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Quota 100, Brambilla critico: i pensionamenti non saranno un milione ma la metà

di Davide Colombo

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31 gennaio 2019
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2' di lettura

Con “quota 100” nel prossimo triennio non si pensioneranno più di 400-450mila lavoratori, meno della metà del milione annunciato dal governo e poi confermato nelle slide di presentazione del decretone. A smentire seccamente i numeri proposti da Salvini, Di Maio e Conte è il Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, il think thank sull’economia del Welfare di Alberto Brambilla, esperto di pensioni e tutt’ora consigliere economico a Palazzo Chigi.

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«È evidente anche a un neofita - si legge nel focus diffuso ieri su “quota 100” - che un tale numero manderebbe in default l'intero sistema (30 miliardi di costo già a metà del terzo anno)». Secondo gli analisti che hanno firmato il focus, Alberto Brambilla, Gianni Geroldi e Laura Neroni, ai 315mila pensionandi di quest’anno, anche ammettendo una propensione al pensionamento pari al 100%, ne seguirebbero al più altri 100mila nel biennio successivo. La stima parte dallo stock del primo anno, che contiene più leve di lavoratori che hanno già da tempo raggiunto i due requisiti minimi di 62 anni e 38 di contributi, e poi divide quello stock per 5 anni, che sono poi la differenza tra i nuovi requisiti di quota 100 e i 67 anni per il pensionamento con la vecchiaia oppure i 42 anni e 10 mesi per l'uscita anticipata prevista dalla legge Fornero al netto dell'adeguamento alla speranza di vita.

Il risultato è appunto 50/60mila pensionandi aggiuntivi l'anno nel biennio 2020/2021. Se anche tutti quanti decidessero di ritirarsi con quota 100 non si arriverebbe a mezzo milione, la metà della stima governativa. Il dato non crescerebbe molto anche considerando le uscite con Opzione donna, i 41 anni per i precoci e l'Ape sociale, che stando alla relazione tecnica allegata al decretone non dischiuderebbero le porte per il pensionamento se non a qualche migliaio in più di lavoratori.

Il paper del Centro studi di Itinerari previdenziali è prodigo di critiche su tutta una serie di aspetti della controriforma: dalla sua temporaneità triennale («non si dice cosa succederà dopo»), ai costi («la sola quota 100 aumenta di 40 miliardi la spesa tra il 2019 e il 2026»), al divieto di cumulo («una decisione umiliante per quanti maturi vorrebbero, come accade ormai nel resto delle economie avanzate, sostegni e non ostacoli all'invecchiamento attivo»). Il capitolo pensionistico del decretone viene stroncato in undici punti dal paper, che arriva a una conclusione drastica: «il rallentamento economico abbinato a un aumento della spesa per Reddito di cittadinanza e quota 100, e con le prossime due leggi di Bilancio che partono già oggi con un onere previsto di 40 miliardi, fa pensare addirittura a un probabile accorciamento del periodo sperimentale». Insomma, quota 100 è partita da tre giorni è ha già incassato la sua prima, sonora, bocciatura.

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