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Terremoto L’Aquila: nessun risarcimento per 7 studenti morti, fu condotta incauta

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Terremoto L’Aquila: nessun risarcimento per 7 studenti morti, fu condotta incauta

Terremoto L’Aquila: nessun risarcimento per 7 studenti morti, fu condotta incauta

La Corte d'appello dell'Aquila ha confermato la sentenza di primo grado che ha escluso la responsabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri per la morte di sette studenti nel terremoto del 2009

15 luglio 2024
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3' di lettura

Altra sentenza choc nell’ambito dei processi civili per i decessi nel sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009: la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato il pronunciamento di primo grado del 2022 che aveva scagionato la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di sette studenti, in vari crolli, nel terremoto di circa 15 anni fa. I familiari delle giovani vittime non solo non avranno nessun risarcimento avendo assunto una “condotta incauta”, ma dovranno anche pagarsi le spese legali, quasi 14 mila euro. Secondo i giudici, insomma, le cause sono da ricercare nelle decisioni assunte dai ragazzi, assolvendo da ogni colpa, come in primo grado, la commissione Grandi rischi che si era riunita all’Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del tragico sisma, lanciando messaggi rassicuranti.

Sette condanne in primo grado

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Sulla vicenda il Tribunale dell’Aquila aveva prima condannato a sei anni i sette scienziati che avevano partecipato alla riunione, per poi assolverli in appello, a eccezione di Bernardo De Bernardinis, l’allora vicecapo della Protezione civile, la cui condanna a due anni è stata confermata anche in Cassazione.

Una sola in Corte d’appello

De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto dell’allora capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, aveva inviato, subito dopo, messaggi rassicuranti che avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali, tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa.
Contro il pronunciamento della Corte di appello dell’Aquila è probabile che ci sarà il ricorso in Cassazione.

Mancano le prove della condotta dei giovani

Stando ai giudici di secondo grado non ci sarebbero prove certe delle rassicurazioni in relazione alla condotta dei giovani, mancherebbe quindi il cosiddetto nesso causale per attribuire responsabilità di natura civile.

Due stralci della sentenza

Significativo, in tal senso, quello che i magistrati scrivono a proposito di Nicola Bianchi (il padre Sergio da anni si batte per avere giustizia, ndr). “Ad analoga conclusione - si legge nella sentenza - deve pervenirsi quanto a Nicola Bianchi in quanto, al di là del fatto che non v’è prova della fonte della conoscenza della riunione del 31 marzo e della motivazione della rassicurazione tratta - sicché non v’è alcun elemento che la colleghi proprio alle dichiarazioni del De Bernardinis - gli stessi appellanti non contestano che, stando alle sommarie informazioni testimoniali dei genitori, il ragazzo decise di restare all’Aquila poiché aveva un esame il giorno 8 aprile e la notte del sisma, dopo la scossa delle ore 22.48, uscì in strada, circostanze che contrastano con la tesi che egli avesse così agito sentendosi tranquillizzato sulla base delle dichiarazioni del De Bernardinis e ormai non ritenendo più pericolose le scosse”. Quindi i ragazzi non sarebbero stati condizionati e quindi rassicurati dalle risultanze dei comportamenti dei componenti della commissione Grandi rischi presenti all’Aquila cinque giorni prima del sisma, il 31 marzo 2009, e nemmeno dalle dichiarazioni in tv di De Bernardinis e, alla stampa, dall’allora sindaco, Massimo Cialente.


Per i giudici, infine, “in linea generale, il compendio probatorio acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa, deposizioni testimoniali), al di là del convincimento del capo del dipartimento di Protezione civile emerso nel corso della conversazione casualmente intercettata tra lo stesso (Bertolaso) e l’assessore regionale (Stati), ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi, che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo - ad esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale, peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico - avessero, a priori, l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica. Tesi che le parti appellanti ripropongono in termini meramente assertivi senza misurarsi con le risultanze istruttorie”.

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