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Start up del Politecnico di Milano inventa le batterie che caricano il doppio

di Lello Naso

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Al Politecnico. Un tecnico al lavoro sulle batterie di Lift Energy. L’obiettivo ora diventa l’industrializzazione rapida del brevetto e la ricerca di un partner

Al Politecnico. Un tecnico al lavoro sulle batterie di Lift Energy. L’obiettivo ora diventa l’industrializzazione rapida del brevetto e la ricerca di un partner

Il brevetto protegge un isolante che limita l’usura e moltiplica la ricarica. Ground Control Holding finanzia lo sviluppo in serie, pronto tra 12-18 mesi

15 dicembre 2023
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3' di lettura

La scintilla è scoccata a ridosso del lockdown per il Covid, a marzo 2020. Due giovani ricercatori del Politecnico di Milano si confrontano nei corridoi sul metodo per aumentare la capacità di accumulo e la durata delle batterie ricaricabili, uno degli sviluppi della ricerca chimico-fisica più battuti nei laboratori di tutto il mondo per le infinite applicazioni che potrebbe avere: dai grandi accumulatori alle batterie per le auto, dai telefoni cellulari alle piccole stilo per l’elettronica di consumo. L’intuizione è quella di far diventare ricaricabili le batterie al litio metallico, quelle che hanno la maggiore capacità di accumulo, ma sono attualmente monouso.

Come funzionano le batterie

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Il problema è come farlo. Qua bisogna aprire una piccola parentesi per spiegare il funzionamento delle batterie. Ce ne sono di molte tipologie, ma le principali sono le metalliche (con grande capacità di accumulo) e quelle agli ioni di litio (facilmente ricaricabili). Il punto di forza delle batterie metalliche è l’anodo in litio che ha una capacità fino a dieci volte maggiore rispetto alla grafite o ai materiali metallici usati negli altri prodotti. Ma l’anodo in litio, durante la ricarica tende a produrre delle piccole appendici che degradano la batteria e provocano cortocircuiti. Dunque, le batterie al litio metallico, più capaci, non sono ricaricabili. Gli accumulatori agli ioni di litio, invece, usano un composto di litio sul catodo e di grafite o di un altro metallo sull’anodo. Si ricaricano, ma la grafite e gli altri metalli sono più pesanti e sottraggono spazio all’accumulo, che risulta più basso.

L’idea vincente

I due ricercatori del Politecnico - Eugenio Gibertini, un esperto nel campo della chimica-fisica applicata, e Maurizio Sansotera, professore associato di fondamenti chimici delle tecnologie - hanno idee diverse, ma decidono di imboccare la strada suggerita da Sansotera: creare un isolante che eviti gli spostamenti del litio tra l’anodo e il catodo e la formazione delle appendici che dopo poche ricariche rendono inutilizzabili le batterie. In poche parole, le caratteristiche di accumulo e ricarica delle due tipologie di batterie vengono sommate. L’uovo di Colombo, reso possibile da una pellicola isolante.

Sansotera e Gibertini affidano a Piergiorgio Marziani, un giovane ingegnere dei materiali impegnato nel dottorato di ricerca, la costruzione del prototipo di batteria e fanno in tempo ad avviarlo e connetterlo appena prima del lockdown. La batteria è nei laboratori: i ricercatori, chiusi in casa come tutti gli italiani, la controllano in remoto. «Per la verità» dice oggi Sansotera, «pensavamo che si esaurisse subito. Invece è andata avanti a produrre energia e ricaricarsi per i tre mesi del lockdown. Al nostro ritorno ai laboratori l’abbiamo trovata attiva e funzionante».

Prestazioni super

Il chiaro segnale che l’intuizione e il prototipo andavano nella giusta direzione. Nel progetto viene cooptato Marziani, e a luglio l’Ufficio per il trasferimento tecnologico del Politecnico autorizza la procedura per la richiesta del brevetto, arrivato a gennaio 2022. Nel frattempo, era stata costituita la start up, Lift Energy, con Sansotera presidente, Marziani amministratore delegato, Gibertini responsabile tecnologico, Luca Magnin, professore di elettrochimica, come consulente tecnico. Emanuele Franceschini, ingegnere gestionale, è il consulente finanziario.

L’obiettivo diventa l’industrializzazione rapida con la ricerca di un partner. Le caratteristiche e le potenzialità del metodo Lift sono enormi. Le batterie pesano la metà (o ricaricano il doppio) di quelle a ioni di litio; il quantitativo di litio richiesto è minore; sono compatibili con le tecnologie in arrivo come le batterie a stato solido o semisolido ; le temperature sono più facilmente controllabili, quindi il rischio di combustione è basso. Infine, le applicazioni sono molto ampie: dall’automotive al biomedicale, all’elettronica di consumo, dall’aerospazio ai droni.

Le prospettive

Lift fa il giro dei concorsi per start up e trova un venture builder specializzato nel sostegno a imprese cleantech, Ground Control Holding, disposto a intervenire nel capitale lasciando ai tecnici l’autonomia di gestione e lo sviluppo del prodotto. «Siamo alla ricerca di idee, talenti e start up del cleantech che possano incidere sulla transizione digitale », spiega Fabrizio Petrucci, amministratore delegato di Ground Control, «che possano incidere sulla transizione e abbiamo le potenzialità per diventare unicorni. Meglio se possono integrarsi tra loro e attivare sinergie nella ricerca».

Ground Control ha rilevato il 10% della società. Il 75% è ancora in mano agli inventori. L’investimento è di 6,5 milioni di euro nei prossimi tre anni. L’obiettivo è industrializzare processi e prodotti entro diciotto mesi e passare alla produzione in serie. «Continuiamo a usare i laboratori del Politecnico, dove abbiamo una linea pilota», spiega Sansotera «e abbiamo aggiunto un pezzo di ricerca al Kilometro Rosso. L’avanzamento è molto promettente. Nel futuro, pensiamo di stringere alleanze con società già specializzate nella produzione di batterie. Preferibilmente in Italia, anche se non abbiamo preclusioni».

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