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Kuiri, la cloud kitchen italiana che punta a espandersi in Europa e Medio Oriente

di Gianni Rusconi

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Avviata la campagna di crowdfunding (sulla piattaforma Mamacrowd) con l’obiettivo minimo di raccolta di 250mila euro

2 agosto 2023
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4' di lettura

La sua missione, come quella di altre start up tecnologiche attive nel mondo del food, è quella di cambiare faccia al settore della ristorazione (urbana) portando innovazione (in chiave digitale) a livello di processo. Per Kuiri, realtà nata nel 2021 come “cloud kitchen” professionale al servizio degli operatori che puntano su delivery e take away, è scattata da pochi giorni la “fase 2” del piano di sviluppo con l'avvio di una campagna di equity crowdfunding (sulla piattaforma Mamacrowd) il cui obiettivo minimo di raccolta è di 250mila euro (al momento siamo vicini a quota 175mila).

L'approccio della società milanese (sette le location al momento attive in Italia fra il capoluogo lombardo, Torino e Roma) è ben sintetizzata dalle parole di Paolo Colapietro, Ceo e Co-founder della società: «Avviare un'attività profittevole nel settore della ristorazione è un'impresa impossibile senza un cambio netto di mentalità che abbracci la tecnologia e guardi al mercato con ottica imprenditoriale».

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Kuiri, che in lingua esperanto significa “cucinare”, è nata per l'appunto con l'idea di mettere a disposizione dei professionisti della ristorazione un network di cucine indipendenti che fanno capo a una serie di “Digital Food Hall” metropolitani, e cioè locali attrezzati per la preparazione di piatti di qualunque tipo ad oggi utilizzati da oltre 60 aziende clienti e da oltre 80 food brand virtuali. Su Milano, in particolare, le cucine attive sono una ventina e lavorano per insegne note come Noodle Bar, Mannarino, Helbitz Kitchen e Vegery. Su Torino, invece, ad alcune realtà locali si affiancano diversi brand (come eeetweell, spacca, Sicily addict) gestiti direttamente in modalità “commissary-kitchen”, un nuovo filone di business che la startup ha avviato da qualche mese e che prevede la produzione di piatti conto terzi e la possibilità di testare le potenzialità di un nuovo business in tempi rapidi affidandosi in toto (persone e logistica compresa) alla struttura della startup..

«Già dalle prime fasi di scouting dei brand - spiega al Sole24ore Nicolò Montesi, Head of food tech development di Kuiri - abbiamo notato un interesse particolare da parte di grandi marchi, anche internazionali, per la produzione conto terzi. Lo spazio e i sistemi di cucina sono studiati nei minimi particolari, con macchinari all’avanguardia che riescono ad automatizzare i processi di lavorazione e oggi siamo in grado di produrre in soli 23 mq e circa 16 brand, ognuno dei quali con una propria area di stoccaggio e un laboratorio dedicato».

Le consegne a domicilio, invece, sono gestite da Eat in Time, una società esterna, ma per il 2024 l'obiettivo dichiarato è quello di assumere i rider e creare una flotta dedicata composta principalmente da biciclette elettriche.

Uno dei punti di forza di Kuiri è come detto la tecnologia. Tra gli asset messi a disposizione delle aziende clienti c'è per esempio un sistema di cassa centralizzato che va a semplificare tutta l'operatività legata al food delivery mentre la piattaforma proprietaria è in grado di gestire ordine multipli inviati dai consumatori finali tramite l'app Kuiri Megamix, gestendo la richiesta come un unico ordine e un unico servizio di consegna condiviso fra i vari brand del network. Il ricorso all'intelligenza artificiale, invece, è funzionale a facilitare le operazioni a clienti, cuochi, rider e personale di cassa. «Possiamo definire Kuiri – aggiunge in proposito Montesi - automatizzata all'80%, il restante 20% riguarda operazioni delicate o di controllo che richiedano necessariamente un'essenziale intervento umano. Utilizziamo gli algoritmi cercando sempre e comunque la soluzione più etica possibile, prevalentemente per migliorare l'experience del cliente nei nostri locali e facilitare la gestione amministrativa ed organizzativa dei food brand che ospitiamo».

Venendo ai numeri che hanno caratterizzato il percorso della startup dalla sua nascita a oggi, sono sicuramente molto indicativi i 1 37mila ordini processati, e di questi 35mila nel primo anno di attività, e il milione di fatturato del 2021 raddoppiato alla fine dell'anno passato. Per il corrente esercizio i ricavi complessivi dovrebbero assestarsi intorno ai sette milioni di euro, con una perdita a livello di Ebitda imputabile ai costi di startup dell'attività e la prospettiva di arrivare al pareggio di bilancio il prossimo anno. A confortare i founder di Kuiri sono comunque i risultati dei singoli Lab, in attivo (a livello di Ebitda) già dal primo anno e con la prospettiva di superare il 35% di margine lordo a regime. I primi cinque lab, specifica in merito Montesi, sono stati completamente autofinanziati mentre la decisione di aprire il proprio capitale sociale a nuovi soci con la campagna di equity crowdfunding (fra i nuovi sottoscrittori figura il nome di Nicoletta Zampillo della famiglia Del Vecchio) è funzionale al potenziamento della rete commerciale e al consolidamento e alla promozione del marchio. Il piano di sviluppo, a detta degli stessi portavoce della startup, è ambizioso. Nella road map ci sono le aperture dei flag ship store di Roma e Milano (al momento in fase di allestimento), a cui si aggiungono altri quattro Lab nel 2024, di cui uno nell'area Emea e tre sul suolo nazionale. «Gli accordi commerciali a cui stiamo lavorando ci stanno spingendo verso gli Emirati Arabi e verso città come Parigi, Berlino e Londra. Nel corso dei prossimi mesi definiremo da dove partire con la strategia di internalizzazione e sicuramente sia le principali metropoli europee sia alcuni grandi centri del Medio Oriente, saranno nei nostri radar». L'idea del Ceo e di tutto il team di Kuiri, insomma, è quella di crescere e di diventare un brand globale in un mercato, quello del food delivery e pickup, che solo in Italia raggiungerà i due miliardi di euro nei prossimi cinque anni.

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