comitato parti correlate, e Fabrizio Carbonetti consultato dai dieci amministratori indipendenti, con l’esclusione quindi del presidente Salvatore Rossi, dell’amministratore delegato Pietro Labriola, di Alessandro Pansa, Massimo Sarmi e Giovanni Gorno Tempini che, in quanto presidente di Cdp, azionista al 60% del concorrente Open Fiber, non partecipa comunque ai cda sulla rete.
Opinione concorde è che la decisione sull’operazione, alla luce della normativa più aggiornata, rientri tra i poteri gestionali del consiglio. Non ci sarebbe cambiamento dell’oggetto sociale che richiederebbe il passaggio da un’assemblea straordinaria, con annesso diritto di recesso per i soci dissenzienti, astenuti o non partecipanti alla delibera in quanto assenti. Questo perché, detto in termini non tecnici, Telecom continuerebbe a fare il mestiere di sempre, utilizzando la rete non più di proprietà, bensì in “affitto”: il master service agreement, che regola le condizioni di utilizzo dell’infrastruttura da parte di Tim, è parte integrante dell’offerta di Kkr. A Zoppini in particolare è stato chiesto se Tim avrebbe potuto comunque convocare volontariamente un’assemblea e la risposta è stata che sì, sarebbe possibile, ma non consigliato. In teoria un’assemblea ordinaria potrebbe essere solo consultiva.
Un’assemblea ordinaria deliberativa dovrebbe però tenersi se il Mef fosse ritenuto parte correlata o anche se non fosse ritenuto parte correlata ma a determinate condizioni. La questione è stata esaminata sia dal comitato parti correlate, sia dal collegio sindacale, che hanno chiesto un parere, rispettivamente, a Umberto Tombari e Roberto Sacchi. Entrambi i pareri, basati sull’interpretazione dei principi contabili internazionali Iasb, concordano che mentre Cdp, azionista Tim appena sotto il 10% e azionista al 60% di Open Fiber, è da considerare parte correlata, non è da considerare tale il Mef, che ha prenotato il 20% della Netco della rete se l’offerta di Kkr (100% del fondo Usa) verrà accettata. Naturalmente sindaci e comitato possono discostarsi dai pareri chiesti. In caso di rilievi toccherebbe sempre al cda decidere, ma la delibera andrebbe sottoposta alla conferma di un’assemblea ordinaria, che deciderebbe a maggioranza senza contare le parti correlate: Cdp non potrebbe votare, a differenza di Vivendi che, avendo ritirato i suoi consiglieri diretti nel board a gennaio, si considera, in linea con la normativa, non più parte correlata pur detenendo la quota di maggioranza relativa del 23,75%.
Antonella Olivieri
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