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L'autoritarismo linguistico, che sia imposto dai sostenitori del femminile, del maschile o degli asterischi è il vero nemico della lingua italiana. Questa la reazione di Claudio Marazzini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca e professore emerito di storia della lingua italiana dell'Università del Piemonte Orientale, al disegno di legge - ormai ritirato e bollato come iniziativa personale - che era stato presentato dal senatore leghista Manfredi Potenti (“Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere”) che chiedeva di vietare l'uso scritto, negli atti pubblici, di parole come “sindaca”, “questora”, “avvocatessa” e anche “rettrice”.
“Poco tempo fa un rettore ha introdotto ufficialmente il femminile sovraesteso nel regolamento del suo ateneo: ha abolito il maschile “rettore”, lasciando sopravvivere solo “rettrice”. Mi pare che nessuno l'abbia obbligato a correggere una simile forzatura, che meritava come minimo un'interrogazione parlamentare - ha commentato Marazzini - In molti atenei già le autorità accademiche impongono ai docenti l'abbandono del maschile non marcato, e pretendono l'uso obbligatorio di asterischi e schwa. Per fermare queste imposizioni non si muove nessuno (basterebbe un richiamo del ministero). Per Marazzini sarebbe stato utile, prima di lanciare proposte inapplicabili, come gli stessi esponenti della lega hanno dovuto riconoscere di fatto con la marcia indietro - leggere i consigli dell'Accademia della Crusca, in particolare quelli diretti al Comitato pari opportunità della Corte di Cassazione. Per Marazzini l'autoritarismo linguistico apre la via ai fautori del femminile sovraesteso, ai fanatici di schwa e asterischi, che si potrebbero “presentare al mondo come custodi della libertà democratica, mentre in realtà, a loro volta, sono ben propensi a varie forme di autoritarismo. E il nemico vero è proprio quello: l'autoritarismo linguistico, di qualunque segno”.
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