Nell’Opec+ entra il Brasile, ma il vertice fallisce su tagli e quote
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È l’ingresso del Brasile nell’Opec+ la vera sorpresa emersa dal vertice dei produttori di petrolio, che da gennaio allargherà quindi la partecipazione a 24 Paesi. Quanto ai tagli, il mercato è rimasto deluso: per tutto il giorno si erano rincorse voci di un’intesa «preliminare» su una maxi stretta, da un milione di barili al giorno se non addirittura due, ma nel comunicato diffuso al termine della riunione non vi è alcun cenno al riguardo. Così le quotazioni hanno invertito la rotta e il Brent, che aveva superato 84 dollari al barile, ha ripiegato sotto 83 dollari.
Il taglio di produzione addizionale alla fine ci sarà. Ma è stato annunciato in ordine sparso solo da alcuni Paesi e solo per il primo trimestre 2024. Ci è voluto un secondo comunicato (dal segretariato Opec e non dall’Opec+) per riepilogarli, rimarcando che ammontano a «2,2 milioni di barili al giorno», da parte di otto Paesi. Ma in realtà si arriva a malapena a 700mila. La cifra, alquanto teorica, mette insieme un po’ di tutto.
Ci sono contributi volontari extra promessi da Iraq (-223mila bg), Emirati arabi uniti (-163mila), Kuwait (-135mila), Kazakhstan (-82mila), Algeria (-51mila) e Oman ( -42mila). C’è la Russia, che promette di far risalire il suo taglio «volontario», da 300 a 500mila bg, ma contando sia greggio che prodotti raffinati. E da parte dell’Arabia Saudita c’è l’ennesima proroga, fino a marzo, del taglio supplementare da 1 mbg che Riad aveva offerto al vertice dello scorso giugno definendolo un «lecca lecca». La speranza all’epoca era di addolcire gli alleati della coalizione. Ma questi sembrano tuttora poco propensi a collaborare.
Il vertice di giovedì 30 era stato rinviato di quattro giorni, per concedere tempo alle trattative. Ed era migrato sul web, anziché svolgersi a Vienna, per agevolare la riservatezza e forse dissimulare meglio i malumori. Riad però non è riuscita ad ottenere dall’Opec+ il consenso unanime per tagli che avrebbe voluto non solo più incisivi ma anche ridistribuiti in modo più equo.
Il vertice è stato un fallimento anche sul fronte della querelle con i Paesi africani: l’Angola «produrrà più della quota determinata dall’Opec», ha dichiarato il governatore Estevao Pedro solo poche ore dopo il comunicato del gruppo, in cui si citava una quota di 1,11 mbg per Luanda, di 1,5 mbg per la Nigeria e di 0,277 mbg per il Congo, lasciando intendere che la questione fosse risolta. «Non è questione di disobbedire all’Opec – ha insistito Pedro – Abbiamo presentato la nostra posizione e l’Opec dovrebbe tenerne conto».
Il braccio di ferro proseguirà, c’è da scommetterlo, almeno fino al prossimo vertice, che è stato fissato il 1° giugno 2024 nel quartier generale dell’Opec a Vienna.
Solo col tempo si capirà se una ricomposizione con i Paesi africani è ancora possibile e a quali condizioni. L’Angola potrebbe anche lasciare l’Opec: «È una decisione che spetta al massimo livello di autorità», ha affermato ieri il governatore Pedro.
Di certo nella coalizione allargata dell’Opec+ gli equilibri sono comunque destinati a cambiare. L’ingresso del Brasile è davvero uno sviluppo importante, che era del tutto imprevisto. Il Paese sudamericano vanta già adesso una produzione di greggio di 3,7 mbg, superiore a quella di qualsiasi altro membro del gruppo ad eccezione di Arabia Saudita, Russia e Iraq. E grazie a importanti investimenti (effettuati con diversi partner stranieri) l’output sta crescendo a ritmi velocissimi, in linea con l’obiettivo – ritenuto realistico dagli analisti – di arrivare a ben 5,4 mbg di capacità a fine decennio.
Il Brasile è una colonna dei Brics, “club” di Paesi emergenti di cui fa parte anche la Russia e in cui di recente hanno annunciato l’ingresso dal 2024 anche Arabia Saudita, Emirati Arabi e Iran, tutti membri dell’Opec+. Il ministro dell’Energia brasiliano, Alexandre Silveira, ieri ha partecipato al vertice della coalizione, dichiarando che il suo Paese ne ha sempre «seguito con grande entusiasmo» le attività, che hanno «efficacemente preservato la stabilità dei mercati petroliferi ed nergetici». «Questo gruppo – ha aggiunto – è diventato strategico anche come piattaforma di cooperazione e collaborazione intergovernativa».
Sissi Bellomo
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