di Gianluca Di Donfrancesco
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Completamente fuori rotta: nonostante le promesse degli ultimi anni, gli impegni annunciati finora contro il cambiamento climatico sono del tutto insufficienti e porteranno a un aumento delle temperature medie globali compreso tra 2,5 e 2,9 gradi a fine secolo. Molto oltre la soglia di sicurezza di 1,5 gradi indicata dalla scienza, e sancita dall’Accordo di Parigi del 2015, per evitare gli effetti più disastrosi del global warming. La denuncia, l’ennesima, arriva questa volta dal programma Onu per l’ambiente, l’Unep.
Secondo l’Emissions gap report 2023, pubblicato il 20 novembre, «la piena attuazione dei contributi nazionali incondizionati (senza aiuti finanziari esterni, ndr), previsti dall’Accordo di Parigi, consentirebbe al mondo di limitare l’aumento della temperatura a 2,9 gradi rispetto ai livelli preindustriali in questo secolo». Anche sommando la piena attuazione degli impegni condizionati (grazie ad aiuti finanziari esterni), si scenderebbe a 2,5 gradi. Comunque troppo. I risultati arrivano a meno di due settimane dal vertice sul clima di Dubai, la Cop28, che avrà il difficile compito di tenere in vita l’Accordo di Parigi, accompagnando qualche elemento concreto alla inevitabile cascata di promesse dei leader di tutto il mondo.
Nello scenario più ottimistico, afferma l’Unep, in cui vengono rispettati tutti gli impegni verso l’azzeramento netto delle emissioni di gas serra, «si potrebbe limitare l’aumento della temperatura a 2 gradi. Tuttavia, gli impegni net zero non sono attualmente considerati credibili: nessuno dei Paesi del G20 sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con questi obiettivi». E anche nello scenario ottimistico, «la probabilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi è solo del 14%».
«Tutto questo è un fallimento della leadership, un tradimento dei più vulnerabili e un’enorme opportunità mancata», ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
«Non c’è persona o economia che non sia toccata dai cambiamenti climatici», ha dichiarato Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep. «Dobbiamo quindi smettere di far aumentare le emissioni di gas serra e le temperature globali». Il 2023 si prepara a passare alla storia come l’anno più caldo di sempre. Un record che rischia di avere vita breve.
In molti ormai temono che la battaglia per «mantenere in vita l’obiettivo di 1,5 gradi» sia già stata persa e che lo scenario più realistico sia che il riscaldamento debba superare la soglia critica prima di tornare a scendere. Il rapporto Unep evidenzia che nei primi nove mesi del 2023 sono stati registrati 86 giorni con temperature superiori a 1,5 gradi, rispetto ai livelli preindustriali. Settembre 2023 è stato il settembre più caldo di sempre, con temperature medie globali superiori di 1,8 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Questo balzo delle temperature è solo in parte dovuto all’azione del Niño. Il fattore dominante sono le emissioni di anidride carbonica, che anziché scendere, non fanno che aumentare. Secondo Niklas Höhne, fondatore del NewClimate Institute e co-autore del rapporto Unep, «emerge ancora una volta un’enorme discrepanza tra dove vorremmo essere e dove siamo. A questo punto, le temperature medie sono già aumentate di 1,2 gradi e stiamo già vedendo danni significativi. Se arriviamo al doppio, si può immaginare che la minaccia sarà esiziale».
Il 14 novembre, un rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change dell’Onu aveva prodotto risultati analoghi. Secondo gli attuali piani nazionali, le emissioni globali di gas serra sono destinate ad aumentare del 9% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010. Dovrebbero al contrario diminuire del 45% per consentire di frenare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi.
Il nuovo rapporto Unep mostra che la quantità di CO2 nell’atmosfera è aumentata dell’1,2% nel 2022, raggiungendo un nuovo record. Ritardare il taglio delle emissioni comporta la necessità di affidarsi in futuro a tecnologie di rimozione, che finora hanno dato un contributo limitato, sottolinea l’Unep.
Secondo Höhne, «se vogliamo fare sul serio, dobbiamo porre fine all’uso dei combustibili fossili». Obiettivo molto complicato, vista la dipendenza di grandi economie asiatiche, come Cina e India, dalla più sporca delle fonti fossili, il carbone. E vista la sua riscoperta perfino in Europa, per far fronte alla crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina.
Gianluca Di Donfrancesco
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