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Evergrande va in liquidazione, non c’è accordo sul piano di salvataggio

di Rita Fatiguso

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Si arrende il gigante dell’immobiliare cinese zavorrato da oltre 300 miliardi di debiti, il titolo crolla e viene sospeso. Per calmare i mercati Pechino vieta lo short selling selvaggio e fonde tre bad bank nel fondo sovrano CIC

29 gennaio 2024
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5' di lettura

Com’era prevedibile, Evergrande, il gigante del mattone cinese zavorrato da oltre 300 miliardi di debiti, ha gettato la spugna. Nonostante gli ultimi disperati tentativi a ridosso del weekend non c’è stato accordo sul piano di ristrutturazione con i creditori e Linda Chan, giudice del tribunale di Hong Kong, ha dovuto prendere atto della situazione: unica via possibile, la liquidazione della società, ormai passata alla storia come l’immobiliare più indebitata al mondo. A Hong Kong Evergrande è stata sospesa dalle contrattazioni quando perdeva il 20,87%, toccando il nuovo minimo storico di 0,16 dollari di Hk. Potrà presentare ricorso contro l’ordinanza.

Borse blindate

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I mercati asiatici hanno reagito al colpo della liquidazione di Evergrande grazie all’annuncio delle autorità cinesi sull’adozione di misure specifiche per sostenere i mercati azionari già in bilico da tempo. A partire da oggi la Cina sospenderà le vendite allo scoperto delle azioni vincolate, una mossa che non si vedeva dal 2015, anno del crollo delle borse cinesi. L’Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato lo 0,9% a 16.102,02 e l’indice Shanghai Composite è salito dello 0,3% a 2.918,81. Lo stop alle negoziazioni del titolo Evergrande è stato deciso anche per le azioni delle due controllate del gruppo di Shenzhen, attive rispettivamente nelle auto elettriche e nella gestione dei servizi immobiliari: Evergrande NEV (-18,21% a 0,23 dollari di Hk) e Evergrande Services (-2,50% a 0,39 dollari di Hk). Non così per gli altri protagonisti del mattone: Country Garden, il primo player privato in default dallo scorso anno, è salito del 2,86%. Sunac del 4,84% e Kwg del 5,05%. Anche Longfor in rialzo del 2,12%. Poi i listini cinesi hanno cambiato rotta cedendo terreno dopo l’ordine dell’Alta corte di Hong Kong: l’indice Composite di Shanghai cedeva lo 0,31%, a 2.901,10 punti, mentre quello di Shenzhen perdeva ben l’1,61%, a quota 1.651,04. La chiusura è stata, alla fine, in positivo.

Gigante in agonia

Formalmente il tribunale di Hong Kong ha verificato «la mancanza di progressi da parte della società che presenta una proposta di ristrutturazione praticabile», ma il giudice Chan non ha mancato di esprimere la sua insofferenza davanti a una serie di tentativi che si trascinavano da settimane: «Quando è troppo è troppo».

L’ordine di liquidazione avrà un forte impatto sul sistema finanziario cinese, anche se le autorità stanno cercando di impedire il crollo dell’intero sistema. La liquidazione di Evergrande inevitabilmente ridurrà anche la fiducia nel settore immobiliare, che è imploso mentre le società immobiliari cercavano di far fronte ai propri obblighi a seguito di un giro di vite deciso quattro anni fa sui prestiti eccessivi nel settore.

La società di Shenzhen è venuta meno ai propri obblighi finanziari per la prima volta nel 2021, poco più di un anno dopo che Pechino aveva posto un freno ai prestiti immobiliari nel tentativo di raffreddare una bolla immobiliare. Il settore ha guidato il boom economico della Cina, ancora oggi è pari al 30% del Pil, ma i real estate developers incassavano prestiti mentre trasformavano le città in foreste di torri di appartamenti e uffici. Ciò ha contribuito a spingere il debito totale delle imprese, dei governi e delle famiglie oltre il 300% della produzione economica annua mentre anche altri protagonisti, tra cui Country Garden, un tempo il più grande promotore immobiliare cinese, sono finiti nei guai, e le loro difficoltà si sono propagate ai sistemi finanziari dentro e fuori la Cina. Le ricadute della crisi immobiliare hanno colpito anche il settore bancario ombra che fornisce servizi finanziari simili a banche ma operano al di fuori delle normative, come Zhongzhi Enterprise Group. Zhongzhi, che ha concesso ingenti prestiti agli sviluppatori, ha dichiarato di essere insolvente e anch’essa finita in liquidazione.

Anche per questo la Cina ha deciso di sospendere prestiti azionari durante i periodi di lock-up concordati, come hanno confermato la Borsa di Shanghai e la Borsa di Shenzhen in comunicati separati che danno seguito alle istruzioni della China Securities Regulatory Commission. Il giro di vite serve alla “creazione di un ordine di mercato più equo”, mentre si prevede l’introduzione a marzo di ulteriori restrizioni al prestito di titoli sul mercato di rifinanziamento. Non tira una buona aria, l’indice di riferimento CSI 300 è crollato al minimo degli ultimi 5 anni all’inizio della scorsa settimana, perdendo un quinto del valore solo negli ultimi nove mesi. La Borsa di Hong Kong ha bruciato il 44% di capitalizzazione negli ultimi 5 anni.

La mossa sulle bad bank

La Cina prevede inoltre di fondere tre dei più grandi gestori di crediti inesigibili della nazione nel fondo sovrano China Investment Corp (CIC), come parte di un piano di riforma delle istituzioni finanziarie. Tre società di gestione patrimoniale (AMC) - Cina Cinda Asset Management, China Orient Asset Management e China Great Wall Asset Management - saranno incorporati in CIC. La mossa è in linea con l’impegno del governo di separare i ruoli di regolatore e azionista di istituzioni finanziarie statali. Con una crescita economica fiacca, i regolatori stanno frenando i rischi finanziari in un mercato che vale 63 trilioni di dollari. Pechino ha creato quattro società di gestione patrimoniale nel 1999 per aiutare a gestire i crediti inesigibili delle sue quattro maggiori banche statali, che si trovavano ad affrontare la prospettiva di insolvenza. Ma i gestori patrimoniali in difficoltà si espansero oltre il loro mandato iniziale e cominciarono a rappresentare un rischio per il sistema finanziario. Il governo ha istituito il CIC nel 2007 per diversificare le partecipazioni in valuta estera e cercare i massimi rendimenti, con un capitale registrato di 200 miliardi di dollari. China Huarong (ribattezzata la settimana scorsa China CITIC Financial Asset Management), è stata esclusa dalla fusione. Il gestore patrimoniale è stato rilevato dal conglomerato statale CITIC Group in una revisione del gestore patrimoniale, in difficoltà a partire dal 2021.

Va registrata infine la previsione da parte di Bank of China della vendita di obbligazioni da 21 miliardi di dollari per conformarsi ai requisiti patrimoniali globali. I cinque principali istituti di credito cinesi - Industrial and Commercial Bank of China, Agricultural Bank of China Ltd, Bank of China, China Construction Bank e Bank of Communications - sono designati come banche di rilevanza sistemica globale dalle autorità di regolamentazione cinesi e dal Financial Stability Board (FSB) basato in Svizzera. I finanziatori di rilevanza sistemica globale sono tenuti a detenere un importo TLAC pari ad almeno il 16% delle attività ponderate per il rischio a partire dal 1° gennaio 2025, e l’asticella sarà ulteriormente alzata al 18% dal 1° gennaio 2028. Lo sforzo annunciato da Bank of China è apripista in Cina, e dimostra la volontà di mettersi in regola per prevenire rischi sistemici. Si stima che le cinque banche emetteranno ulteriori 1,7 trilioni di yuan di debito entro il 2025 e 6,3 trilioni di yuan entro il 2028 per colmare le carenze di capitale e soddisfare i requisiti TLAC,. Ma questo sforzo non sarà a costo zero per il sistema perchè c’è il rischio che aggiunga nuovi elementi di pressione, oltre a quelli già in atto.

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